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Martedì, 16 Aprile 2024
Cronaca

«Ci hanno bruciato la casa e ci hanno sparato mentre scappavamo»

Il racconto di Luay, Rana, Ibrahim e wWaffa, la prima famiglia irachena arrivata in città grazie all'iniziativa dei corridoi umanitari e ospite dalle Suore Missionarie Scalabriniane in piazzetta San Savino

E' arrivata da una settimana a Piacenza la famiglia irachena scappata dalla guerra a Mosul, un piccolo villaggio a nord dell'Iraq. La famiglia, ospite dalle suore missionarie Scalabriane, ci ha raccontato il suo viaggio e la sua vita prima di essere accolta in Italia, con il terrore ancora negli occhi. «Eravamo una famiglia felice, vivevamo in questo piccolo paese chiamato Mosul», spiega la famiglia irachena composta da padre, madre, figlioletto di tre anni e la nonna. «Negli anni Ottanta è iniziata la guerra, ma era sopportabile. Riuscivamo ancora a vivere lì. Purtroppo, negli ultimi anni è arrivato nel nostro villaggio l'Isis, e quando la milizia è arrivata non c'erano piu scorte di cibo, le donne non potevano più uscire di casa, era impossibile rimanere a vivere in quel luogo. L'Isis odia i cristiani come noi, avevamo paura persino a guardare alla finestra. I loro combattenti hanno distrutto tutto, le chiese, i crocefissi e le Madonne e nei cimiteri scavano con le ruspe per diseppellire i morti.

«Quel che ci ha fatto decidere di scappare, spiegano, è che la milizia ha bruciato casa nostra per far capire che apparteneva tutto a loro, e tutti i cristiani del villaggio sono scappati come noi. L'unico modo per rimanere a vivere lì era cambiare religione e convertirsi all'Islam, oppure pagare loro una sorta di pizzo. Quando abbiamo provato a scappare verso Beirut eravamo a bordo di una Bmw e non ci eravamo accorti che alcuni miliziani ci stavano seguendo. Improvvisamente hanno aperto il fuoco sparandoci contro, e un proiettile ha colpito il nonno alla testa uccidendolo. Quando siamo arrivati a Beirut, nel 2016, ci hanno ospitati in un convento, dove facevamo i guardiani in cambio di una stanza nella quale alloggiare. Solo grazie all'iniziativa dei corridoi umanitari siamo riusciti ad arrivare in Italia e a essere ospitati a Piacenza dalle suore missionarie. Noi siamo molto grati di essere in Italia. Le suore ci trattano benissimo e non ci fanno mancare nulla, ma soprattutto ci sembra di vivere un sogno».

«Siamo molto felici di accogliere questa famiglia», sottolinea suor Milva Caro, superiora provinciale delle Scalabriniane. «Le migrazioni sono un'occasione straordinaria. Siamo andate a prenderli a Milano in aeroporto e da subito sono stati gentilissimi. Li abbiamo accompagnati in questura a Piacenza per fare i documenti. Per ora sono richiedenti di protezione internazionale. Noi preferiamo ospitare una famigilia, perché è più semplice gestirla. Avere un gruppo di persone che non si conosce può creare disguidi spiacevoli. L'altro giorno abbiamo chiesto al padre di famiglia se sapesse tagliare l'erba. Ci ha risposto che se gli avessimo fatto vedere come si faceva avrebbe imparato e dopo qualche ora ci ha sistemato il giardino. Sono molto disponibili e continuano a ringraziarci e a chiedere se abbiamo bisongo di qualcosa. E' la prima famiglia che accogliamo dopo che ha seguito il percorso dei corridoi umanitari. In futuro speriamo di poterne accoglierne altre. Speriamo che riescano a integrarsi facilmente».

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