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Cronaca

«Con il gioco lo Stato guadagna 6 miliardi all'anno ma poi ne deve spendere 100»

Il caporedattore di Avvenire Luciano Moia all’incontro promosso dal coordinamento provinciale contro il gioco d’azzardo patologico: «E' anche un problema di ordine pubblico perché c'è una connessione stretta tra malavita e gioco»

"Questa é la prima serata di un confronto pubblico - ha detto il presidente della provincia Massimo Trespidi - sul tema del gioco d'azzardo. Dopo aver misurato la sensibilità sul tema del territorio piacentino con le 8mila firme raccolte nelle scorse settimane, vogliamo conoscere meglio l'entità del fenomeno". All'incontro in Sant'Ilario del 23 aprile era presente anche il prefetto Anna Palombi. "E' un primo passo per far sentire la voce - ha dichiarato il prefetto - perché le istituzioni devono intervenire su questo problema deleterio per la salute". Il sindaco Paolo Dosi, che ha costituito insieme a Trespidi il coordinamento sul territorio, ha voluto sottolineare "l'impegno dei primi cittadini in questa battaglia". 

"Oltre a pubblicare 250 articoli sul tema in due anni - esordisce il giornalista di Avvenire Luciano Moia - il nostro quotidiano ha deciso di non accettare pubblicità dalle società di gioco d'azzardo, che spesso offrono inserzioni in modo implicito per non far parlare dell'argomento. La nostra inchiesta Bisca Italia ha evidenziato che il gioco d'azzardo presenta tre questioni. É un problema sanitario perché è una patologia che crea dipendenza, è un problema sociale e culturale e inoltre è un problema di ordine pubblico perché c'è una connessione stretta tra malavita e gioco. In Italia 25 procure - continua Moia, caporedattore del quotidiano della Cei - stanno indagando sul rapporto tra criminalità e gioco, ci sono dossier da sei anni sul tema. Ci aspetteremmo che lo Stato quantomeno riconosca il problema".

gioco azzardo 00-2Secondo il giornalista cattolico c'è una differenza di sensibilità tra la politica nazionale e quella locale sulla dipendenza da gioco d'azzardo. "Questo perché - prova a dare una lettura Moia - il gioco muove una montagna di soldi. Sono 800 mila i giocatori patologici nel nostro Paese e 6 milioni di persone coinvolte direttamente e indirettamente, per 6 miliardi di incassi da parte dello Stato nel corso del 2013. "Ma a fronte di questi incassi lo stato deve però sostenere costi sociali gravosi, il gioco infatti non è gratis: si parla di costi per i ricoveri dei pazienti, per il medico di base, per gli ambulatori, per le perdite di reddito dei cittadini, per le ore perse sul posto di lavoro. L'ammanco per lo stato è di 70 miliardi di euro all'anno, più 20-30 miliardi di costi derivanti dal gioco illegale. Non è conveniente guadagnare 6 miliardi per poi spenderne un centinaio. Senza contare che a causa del gioco aumentano furti, truffe, omicidi e non si riescono a pagare i mutui: le banche allora si rifanno su quelli che pagano regolarmente". 

Questo fenomeno in costante aumento anche nel Piacentino ha comportato inoltre 90mila posti di lavoro sfumati, 69 milioni di ore perse per un totale di 20 miliardi di euro sottratti all'economia italiana. "Chi gioca non spende più soldi in cibo e altre cose, perché tutto deve finire nelle macchinette. E inoltre il 10% delle separazioni coniugali è a causa di queste dipendenze". 

"Questa è una spina - ha spiegato il giornalista - nel fianco dello Stato. Le dieci società che gestiscono il gioco dal 2004 in Italia fanno tutte riferimento a gruppi politici ben distinti e di tutti gli schieramenti: i soldi non hanno colore. E' coinvolta anche la malavita organizzata, che si nasconde dietro a prestanome per ripulire il denaro nelle sale giochi e nei bingo. La speranza arriva anche questa volta dal basso - conclude Moia - dalle amministrazioni locali, dal mondo delle associazioni». 

Maurizio Avanzi, responsabile del Sert di Piacenza, ha ringraziato i sindaci per l'impegno profuso insieme alle associazioni Acli, Cisl Pensionati, Libera, Scout, Federconsumatori, Ceis, Arco. "Le persone che si rivolgono a noi - ha detto Avanzi - sono normali: non avremmo mai pensato di curarle proprio per questo. La gente deve capire che non siamo di fronte a un vizio ma ad una patologia. Le 8000 firme mi fanno pensare che non siamo da soli ad affrontare il problema, che comunque andrebbe risolto nelle sedi istituzionali".

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