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Cronaca Caorsana / Strada Caorsana

Costretta a prostituirsi a 16 anni in mezza Europa, salvata da un ragazzo piacentino

La giovane albanese, fuggita per evitare un matrimonio imposto, finisce nelle mani di una gang di connazionali. Imputato di favoreggiamento della prostituzione minorile un giovane che l’accompagnava. Ma spunta l’ombra del vero sfruttatore, tuttora irreperibile

Scappa da casa a 15 anni per evitare un matrimonio indesiderato, finisce nelle mani di una gang di connazionali che la fa prostituire, poi la sposta in Grecia e, infine in Italia. Dopo aver solcato i marciapiedi di Venezia e Milano finisce a Piacenza, dove viene salvata dal suo angelo custode, un ragazzo che le aveva dato un passaggio. E’ la rocambolesca storia di una ragazza albanese che oggi vive in una struttura protetta, ha studiato e lavora in un’azienda.

La vicenda, cominciata nel maggio del 2011, ha portato alla sbarra un albanese, Clirim Cara, accusato di favoreggiamento della prostituzione minorile, un reato che prevede da sei a 12 anni di carcere. Ma l’ombra più pesante è quella che cade su un altro albanese, mai rintracciato, il quale sarebbe il vero sfruttatore appartenente a una banda organizzata.

Il processo è cominciato questa mattina. Il collegio, presieduto da Italo Ghitti, a latere Maurizio Boselli e Gianandrea Bussi, ha ascoltato la ragazza che ha risposto alle domande del pm Roberto Fontana e dell’avvocato Roberta Prampolini, che difende l’unico imputato. L’uomo si è sempre difeso dicendo di non aver mai costretto la giovane connazionale.

La sezione minori della Squadra mobile rintraccia la giovane nel maggio del2011, dopo che un ragazzo si era recato alla polizia raccontando che cosa le aveva detto la giovane, alla quale aveva dato un passaggio credendola un’autostoppista. La giovane ha confidato al ragazzo la sua vita infame e la voglia di uscire da quel girone infernale. Il ragazzo le ha creduto, avvisando la polizia. Un gesto che l’ha strappata a una vita da prostituta. Partono le indagini e il rocambolesco percorso della giovane, non senza imprecisioni e dubbi, è stato raccontato dalla ragazza in aula.

Fuggita da casa a 15 anni perché era destinata a un matrimonio sgradito, la giovane viene irretita dagli sfruttatori. L’organizzazione, in modo clandestino, le fa raggiungere la Grecia, dove “lavora” in un night. Ma la sua meta, hanno deciso gli sfruttatori, è l’Italia. Con un documento falso viene imbarcata su un aereo e raggiunge il nostro Paese. Finisce sui marciapiedi di Venezia e Milano, per poi arrivare nella destinazione finale, già predestinata dalla gang: Piacenza. Qui rimane per un ventina di giorni. Secondo le indagini della polizia ad accompagnarla sul posto di lavoro, lungo la Caorsana, è un connazionale, con il quale divide anche un appartamento. Un giovane che vive qui e lavora in modo regolare. In realtà, dietro di lei c’è qualcun altro. Il secondo albanese risulta essere il regista, tanto che in 20 giorni i poliziotti scoprono che sul cellulare della giovane sono arrivate 986 telefonate. Nemmeno una, invece, dal telefonino dell’imputato. Nessuno sa chi sia lo sfruttatore e l’unico soprannome che si ricorda è “Brickten”.

Lei dichiara di essere rimasta a Piacenza almeno venti giorni, in realtà potrebbero essere un po’ meno. Inoltre, fa i nomi di altri albanesi, tutti irreperibili. Nella prossima udienza, sono attesi i documenti dell’ambasciata albanese alla quale è stato richiesto il certificato di nascita della ragazza per stabilire con esattezza chi sia. Inoltre, come testimone, sarà ascoltato il giovane che l’ha salvata.

Lo spaccato di questa vicenda indica come sia sempre più necessaria l’azione di contrasto da parte di polizia e magistratura in tutta Europa, con leggi sempre più dure e che concedano sempre meno benefici, ai trafficanti di carne umana che realizzano guadagni milionari distruggendo la vita di giovani ragazze.

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