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Cronaca Caorsana / Strada dei Dossarelli

«Non ho rubato, né bloccato la produzione»

Interrogato dal giudice l’operaio della Tnt accusato di furto e turbata libertà dell’industria. «Ho tolto il fusibile per far uscire a fumare il personale. Il blocco dei macchinari? In quei giorni non lavoravo». La difesa ha chiesto la revoca della misura cautelare

Ha risposto alle domande del giudice e fornito la propria versione, l’operaio impiegato alla Tnt - il tredicesimo - finito sotto inchiesta e accusato di furto e turbata libertà dell’industria. Anche per lui, era scattato il divieto di dimora. Secondo la procura, l’egiziano avrebbe rubato un fusibile per lasciare aperto un cancello e avrebbe più volte schiacciato il pulsante rosso di sicurezza che blocca i macchinari della produzione. Un metodo, secondo le accuse, per rallentare il lavoro e danneggiare l’azienda.

L’uomo, assistito dall’avvocato Marco Lucentini, ha risposto alle domande del giudice per le indagini preliminari, Luca Milani. La misura cautelare (come lo è il divieto di dimora) era stata chiesta dal sostituto procuratore Matteo Centini per il furto dei fusibili. L’operaio, che è un capo reparto - anche lui iscritto al sindacato Usb, come altri 11 - si è difeso negando gli addebiti. Il fusibile non sarebbe stato rubato, ma solo tolto per poter aprire una porta dello stabilimento e permettere ad alcuni lavoratori di uscire a fumare.

Riguardo all’accusa di aver interrotto la produzione, il lavoratore avrebbe detto che nei giorni in cui gli sono stati contestati i fatti lui non era al lavoro. Insomma, ci sarebbe una discordanza sulle date. Al termine, la difesa ha chiesto al revoca della misura cautelare. Intanto, prosegue la battaglia giudiziaria sulle misure cautelare. Sia la difesa, sia la procura si sono rivolte al Tribunale del riesame: la prima per far annullare del tutto i divieti di dimora, la seconda per farli ripristinare.

L’indagine svolta dalla polizia e coordinata dalla procura vede 13 lavoratori indagati. Per loro, il pm ha ipotizzato i reati di violenza privata e minacce nei confronti di due addetti alla sicurezza della cooperativa per la quale lavorano gli operai. I due, secondo le accuse, sarebbero stati più volte minacciati perché avrebbero fatto scattare lettere di contestazione dopo le loro segnalazioni all’azienda. Per 12 di loro, il giudice nei giorni scorsi ha deciso la revoca del divieto di dimora, facendoli tornare in libertà. E i 12 hanno potuto anche riprendere il lavoro, dopo la sospensione.

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