rotate-mobile
Martedì, 16 Aprile 2024
Cronaca

«La dignità dell’uomo è il limite che non può essere oltrepassato nell’esecuzione della pena»

Le conferenze della Dante Alighieri: Gromi, garante dei diritti delle persone private della libertà personale: «l'aver contravvenuto alle norme che disciplinano la convivenza civile deve prevedere una giusta sanzione. I detenuti che non hanno avuto permessi tornano a delinquere quattro volte tanto rispetto chi ha avuto concessioni»

“Pena e rieducazione: la finalità costituzionale nella realtà carceraria”: questo l’argomento affrontato dal prof. Alberto Gromi, per conto della Società “Dante Alighieri” di Piacenza, conferenza presso la Galleria Ricci Oddi, innanzi a un folto pubblico fermamente interessato.

Il prof. Gromi, laureato in Pedagogia, già Preside del Liceo Classico “Gioia”, e docente di Scienza dell’Educazione e Pedagogia del Lavoro e della Formazione presso l’Università Cattolica di Piacenza, è investito della funzione istituzionale di “Garante dei diritti delle persone private della libertà personale”, presso la Casa Circondariale di Piacenza. In questa veste ha svolto l’argomento, affrontando aspetti particolarmente intensi e di umana interiore sofferenza che il “detenuto” vive nel doveroso suo assoggettamento alla sanzione da scontare, inflitta nel necessario “ribadire” dell’autorità della legge della collettività.

Nei secoli passati – ha detto Gromi – la pena ha assunto spesso carattere duramente “punitivo”, traducendosi non raramente in vere e proprie pene “corporali” e in detenzioni in condizioni assolutamente disumane; era insomma una sorta di contromisura “dura” come risposta ad un’azione antisociale, antigiuridica, antipolitica commessa. La finalità “rieducativa” è una conquista intervenuta, sia pur per gradi, nel secolo scorso, ed è chiaramente “consacrata” nella Costituzione Italiana, all’art. 27.  Per “rieducazione” s’intende la “rimessa in moto”, nella psiche del reo, della riflessione sui valori sociali da lui feriti, e la sua consapevolezza della loro rilevanza; il tutto in funzione  di una sua capacità di riammissione nel contesto del vivere sociale e di una sua ri-accoglienza in una collettività.  Come pervenire a una rieducazione e riabilitazione? La “Dignità” dell’uomo è il limite che “non può” essere oltrepassato nell’esecuzione della pena. L’aver contravvenuto alle norme che disciplinano la convivenza civile deve prevedere una giusta sanzione finalizzata, certamente, alla riaffermazione del ruolo primario della società e del suo rispetto ai fini della convivenza stessa; ma detta sanzione non deve avere natura repressiva, bensì essere accompagnata ad un processo di riabilitazione educativa efficace. Mancando quest’ultimo, si vanifica qualsiasi proclamazione di uguaglianza che invece è conclamata proprio dalla nostra Costituzione. La civiltà di una comunità si misura nella consapevolezza che la necessità di condannare deve accompagnarsi “al dovere” di riabilitare. E riabilitare significa adottare varie strategie (avviamento al lavoro, obiettivi da realizzare, permessi-premio, lavori socialmente utili presso comunità, esperienze teatrali, e altro), attraverso le quali il detenuto possa interiorizzare un proprio ruolo, per poterne usufruire al momento della sua riammissione nella società.

Non sempre è facile realizzare iniziative adeguate. E il “Garante” non è il “papà” dei detenuti, o il “difensore” dei detenuti; ma è il “custode” dell’attuazione della tutela dei diritti umani del detenuto, proprio ai fini sopraindicati. Sovente fa notizia la fuga di un soggetto in permesso-premio; mentre non fa notizia l’“efficacia” della “miriade” di permessi rilasciati e “andati a buon fine”: da una ricerca su dati pluriennali, risulta che il 18% di quanti abbiano fruito di permessi, torna purtroppo a delinquere; ma, di quanti non hanno avuto “concessioni”, torna a delinquere ben il 70%! Sovente prevale il discorso della sicurezza sul discorso della riabilitazione, laddove il carcere dovrebbe invece aiutare a prendere coscienza del reato, e che il detenuto con la sua azione criminosa ha rotto il patto con la società, e se ne è messo fuori. La finalità costituzionale è proprio, dal canto suo, quello di porre nuovamente il “peccatore” in condizioni di “riabilitato”: per cui, come anche l’ex magistrato Gherardo Colombo scrive ed afferma, ciascuno di noi dovrebbe essere educato non alla mera obbedienza, ma alla libertà, il che vuol dire alla “responsabilità”.

“Libertà” e “responsabilità” sono termini inscindibili; si è liberi solo se si è responsabili; e si è responsabili solo, se si è liberi.  In questo sta l’“essenza” della funzione rieducativa del detenuto.

Martedì incontro con l’ex questore Rosato - Criminalità organizzata: tipologie e infiltrazioni private e pubbliche. Confisca dei beni sequestrati e loro impiego e destinazione in relazione al nuovo Codice "Antimafia": martedì 18 febbraio alla Galleria Ricci Oddi ore 16. Relatore il dott. Michele Rosato (ex Questore di Piacenza e di Verona).

In Evidenza

Potrebbe interessarti

«La dignità dell’uomo è il limite che non può essere oltrepassato nell’esecuzione della pena»

IlPiacenza è in caricamento