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Cronaca Rivergaro

«Avevo un unico pensiero: portare a casa la pelle»

Il consigliere di Rivergaro Giampaolo Maloberti, storico militante leghista e presidente del consorzio “La Carne che Piace”, dopo un mese di terapia intensiva sta cercando di tornare alla normalità. «In Riabilitazione a Castello imparo di nuovo a muovermi dopo 70 giorni di letto»

Giampaolo Maloberti ce l’ha fatta. Il consigliere di Rivergaro – noto per la sua lunga militanza leghista (è stato anche consigliere provinciale) e presidente del Consorzio “La Carne che Piace” – si trova in questo momento all’ospedale di Castelsangiovanni nel reparto di Riabilitazione, dopo oltre un mese in terapia intensiva (intubato e sedato), colpito dalla furia del Covid-19.

«Sono a Castello da 15 giorni – spiega Maloberti al telefono -  non so per quanto dovrò rimanerci. Chi è stato qui prima di me almeno un mese è stato trattenuto. Mi trovo in Riabilitazione perché devo imparare di nuovo a “stare in piedi”. Fortunatamente non ho avuto danni permanenti ai polmoni, quindi la mia riabilitazione è solo motoria. Dopo 70 giorni di letto non avevo più muscoli nelle gambe e nelle braccia, non mi muovevo proprio».

Dopo aver sconfitto il Covid, un’altra battaglia, stavolta meno insidiosa ma ugualmente importante: riappropriarsi delle proprie capacità protesta maloberti anti vegani consorzio carne 03-2motorie. «Non riuscivo a fare nulla quando sono arrivato, due settimane fa. Ora, giorno per giorno, recupero. Ho fatto dei progressi notevoli, ho camminato intorno al letto da solo, mi muovo».

Banale dirlo: un’esperienza molto pesante. «Una lotta portata avanti senza vedere più nessuno “dei tuoi” per dei tempi lunghissimi. Avevo il tubo nella trachea e non riuscivo a parlare, sono situazioni pesanti dal punto di vista psicologico. Anche adesso in Riabilitazione a Castello non può ancora entrare nessuno, sono in un letto e aspetto».

Nel corso della conversazione più volte il consigliere ribadisce il suo ringraziamento verso gli operatori sanitari. «Ringrazio tutte le strutture a cui sono stato affidato, a partire dall’ospedale di Bentivoglio (Bologna), al reparto di semi-rianimazione di Castello, dove sono arrivato in elicottero, all’attuale reparto di riabilitazione. Ho trovato dei medici con una grossa professionalità e anche con una grande disponibilità dal punto di vista umano. Cosa fondamentale, perché io da mesi non vedo i miei familiari, i miei affetti e gli amici. Sono da solo da tempo. Ci sono cose che vanno al di là della sanità, anche la “testa” è importante. Desidero ringraziare anche il professor Fabio Fornari e Lorella Cappucciati. Sono stati vicini anche ai miei familiari».

Cosa ricordi? «Era il 25 marzo, ricordo di essere stato caricato dalla Croce Rossa e portato al pronto soccorso di Piacenza. Mi hanno infilato in testa un casco per respirare e da lì in poi per un mese non ho memoria. Ero incosciente, mi sono risvegliato a Bentivoglio il 26 aprile. Il risveglio è stato traumatico. Mi sono ritrovato con un tubo nella trachea, in un’altra città, e non riuscivo a parlare. Provavo a comunicare a gesti, volevo sapere qualcosa». Poi, un altro mese a letto, ma Maloberti ha la scorza dura. «Nella mia testa, durante tutto quel tempo fermo dopo il risveglio, pensavo soltanto che dovevo farcela. Dovevo portare a casa la pelle».  

Maloberti è uomo di grandi passioni: guida da anni un consorzio di allevatori di carne, è consigliere di minoranza a Rivergaro, militante della Lega della prima ora. «Mi manca tutto. Mi hanno chiamato in tanti, anche dal mondo politico. Tutto il Carroccio l’ho sentito, ho ripreso i contatti al telefono. Manca ancora la quotidianità, ma tornerò a fare le mie battaglie a Rivergaro. Quando sarò in grado di muovermi e andare dove voglio, riprenderò la mia vita».

A proposito di Rivergaro, è vero che andrai, appena possibile, al Santuario della Madonna del Castello? «Quella è la prima cosa che farò, sicuramente. E in autunno, se possibile, andrò anche a Pietrelcina, da Padre Pio. Mi dicono che, mentre mi trovavo in condizioni abbastanza critiche, pregavano parecchio per me».

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