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Cronaca

Morte di Gianna Casella: «Una leggera cottura avrebbe ucciso il batterio»

Intervista a Piersandro Cocconcelli, docente dell'Università cattolica e membro dell'Efsa (L'Autorità europea per la sicurezza degli alimenti): «Ho sentito parlare di Nuova Zelanda, ma posso dire che lì hanno parametri quasi uguali a quelli europei»

La tossinfezione alimentare che ha ucciso Gianna Casella è una delle più pericolose che potrebbero verificarsi nell’organismo umano. Il batterio responsabile è l’Escherichia Coli. Se ingerito, produce una tossina (Shiga) che può portare alla morte. L’Istituto di Pavia che ha eseguito l’esame tossicologico ha inviato il campione all’Istituto superiore di Sanità «che ha un laboratorio considerato punto di riferimento europeo per lo studio degli Escherichia» ha affermato Piersandro Cocconcelli, docente dell’Università cattolica e membro dell’Efsa (L’Autorità europea per la sicurezza degli alimenti). Intanto, proseguono le indagini coordinate dal sostituto procuratore Emilio Pisante, il quale ha delegato alla Squadra mobile alcuni accertamenti. Tre cinesi risultano iscritti nel registro degli indagati per omicidio colposo. La nota cantante dialettale piacentina è morta il 15 ottobre dopo aver mangiato in un ristorante orientale due giorni prima. Il locale è stato sequestrato dalla magistratura così come gli alimenti che aveva nella dispensa, pesce in particolare (parte di questo proverrebbe dalla Nuova Zelanda).

Cocconcelli è docente di Microbiologia degli Alimenti presso la Laurea specialistica in Qualità e sicurezza degli alimenti della Cattolica e, dal 2003, svolge attività di esperto scientifico di valutazione del rischio alimentare presso l'Efsa. Cocconcelli non azzarda ipotesi sul cibo che potrebbe aver ospitato il batterio killer. Esiste un elenco, del Dipartimento per la sicurezza alimentare e per il servizio di prevenzione nell’agricoltura degli Stati Uniti, di prodotti alimentari contaminati dai ceppi pericolosi «ma i dogmi - afferma Cocconcelli -  esistono solo nella fede. Questo per dire che ogni anno si trovano nuovi alimenti che contengono l’Escherichia Coli che produce le tossine Shiga. I primi casi legati questo batterio poi emersero negli Stati Uniti. Bisogna anche sottolineare che anche una blanda cottura, cioè più di 70 gradi, elimina il rischio».

Secondo l’elenco Usa, tra gli altri cibi in cui si annida il batterio con più frequenza ci sono hamburger crudi o cotti male, salame, spinaci, lattuga, germogli; latte, succo di mela, sidro non pastorizzati; acqua contaminata, proveniente dai pozzi o dalle superfici frequentate dagli animali. Il professore di Microbiologia ricorda come fu difficile nel 2011 trovare che la causa di alcuni decessi in Germania fosse dovuta alla tossina killer che si era annidato in germogli di soia, un alimento a cui nessuno aveva pensato in quel momento.

L’autospia disposta dal pm Pisante non era l’unico esame chiesto dalla procura. Il magistrato, infatti, aveva richiesto anche gli esami tossicologici, che hanno evidenziato la presenza dell’Escherichia. Il batterio, se sarà stabilito che si trovava nei mitili mangiati da Casella, potrebbe aver contaminato i frutti di mare attraverso le feci provenienti da scarichi in mare. «Secondo la legge italiana - spiega Cocconcelli - il trattamento che deve essere eseguiti sui mitili dipende dal numero di Escherichia Coli presenti nelle acque marine. Ho sentito parlare anch’io di Nuova Zelanda, ma posso dire che lì hanno parametri quasi uguali a quelli europei e il loro Istituto di sicurezza alimentare è molto rigoroso».

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