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Cronaca

Il Genio Pontieri disinnesca alcuni ordigni esposti nella sede dell'Anpi di Massa

A Massa nella locale sede dell'ANPI il Genio Pontieri di Piacenza ha fatto una scoperta che ha dell'incredibile: ordigni esplosivi ancora in grado di far saltare in aria una palazzina esposti in una bacheca

Proprio nel giorno della memoria tornano tragicamente tangibili gli orrori della seconda guerra mondiale. Lo sanno bene a Massa dove, nella locale sede dell’ANPI, l’ Associazione Nazionale Partigiani Italiani, il Genio Pontieri di Piacenza ha fatto una scoperta che ha dell’ incredibile: ordigni esplosivi risalenti al secondo conflitto bellico, ancora in grado di far saltare in aria una palazzina, erano tranquillamente ed inconsapevolmente esposti, da decenni, sotto il vetro di una bacheca, meta di continue visite da parte delle scolaresche, per far capire loro cosa era stata la seconda guerra mondiale e la Resistenza.

«Ogni massese, ci dicono, ha visto quegli ordigni almeno una volta recandosi in visita in quei luoghi ai tempi della scuola. Abbiamo contattato telefonicamente i carabinieri – ci spiega al telefono Lino Rossi, segretario ANPI di Massa - perché in occasione di un trasloco, un nostro associato che ci ha donato dei reperti da esporre, si è accorto che quegli ordigni erano ancora in grado di esplodere e così abbiamo avvertito i militari dell’ Arma»

«Tramite loro, lo scorso 24 gennaio, è scattato l’ intervento dei Genieri di Piacenza – come ci spiega il maresciallo Bruschi - che con una squadra di EOD (Explosive Ordnance Disposal) cioè di artificieri esperti di residuati bellici, ha provveduto con la massima cautela a spostare una granata da 94mm e una bomba da mortaio modello “Brixia” ancora perfettamente funzionanti».

L'intervento del Genio di Piacenza è stato chirurgico. Per capire quanto alto fosse il rischio esplosione bastava vedere come gli uomini, guidati dal primo maresciallo Antonio Pinto, maneggiavano quei residuati bellici. Hanno portato via anche un minuscolo granello di polvere da lancio aiutandosi con un pennello, per paura di fiammate che potessero ustionare qualcuno.

«Sicuramente, quegli ordigni custoditi con troppa leggerezza, in caso di una loro deflagrazione, avrebbero potuto creare gravi danni strutturali al palazzo  -spiega ancora il maresciallo Bruschi  -poiché la detonazione in un luogo chiuso avrebbe notevolmente amplificato la loro potenza esplodente». Era presente anche una mina antiuomo tedesca, probabilmente inoffensiva, che, assieme agli altri reperti è stata portata presso una cava, in località Foce dove il tutto è stato fatto brillare, dopo oltre 60 anni passati in letargo, e dopo essere stati oggetto di visite da parte di intere generazioni di scolaresche.

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