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Cronaca Podenzano

«La procura è convinta di quanto accertato: i video non sono opinioni ma le prove dei maltrattamenti»

Matteo Centini, il sostituto procuratore che ha coordinato le indagini dei carabinieri di San Giorgio, guidati dal luogotenente Marco Dubrovich, fa il punto sulle indagini che hanno portato all'arresto di tre maestre: «Non ci interessano i dibattiti colpevolistici o le opinioni, a noi compete il codice penale»

«La procura è convinta di quanto accertato: i video e gli audio non sono opinioni, ma prove di maltrattamenti reiterati in una quotidianità diventata sistematica e quindi lesiva nei confronti sia dei minori che l'hanno subita sia di coloro che hanno solo assistito.  Alla procura e ai carabinieri non interessano i dibattiti colpevolistici o le opinioni, a noi compete il codice penale. Non c'è stata un'aggressione a una comunità per preconcetto ma un accertamento della verità realizzato con un approccio laico». Non usa mezzi termini Matteo Centini, il sostituto procuratore che ha coordinato le indagini dei carabinieri di San Giorgio, guidati dal luogotenente Marco Dubrovich, che hanno portato all'arresto di tre maestre della scuola materna San Giovanni Bosco di San Polo. Il magistrato mette le cose in chiaro a seguito dell'enorme dibattito che ha scatenato l'indagine delicata e complessa che ha alzato il velo su quanto accadeva all'interno della scuola. Le tre indagate, attualmente agli arresti domiciliari, saranno ascoltate nei prossimi gironi per l'interrogatorio di garanzia e potranno certamente già fornire una propria versione dei fatti contestati. Suor Silvana Paluello, direttrice della scuola, e le due maestre Ernestina Rossi e Annalisa Paraboschi, sono tutte difese dall'avvocato di fiducia Franco Livera del Foro di Piacenza. Le indagini sono ancora in corso e in queste ore stanno arrivando ai carabinieri nuove querele da parte di altri genitori. 

dubrovich savo-2«I militari di San Giorgio hanno raccolto la denuncia di una mamma che con sobrietà ha raccontato alcuni episodi, di lì si sono fatti tutti gli accertamenti. I carabinieri guidati da Dubrovich hanno agito con tatto, professionalità, rapidità e con un'elevata padronanza della materia», spiega Centini. Il materiale audio e video, che in queste ore è stato fatto visionare ai genitori dei piccoli, racconta uno spaccato di 14 giorni che dimostra - fanno sapere dalla procura - non solo qualche atto violento isolato e decontestualizzato ma una sistematicità maltrattante che ha creato un clima non idoneo a bambini di quell'età: ciò sostanzia il reato per cui abbiamo proceduto e per il quale abbiamo avuto l'avvallo del gip Luca Milani. «Non stiamo parlando di violenze inaudite - prosegue il pm - ma una serie di comportamenti fisici e verbali imposti ai minori che sono l'unica parte lesa della vicenda. Se è vero come è vero che nessuno tocchi Caino, non è possibile però continuare a bastonare Abele. Se non fossero stati minori ma adulti ci si sarebbe riservati di sporgere querela, allora perché un bambino di tre anni deve subire questi attacchi?». «Le maestre non sono al servizio dei genitori e anche se questi avvallassero un approccio fisico di educazione, le educatrici non sono autorizzate a metterlo in pratica in quanto sono invece tenute alla cura, alla protezione e all'educazione dei bambini che vengono loro affidati. Anche chi non ha subito maltrattamenti fisici ha visto quanto accadeva, ha respirato il clima di violenza e lo ha introiettato e può pensare che quello è il metodo che dovrà usare anche da grande introiettando un meccanismo che non è sano ma lesivo a lungo andare. Questo noi contestiamo». 

Le telecamere nascoste hanno documento continue, perduranti e reiterate vessazioni di ordine fisico e psicologico poste in essere nei confronti degli alunni, si legge nell'ordinanza del gip. Il giudice nell'ordinanza parla di minacce ("ti metto la testa nel water" "ti faccio mangiare la carta igienica" "vi fucilo" "vi meno" "ti do una scarpata") di umiliazioni («un bambino veniva costretto a mangiare da terra, stando carponi, una mela che gli era caduta» «due bimbi venivano fatti stare in ginocchio» «ad una bimba per punizione veniva strappato in faccia il disegno che stava facendo» «ad un bimbo veniva gettato lo zaino nel cestino») e di episodi di bullismo sessuale («un bimbo veniva tenuto qualche secondo in mutande davanti ai compagni per punizione, un altro veniva deriso perché nel fare pipì si era bagnato» «un bambino che si era applicato del lucidalabbra veniva deriso dicendogli se voleva essere un "femminiello" minacciando di dirlo al padre»). «Tutto questo poteva andare bene negli Anni Trenta, nel Dopoguerra ma non ora: ci siamo evoluti in tutto, tanto che il Codice Rosso ha alzato la pena prevista (dai 3 ai 7 anni) e ha introdotto la competenza collegiale proprio a dimostrazione che è questa la direzione da seguire», ha proseguito Centini.  Gli fa eco il comandante provinciale dei carabinieri, il colonnello Stefano Savo: «La nostra vocazione è la tutela dei soggetti deboli. Lo Stato si serve delle istituzioni che ha sul territorio per difendere i diritti e bisogni dei minori, come peraltro stabilisce l'Onu. Vorrei che le persone si sentissero incoraggiate nel denunciare perché troveranno sempre un militare pronto a farsi carico della situazione, come è accaduto in questo caso. La tutela è un diritto e quando si tratta di bambini diventa tutto più amplificato perché il sistema deve far quadrato e quando viene meno la difesa dei minori non possiamo permetterci di scadere in giudizi di partigianeria ma abbiamo il dovere di agire con metodo e professionalità».






 

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