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Cronaca

«Ma quale gigante buono? Quale raptus? Basta superficialità sui femminicidi»

Omicidio di Elisa Pomarelli, la riflessione del Centro Antiviolenza "La città delle donne" Telefono Rosa Piacenza

Maggio 2019, quattro mesi sono passati dall'ultimo femmicidio. Ci sembravano già spaventosamente numerosi i femminicidi - 7 in 7 anni - commessi nella nostra provincia, quelli dei quali si ha una triste, recente certezza, eppure, ancora una volta, ci troviamo a piangere una donna, ancora una volta, uccisa per mano di chi andava dicendo che ne era "innamorato pazzo" ma lei "non voleva sapere nulla di lui”.
Ancora una volta una donna viene considerata "cosa" della quale se ne esige brutalmente e violentemente il possesso, oltre i suoi sentimenti, il suo volere, i suoi desideri, i suoi si ed i suoi no; ignorati, violati, spazzati via... ancora una volta.

Elisa Pomarelli, 28 anni, scomparsa il 25 agosto è stata uccisa da Massimo Sebastiani. Sta diventando difficile trovare le parole oltre la retorica diffusa, quelle parole che possano davvero descrivere la tristezza e la frustrazione di noi donne operatrici e volontarie che ogni giorno ci proviamo a fare del nostro meglio affinché questa strage abbia a finire; le parole che possano ancora una volta farsi sentire e distinguersi nel ribadire e spiegare che:
Encalada Romero Nilsa Esmeralda nel marzo 2012 non è stata uccisa per "movente passionale"
Kaur Balwinde nel maggio del 2012 non è stata uccisa dal marito "per gelosia" 
Cinzia Agnoletti uccisa dal convivente nel settembre 2013 non ha di certo "esasperato una situazione ormai lacerata"
Daniela Puddu nel giugno del 2015 non è stata uccisa dal compagno per un "raptus di gelosia"
Elca Tereziu nel maggio del 2018 non è stata uccisa dal marito per una "rabbia esplosa"
Damia El Assali nel maggio 2019 non è stata uccisa dal marito in "seguito ad una lite"

Cosa si dirà di Elisa Pomarelli? Perché è stata uccisa dall' "amico" Massimo Sebastiani?
Probabilmente un "raptus” del "gigante buono". Confermato: l'ennesima orribile, raccapricciante, superficiale, non professionale espressione pubblica. 

Ma esiste davvero il "motivo", la "ragione" che possano raccontare un dramma immane e soddisfare in modo così sbrigativo e superficiale la nostra razionalità e soprattutto le nostre coscienze? 
Davvero ci accontenta, ci pacifica sapere che una donna, moglie, madre, figlia, amica viene uccisa per "gelosia" o per "raptus"? Ce ne possiamo fare una ragione liquidando così una storia di vita? 
Parliamo con donne tutti i giorni; ci raccontano le loro storie difficili, la confusione tra il "prima e il dopo"; la fatica terribile di riuscire a vedere il proprio compagno, amico, marito, padre, ex partner, come una persona che non ci vuole affatto bene, non ci ama, ma ama soltanto e svisceratamente se stesso e gode nel sottomettere, nel sentirsi vilmente potente e uomo-maschio maltrattando, denigrando, picchiando, stuprando, urlando, ferendo, ossessionando, possedendo, uccidendo la donna che dice di amare.
E allora c'è un'altra parolina di riserva utile a sviare e declinare l'impegno: emergenza.
Così si liquida il problema magari facendo una nuova legge, inasprendo le pene ecc. 

Fino a quando non smetteremo di accontentarci della superficialità, fino a che le persone non inizieranno davvero a chiedersi quale perché, cosa succede, cosa è successo, cosa possiamo fare tutti? Cosa non funziona in una società dove i femminicidi sono all'ordine del giorno? Certo porsi domande in autoanalisi è decisamente molto più impegnativo; porsi domande e riflettere sulla parità di genere, sui pregiudizi e stereotipi con i quali ancora si differenziano e categorizzano il genere femminile e maschile; sull'immagine della donna proposta spesso come "un'offerta pubblicitaria"; sull'essere quale uomo? quale compagno? quale amico? Fermarsi, in silenzio e provare ad approfondire per comprendere, per creare cambiamento, è decisamente più difficile ed impegnativo rispetto ad un semplice ed esauriente "raptus di follia" commesso da un orripilante "gigante buono"; ci sentiamo esentati? pacificati? in quanto, tanto "noi non siamo folli. Non siamo giganti. siamo "buoni" a casa nostra. 

Siamo addolorate e sinceramente vicine alla famiglia e a tutte le persone che in qualche modo hanno amato Elisa nel rispetto. Non avremmo più voluto dirlo ma: ancora una volta c'è una drammatica spinta in più per continuare a lottare.

Tutte le donne del Centro Antiviolenza "La città delle donne"
Telefono Rosa Piacenza

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