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Cronaca

«O ti prostituisci o picchio la tua amica»

La testimonianza choc di una 54enne costretta a prostituirsi e a versare al suo aguzzino l’intero incasso della serata per il timore di vedere la sua migliore amica picchiata. Le due donne sono state salvate dalla polizia municipale

Non ha saputo allontanarsi da quell’abbraccio mortale e per alcuni mesi la sua vita è diventata un inferno. Picchiata, costretta a prostituirsi e versare al suo aguzzino l’intero incasso della serata. In cambio, il timore di vedere la sua migliore amica picchiata se lei non si fosse recata sulla strada, un pacchetto di sigarette e un panino. E’ la testimonianza da brividi che è echeggiata nella mattina del 26 settembre in un’aula del Tribunale, davanti ai giudici del collegio presieduto da Gianandrea Bussi, a latere Luca Milani e Ivan Borasi.

A tirare fuori da quella fogna lei e una sua amica sono stati gli investigatori della Polizia municipale che prima hanno raccolto le loro denunce e poi le hanno sistemate in strutture protette. Ma gli agenti della Municipale hanno anche strappato la 54enne dalle grinfie del suo sfruttatore. Dopo che la donna (a cui viene dato un nome di fantasia, Maddalena) era stata ricoverata in ospedale a Cremona - dove le due donne vivono - gli investigatori temevano che l’uomo, un kosovaro che poi ha patteggiato una pena pesante, potesse andare a minacciarla di nuovo. Travestiti da infermieri, gli agenti hanno portato fuori Maddalena in carrozzella, arrivando anche a bloccare il ponte sul Po durante l’operazione.

Un impegno che la donna ha ricordato in aula tra le lacrime, ringraziando la Municipale per aver salvato lei e la sua amica. Due gli imputati in questa seconda tranche del processo, un tunisino, difeso dall’avvocato Barbara Esposito, e un ragazzo kosovaro, assistito dall’avvocato Antonio Galluzzo. Entrambi sono accusati di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione. la donna, nonostante tutto quello che ha passato, ha più volte ripetuto che i due non avevano nulla a che fare con il primo kosovaro. L’hanno solo accompagnata un paio di volte da Cremona a Piacenza. E senza prendere un euro. Anche loro sarebbero stati succubi della personalità del kosovaro dal quale avrebbero ricevuto ogni tanto solo poche decine di euro.

Il dramma della donna è cominciato nel marzo del 2015. A Cremona conosce quello che sarà poi il suo protettore. Le promette un lavoro, grazie alla sue conoscenze, millantate. Lui era un conoscente della sua amica, che lavorava in un bar (e che poi finirà sulla strada). Dopo la 54enne ha un rapporto sessuale con lui. L’uomo poi l’accompagna in un locale di Cremona dove lei capisce che alcune persone si stanno accordando per matrimoni combinati.

Poi la richiesta: prostituisciti. «Ho rifiutato, io sono sempre stata una lavoratrice onesta, accudivo gli anziani. ma ero rimasta senza lavoro e senza soldi» ha raccontato Maddalena. Lui gelido le disse: «Ti lascio una notte per pensare». Il ricatto le si è parato davanti con violenza: se lei rifiutava, il kosovaro picchiava la sua amica. Il giorno dopo, Maddalena la vede: ha dei lividi sul braccio e sul corpo.

Comincia il calvario sulle strade piacentine, via Caorsana, via Colombo. A volte guadagnava poco, a volte di più, fino a 500 euro. Tutto il denaro finiva nelle tasche dell’immigrato. Per lei solo il minimo per sopravvivere. Si arriva a luglio e lei sta male. Lui la carica in auto e la lascia davanti all’ospedale di Cremona, dove viene ricoverata. Poi, l’intervento dei vigili e la decisione di dire basta.

In aula è stato sentito anche il marito dell’amica di Maddalena. Di fronte ai tanti “non so” e “non ricordo” il pm Emilio Pisante - che ha coordinato le indagini fin dall’inizio - ha chiesto al Tribunale la restituzione degli atti per valutare l’ipotesi di falsa testimonianza da parte dell’uomo che ha sempre affermato di non aver mai capito cosa facesse la moglie.

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