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Cronaca

Cemento depotenziato nella ricostruzione post sisma: coinvolta un'azienda piacentina

Secondo un'indagine della Procura di Modena due aziende, una piacentina, sarebbero coinvolte nell'utilizzo di materiale di scarsa qualità, fornendo anche campioni fasulli per sfuggire ai controlli. L'avvocato dei legali rappresentanti di Betonrossi: «L'azienda si limita a fornire il calcestruzzo»

Calcestruzzo di qualità più scadente rispetto a quello certificato ufficialmente dalla Direzione dei lavori, per risparmiare sul materiale e trarre maggiore profitto. E' questa l'ipotesi che getta ombre davvero sinistre sulla costruzione della Scuola Elementare “Cesare Frassoni” di Finale Emilia e su cui sta indagando la Procura della Repubblica di Modena. E' infatti il reato di truffa aggravata quello ipotizzato dall'indagine seguita dalla Squadra Mobile della Questura di Modena e dalla Polizia Municipale, coordinate dal sostituto procuratore Ferretti, che ha portato oggi ad una ventina di perquisizioni in svariate sedi di due imprese edili coinvolte nella ricostruzione post sisma dell'edificio scolastico di Finale. Nei guai sono finite due imprese, una piacentina, la Betonrossi, leader nella produzione di cementi e con diversi stabilimenti in tutto il nord Italia, che era la fornitrice dell'impresa che aveva vinto la gara di appalto AeC Costruzioni Srl. La Squadra Mobile di Piacenza ha effettuato cinque perquisizioni nella mattinata del 27 maggio anche nella sede della ditta con sede nella zona industriale, sono cinque i piacentini al momento indagati, mentre in tutto gli indagati sono 16. 

L’azienda piacentina collabora con gli investigatori che, ancora nel tardo pomeriggio stavano perquisendo la sede della società e acquisendo documenti. «Stiamo cercando di capire - afferma l’avvocato Stefano Piva, che assiste i legali rappresentanti di Betonrossi coinvolti nell’indagine della procura modenese - le precise contestazioni. Chi ha costruito la scuola è un’altra impresa. Betonrossi si limita a fornire il calcestruzzo. Stiamo collaborando con gli inquirenti al fine di accertare una realtà che sarà sicuramente in linea con la storia dell’azienda piacentina che da tempo è leader del settore».

OPERAZIONE "CUBETTO" - Un'inchiesta nata a fine 2015 quasi in modo casuale e ancora tutta in divenire. La genesi è del tutto particolare e si colloca in un altra indagine, che riguardava un traffico di stupefacenti: gli investigatori della Mobile sono venuti a conoscenza attraverso le intercettazioni telefoniche di un indecifrabile traffico di “cubetti”. Non un linguaggio criptico per indicare partite di droga, bensì il trasporto di veri e propri cubetti di cemento, vale a dire i campioni di calcestruzzo che le imprese edili realizzano per testare la resistenza del materiale utilizzato nel cantiere e per comprovare la sua conformità alle normative e alle richieste dei committenti. Gli agenti hanno così individuato una figura chiave nella vicenda, il tecnologo addetto alla realizzazione dei cubetti, scoprendo una condotta illecita che sarebbe stata messa in atto in modo continuo e sistematico nel cantiere di Finale. La legge obbliga gli operai a realizzare il cubetto in concomitanza con la colata vera e propria di cemento, per poi etichettarlo con un verbale che ne contenga le caratteristiche tecniche e inviarlo ad un laboratorio indipendente che ne certifichi la qualità. Ebbene, i cubetti realizzati alle scuole Frassoni sarebbero stati puntualmente sostituiti con altri blocchi di cemento provenienti da vari magazzini: i “provini” originali sarebbero stati accatastati e lasciati nel dimenticatoio, mentre i sostituti venivano etichettati con un nuovo verbale e spediti al laboratorio, dove ovviamente passavano il test della prova di schiacciamento.

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