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Omicidio del Baraonda, i fratelli Uku condannati all'ergastolo, Bujara a 16 anni

Due ergastoli, una condanna a 16 anni e una a sei. E' la sentenza emessa oggi, 24 ottobre, alle 14 dal giudice Adele Savastano nei confronti degli albanesi accusati di aver ucciso un loro connazionale a colpi di pistola. Le difese insoddisfatte: "Omicidio non premeditato"

Due ergastoli, una condanna a 16 anni e una a sei. E’ la sentenza emessa oggi, 24 ottobre, alle 14 dal giudice Adele Savastano nei confronti degli albanesi accusati di aver ucciso un loro connazionale a colpi di pistola il primo settembre 2013 al bar Baraonda in via Colombo.

La condanna a vita è stata emessa per i fratelli Donard e Mersin Uku, di 30 e 28 anni, mentre per Ramadani Bujara la pena è stata di 16 anni. I tre erano accusati di omicidio premeditato per aver freddato – a sparare era stato solo Mersin – Sadik Hajderi, 39 anni davanti al bar Baraonda in via Colombo, il primo settembre dello scorso anno. Alla base, rancori legati alla gestione della prostituzione in città, ma va sottolineato che gli avvocati difensori hanno sempre insistito sul fatto che i motivi fossero solo personali. Le indagini erano state condotte dagli agenti della squadra mobile di Piacenza.

Suada Zilyfi, invece, moglie di Mersin Uku, è stata condannata a sei anni di reclusione per sfruttamento della prostituzione, accusa contestata anche agli uomini. Il pm Emilio Pisante aveva chiesto l’ergastolo per i tre uomini e otto anni per la donna. Alla lettura della sentenza, Suada Zilyfi ha accusato un lieve malore, ma per fortuna si è ripresa.

Di tono opposto i commenti della difesa, con gli avvocati Luca Curatti e Mauro Pontini, e della pubblica accusa (alla lettura della sentenza era presente anche il procuratore capo Salvatore Cappelleri).

«Non c’è assolutamente soddisfazione per l’esito di questa sentenza – ha affermato Curatti, del Foro di Cremona – e non concordo con la sentenza. Leggeremo le motivazioni e sicuramente presenteremo appello. Non è un bel momento. Ora ci fermiamo a riflettere e ragionare». E il lavoro dei legali non sarà facile per riuscire a far cancellare dalla sentenza il drammatico “fine pena mai”.

A Bujara sono state riconosciute le attenuanti anche in relazione al suo ruolo di secondo piano. Ai fratelli Uku non è stato scontato nulla «nemmeno a Donard Uku, che non ha ucciso sono state riconosciute le attenuanti generiche. Noi – ha spiegato Pontini – abbiamo contestato l’aggravante della premeditazione». Insomma, le difese criticano il fatto che non siano state in considerazione le loro argomentazioni esposte durante le diverse udienze. Mersin avrebbe sparato in uno scatto d’ira, in una situazione caotica e non avrebbe premeditato l’assassinio.

Poche le parole del procuratore Cappelleri: «La sentenza accoglie in pieno l’impostazione formulata dal pubblico ministero Pisante. La procura ha fatto il proprio dovere. Fu un fatto eclatante. Sparare in strada in una città come questa, che non è certo abituata, creò un certo allarme sociale. Questa sentenza è anche una risposta alla città». Secondo Pisante, «è stata riconosciuta la premeditazione. Per Bujara, invece, ci sono state le attenuanti perché è stato riconosciuto il ruolo di secondo piano avuto nella vicenda».

 

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