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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Morte Casella, la Procura: «Dovevamo tutelare la salute pubblica»

I magistrati intervengono e spiegano che in 10 giorni è stato appurato che il cibo del ristorante cinese non era responsabile della morte della cantante. Sulla base di dati non attendibili era emerso il rischio di una epidemia

L’inchiesta sulla morte di Gianna Casella riparte da zero. Anche se nel corpo non è stata trovata la tossina shiga (prodotta dal batterio Escherichia Coli) l’Istituto di microbiologia di Pavia continuerà gli esami, istologici e tossicologici, per accertare che cosa abbia la cantante piacentina nel giro di sei giorni. Intanto, interviene anche la procura che spiega di aver agito in primis a tutela della salute, sulla base dei sospetti segnalati da un esame, rivelatosi poi un “falso positivo”, che poteva far pensare al rischio di una epidemia.

I sostituti procuratore Emilio Pisante e Antonio Colonna sono intervenuti per spiegare che cosa è accaduto, anche in seguito ai dubbi di Alberto Tucci, legale dei tre cinesi indagati del ristorante City Wok, che ha preso tempo per valutare eventuali azioni legali e richieste di danni. La procura si è mossa subito (Casella ha mangiato martedì 9 ottobre in ristorante, sabato 13 sta male ed è ricoverata in ospedale dove lunedì muore) ha detto il pm Emilio Pisante. I carabinieri del Nas sono andati al ristorante hanno prelevato campioni e li hanno analizzati, insieme con Ausl e Istituto zooprofilattico. Esami che hanno coinvolto anche gli alimenti non tracciati e il cibo trovato nell’abitazione di Gianna Casella.

Purtroppo, ha sottolineato il pm, il falso positivo proveniente dal test sulla presenza della tossina alimentare nel corpo di Gianna Casella, ha provocato la nostra immediata reazione. Ma il consulente della procura (cioè il medico legale) doveva avvisare la procura sul rischio dell’epidemia perché c’era morto e andava tutelata salute pubblica, hanno detto all’unisono Pisante e Colonna.

E anche il sequestro del locale è avvenuto dopo la segnalazione della possibile presenza della tossina letale. Il nome del locale è stato tutelato, ha ricordato Pisante, fin da subito e non è mai comparso. La causa della morte rimane ancora misteriosa e le analisi commissionate a Pavia dovrebbero trovare possibili cause esogene che hanno portato al disfacimento degli organi interni, come evidenziato dall’autopsia. Colonna ha ricordato il dovere del consulente tecnico di riferire in caso di sospetta epidemia perché la salute pubblica è più importante di 150 coperti. In caso di errore ne avrebbe risposto all’autorità giudiziaria.

E non solo il medico, perché i guai li avrebbero passati tutti coloro che facevano parte della catena addetta all’inchiesta. E’ stato messo in moto un complesso meccanismo, ha spiegato il magistrato, composto di Nas, polizia, Ausl, Zooprofilattico, Istituto di Pavia e Istituto superiore di sanità che in dieci giorni ha dato delle risposte, escludendo la presenza di batteri Escherichia e della tossina.

L’azione era a tutela di tutti, anche dei dipendenti del ristorante cinese che si sono recati in ospedale per eseguire l’esame delle feci, proprio perché il rischio epidemia era reale. Sul locale, infine, Colonna ha affermato che al giudice che ha convalidato il sequestro era stato espressamente chiesto di non indicare il nome, proprio a garanzia dell’attività.

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