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Cronaca

Certificati di malattia "facili", medico di base condannato a un anno e mezzo

Il pm aveva chiesto due anni e mezzo. La difesa: «La sentenza non ci soddisfa, perché il professionista è estraneo ai fatti». Il camice bianco, accusato di falso, avrebbe rilasciato numerosi certificati di malattia a un ex agente della polizia penitenziaria senza visitarlo

Un anno e mezzo di reclusione, e mille euro di multa, è la pena comminata dal giudice Elena Stoppini al medico di base R. B., accusato di falso ideologico e della violazione della legge Brunetta sui dipendenti pubblici. Il professionista avrebbe rilasciato una decina di certificati a un ex agente della polizia penitenziaria (l’uomo aveva patteggiato)  senza visitarlo ma solo sulla base di alcune telefonate.

Il pm Antonio Colonna aveva chiesto la condanna a due anni e sei mesi. La difesa del medico ha preannunciato il ricorso in Appello, dopo aver letto le motivazioni della sentenza. L’avvocato Franco Livera, nonostante la pena sia stata inferiore di un anno a quella richiesta, ha affermato «che comunque il calo della pena non ci soddisfa. Questa difesa è convinta dell’estraneità del medico». B., che all’epoca era stato sospeso dall’attività, ha ripreso ora il proprio lavoro. La legge Brunetta, infatti, prevede che una eventuale sanzione disciplinare potrà essere erogata soltanto quando la sentenza diventerà definitiva.

Livera, come già aveva fatto durante l’arringa difensiva, ha ricordato che esiste un contrasto tra i reati contestati al camice bianco. Il falso ideologico, infatti, è relativo al fatto se sussista o meno la malattia. Il falso contenuto nella legge Brunetta riguarderebbe invece le visite eseguite o meno sul paziente, che era risultato ammalato.

Una brutta storia fatta, secondo la procura, di prostituzione, spaccio e assenteismo grazie a presunti certificati medici rilasciati alla “leggera”. Dalle intercettazioni era emerso che l’agente diceva alle segretarie e al medico: «Fammi il certificato, oggi non sto bene». Il professionista era stato sospeso per due mesi dall’attività in base al decreto Brunetta sui dipendenti pubblici infedeli.

L’inchiesta della procura, condotta dalla Polizia Municipale, aveva scoperto che il medico aveva rilasciato il certificato di malattia a un assistente della polizia penitenziaria solo attraverso il telefono. Tutto era partito da un giro di prostituzione, in cui erano coinvolti l’ex agente, la sua compagna e un altro uomo. Gli altri tre - compreso il tassista delle lucciole - avevano patteggiato in luglio pene variabili da una anno e due mesi a tre anni, la pena più alta è stata chiesta per il poliziotto al quale era anche stato applicato il decreto Brunetta sul pubblico impiego. I tre erano accusati, a vario titolo, di aver avviato un giro di prostitute e di vendita di hascisc per quei detenuti che uscivano dal carcere. Un lavoro impegnativo per l’assistente, il quale a causa della doppia vita lavorativa era spesso “ammalato”.

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