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Cronaca

Dracula, da re dei furti a volontario nella mensa dei poveri

I giudici di Appello concedono gli arresti domiciliari, in una parrocchia della Romagna, all’albanese ritenuto il capo di una gang di razziatori di abitazioni nella nostra provincia. Secondo i magistrati esiste «la possibilità concreta di reinserimento sociale»

Da “re dei furti” a volontario nella mensa per i poveri. E’ la parabola di Avram Shkelzer, 29enne albanese, conosciuto come “Dracula”, il presunto leader di una banda di razziatori albanesi e italiani che, tra il 2015 e il 2017, avevano messo a segno numerosi furti in abitazioni di Rivergaro, Piacenza e Podenzano.

L’uomo, difeso dall’avvocato Mauro Pontini (in foto), si è visto accogliere, dalla Corte di appello di Bologna, l’istanza per sostituire il carcere - dove si trovava dal dicembre 2017 - con gli arresti domiciliari, una misura cioè che prevede l’impegno e la residenza in una parrocchia della Romagna. Il sacerdote ha dato la propria disponibilità e così ora Dracula aiuta il prete e serve i pasti in una mensa per indigenti.

L’albanese aveva ricevuto due condanne. Quella per cui ha ottenuto i benefici era di 3 anni e sei mesi, perché ritenuto responsabile di alcuni furti in Valtrebbia. A novembre del 2018, inoltre, l’albanese era stato condannato, con il rito abbreviato, a sei anni e 4 mesi. Per quest’ultima sentenza, la difesa ha già presentato il ricorso in Appello.

mauro pontini-2Nel novembre del 2018, il giudice aveva condannato otto persone, accusate di associazione per delinquere finalizzate al furto, a pene varianti da un anno e 2 mesi a sei anni e 4 mesi.

I giudici riconoscono «la gravità dei delitti commessi e il presumibile inserimento del predetto (Dracula, ndr) in una organizzazione finalizzata alla commissione di furti in abitazione» e che «permangono elevate esigenze cautelari» per il rischio che l’uomo possa commettere ancora lo stesso reato.

Ma, secondo i giudici di Appello, esiste la «possibilità concreta di reinserimento sociale, anche alla luce della formale incensuratezza e della sua giovane età, possibilità di rieducazione e risocializzazione fornita dalla disponibilità ad accogliere l’imputato agli arresti domiciliari» nella struttura parrocchiale gestita da un sacerdote che gli ha offerto «anche una possibilità di impiego come volontario presso la mensa».

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