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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

«La prostituzione non c’entra, ho sparato a Sadik per motivi personali»

Il 28enne albanese, arrestato con il fratello di 30, ammette davanti al giudice, in un interrogatorio durato oltre due ore, di aver sparato al connazionale al Baraonda. I due restano in carcere, accusati di omicidio premeditato

“Ho sparato io a Sadik, l’ho fatto per questioni personali”. Questa mattina M.U., albanese di 28 anni, arrestato per l’omicidio del primo settembre in via Colombo, ha ammesso, questa mattina 5 settembre, davanti al giudice la propria responsabilità nel grave fatto di sangue avvenuto al Baraonda. Per entrambi, il giudice per l’indagine preliminare, Gianandrea Bussi, ha convalidato l’arresto e disposto al custodia cautelare in carcere, come chiesto dal pm Emilio Pisante, titolare dell’inchiesta. Se il 28enne ha parlato, il fratello si è invece avvalso della facoltà di non rispondere.

M.U era stato arrestato dalla Squadra mobile piacentina in compagnia del fratello D.U., di 30. I due erano all’aeroporto di Milano Malpensa e si erano appena imbarcati su un volo per l’Albania. I due sono accusati di omicidio premeditato in concorso nei confronti di Sadik Hajdei, 39 anni, ammazzato con due colpi di pistola calibro 7,65 mentre era seduto al bar di via Colombo. Scampato, invece, all’agguato un altro connazionale, Artur Kala, 35 anni, rimasto ferito a un braccio.

Assistito dall’avvocato Fabio Leggi, M.U. ha risposto per oltre due ore, nel carcere delle Novate, alle domande del gip Bussi. “La prostituzione non c’entra – ha affermato Leggi – si tratta di una vicenda personale, legata la passato”. L’albanese comincia a rendersi conto di ciò che ha fatto, ha spiegato il difensore. E una primo sospetto sul 28enne era già emerso al momento dell’esame dello Stub (un esame che si avvale di un tampone adesivo da mettere sulla mano per prelevare eventuali residui della polvere da sparo) che l’albanese, al contrario del fratello, non aveva voluto effettuare.

Dopo questa ammissione, la posizione del 30enne potrebbe mutare e farsi meno pesante, anche se un concorso nell’omicidio la procura continuerà a ritenerlo un fatto certo. Il 30enne, però, questa mattina non ha risposto. Il suo difensore, l’avvocato Cinzia Ziliani, ha detto che il suo cliente si è riservato di chiarire la propria posizione alla luce degli sviluppi  futuri dell’indagine.

Continuano, intanto le indagini della polizia, coordinate dal capo della Mobile, Filippo Sordi Arcelli, per far luce sui particolari che ancora mancano all’appello. Primo fra tutti, l’arma del delitto, una pistola semiautomatica.

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