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Cronaca Via Degani

Delitto Gambarelli, altri 4 mesi per cercare il tunisino

L’uomo non si trova. Importante è stabilire la sua posizione (se dichiarato irreperibile) e se sia a conoscenza che c’è un procedimento contro di lui

Non è più sospesa la ricerca del tunisino ritenuto autore dell’omicidio di Giorgio Gambarelli, il 67enne ex fisioterapista ammazzato il 27 luglio del 2013, nella propria abitazione in via Degani. Il giudice per le indagini preliminari, infatti, ha rinviato in febbraio il processo per definire la posizione dell’imputato. Il giudice per le indagini preliminari, Fiammetta Modica, pm Antonio Colonna, ha disposto la proroga per Alì Fatnassi, 31 anni, accusato di omicidio volontario aggravato. Anche se risultasse che l’uomo (si ritiene sia fuggito all’estero), in qualsiasi modo, possa essere a conoscenza del procedimento verso di lui l’indagine andrebbe avanti. Il problema giuridico è che se lui non venisse a conoscenza di nulla, e in un secondo tempo fosse catturato, il processo potrebbe non essere valido o potrebbero essere prodotte delle opposizioni. Il tunisino è difeso dall’avvocato Emilio Dadomo, mentre il fratello, la sorella e un nipote di Gambarelli sono assistiti dall’avvocato Matteo Dameli, con cui si sono costituiti parti civili.

Già latitante, Fatnassi è accusato di aver stordito con alcuni farmaci Gambarelli e poi di averlo colpito al collo con due fendenti recidendogli la vena giugulare, facendogli così perdere molto sangue: una ferita che ha provocato uno choc emorragico, non lasciandogli scampo. Il presunto omicida, a cui gli investigatori hanno sempre dato la caccia, dovrebbe essere tornato nel proprio Paese di orgine. I carabinieri del Nucleo investigativo lo avevano fatto dichiarare latitante nel settembre del 2013, facendo spiccare un mandato di cattura europeo e attivando anche l’Interpol. Gli indizi su di lui sono pesanti: il Dna e la traccia del cellulare. Una macchia di sangue era stata trovata dai carabinieri del Ris su un cassettone nella camera da letto di Gambarelli che, con buona probabilità, prima di essere sgozzato, benché intontito dai farmaci, aveva tentato una difesa. I carabinieri avevano poi sottoposto a un tampone salivare un parente del sospettato per comparare i due Dna. E la compatibilità rinvenuta è stata elevatissima.

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