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Cronaca

Omicidio Pierini, madre e figlio si accusano a vicenda

L’anziana uccisa il 3 luglio 2012 a Pontenure. Confronto in aula la processo in corte di Assise. Maria Grazia Guidoni, però, cambia una dichiarazione: il 2 luglio non accompagnai i miei figli al mare

La madre accusa il figlio e il figlio che punta il dito contro la mamma. E’ l’esito del drammatico confronto che si è svolto oggi, 26 aprile, in corte di Assise durante il processo per l’omicidio di Giuseppina Pierini, 63 anni, malata di Alzheimer, uccisa a Pontenure il 3 luglio 2012 e poi trasportata a Massa Marittima e gettata tra i rovi di un casale in abbandono, dove anni prima la famiglia aveva abitato.

Ognuno ha mantenuto le proprie posizioni, confermando al presidente Italo Ghitti (il quale ha riletto loro le numerose pagine di dichiarazioni, aiutato dal giudice a latere Luca Milani) le accuse nei confronti dell’altro. Nella mattinata, il perito, Andrea Piccinini dell’Università di Milano, ha fornito anche il risultato dell’esame genetico forense: il Dna estratto dalle ossa e quello di Maria Grazia Guidoni sono compatibili al 99,99%. Il perito Angelo Musella, invece, ha depositato le trascrizioni delle intercettazioni ambientali e telefoniche che gli erano state richieste.

Maria Grazia Guidoni, difesa dall’avvocato Pierpaolo Ronsisvalle, si è così trovata di fronte il figlio Gino Laurini, 23, assistito dall’avvocato Sandro Nunzi (per Laurini, che ha scelto il rito abbreviato, il 15 aprile il pm Roberto Fontana ha chiesto 10 anni di reclusione per omicidio premeditato).

L’IMPUTATA RITRATTA Importante il dietro front di Maria Grazia Guidoni (accusata di omicidio premeditato nei confronti della madre), la quale ha modificato una dichiarazione. Aveva sempre sostenuto che la mattina del 2 luglio 2012 aveva accompagnato i figli al mare, a Follonica, dal padre. Oggi, invece, la donna ha affermato che quel giorno i figli erano già al mare «non li ho portati io». Una data importante quella, perché, secondo le accuse della procura e del figlio Gino, lei sarebbe andata a Massa Marittima a compiere un sopralluogo.

Il confronto ha avuto luogo perché nessuno dei due si è avvalso della facoltà di non rispondere: la madre in quanto imputata, il figlio in qualità di imputato in reato connesso.

Nell’aula è calato il gelo. Gino è entrato e si è seduto fissando la corte. La madre, invece, si è voltata verso di lui, cercando il suo sguardo più volte. Senza essere ricambiata.

LA VERSIONE DI GINO E così, nel silenzio generale è riemersa questa triste e violenta storia. Il figlio ha ripercorso quanto detto nell’incidente probatorio. La madre avrebbe ucciso la nonna il 3 luglio a Pontenure, dove viveva tutta la famiglia. Verso le 13, tutti erano a tavola. Guidoni, prima aveva costretto la madre a bere “a forza” da un bicchiere, poi le avrebbe consentito di bere birra e fumare (non poteva perché era malata) in quanto si festeggiava l’addio alla pensione, era “la festa del condannato”. A un certo punto, Pierini si alza, farfuglia, barcolla e cade a terra. Viene portata nella stanza dei fratelli, da Gino e dalla madre, e stesa su una coperta. Gino torna sul divano. La madre poi lo chiama e lui vede la nonna con la schiuma alla bocca. IL ragazzo si blocca, è spaventato. «Ho pensato - aveva detto nell’incidente probatorio - che avesse messo in atto quello che diceva spesso: sono stanca, l’ammazzo». Il viaggio nell’orrore continua. Pass un’ora. Gino torna nella stanza e la madre gli dice: «Non muore, perché? Le ho anche messo un sacchetto dialettica in testa, come nei film». Guidoni, continua il figlio, torna a prendere del nastro isolante e lo lega al collo della madre, fissando così il sacchetto. Il giovane era rimasto colpito dal braccio della nonna che, lentamente, si muoveva come per volersi togliere il sacchetto dalla testa. Nel frattempo, poco prima, aveva telefonato la sorella di Maria Grazia, Graziella che voleva parlare con la madre, ma l’anziana era stesa a terra subito dopo il pranzo.

Pierini è morta, dopo ore. Viene caricata in auto verso la mezzanotte, e deposta, avvolta nella coperta, nel bagagliaio sopra un sacchetto di cemento. La mattina, Gino e la madre erano andati a comprare una pala, una zappa, guanti e acido muriatico. Tutto era sull’auto, insieme con la carrozzella di Silveria, bisnonna di Gino, che era stata lasciata a letto. Guidoni, inoltre, quella sera non andò dal proprio compagno.

Raggiunto il podere di Massa Marittima verso le 3.30 - Laurini ha confermato anche questo racconto - il cadavere di Pierini viene adagiato sulla carrozzella e denudato. Guidoni avrebbe cercato di coprirla con il cemento, ma non c’era l’acqua. Potrebbe sembrare la location di un film horror, ma il racconto del giovane è ricco di dettagli e lascia poco spazio all’immaginazione. L’acido muriatico gettato sul volto «non provoca danni eclatanti». Allora la donna avrebbe colpito più volte il corpo con il badile, di taglio, «per smembrarlo». Nulla sembra riuscire a Guidoni. Gino si volta e vede i rovi. La povera nonna viene così portata al primo piano del casale e da lì lanciata tra i rovi sottostanti. Dove è rimasta fino al 12 novembre 2015, quando venne ritrovata dopo la confessione di Gino ai carabinieri di Follonica. Tornati a Pontenure verso le 6.30, Guidoni avrebbe ripulito l’auto usando anche macchina a getto di vapore.

LA VERSIONE DI MARIA GRAZIA Dopo la modifica della tesa sempre sostenuta in precedenza, Maria Grazia Guidoni ha confermato che a uccidere sua madre è stato il figlio Gino. La giornata del 3 luglio era cominciata con la donna che era andata a fare la spesa e poi in banca a ritirare i 570 euro che avrebbe dovuto consegnare all’amministratore di sostegno della madre, per l’apertura di un conto intestato all’anziana (il timore di Maria Grazia era anche quello dipendere la pensione della madre). Verso le 20 mette a letto la nonna Silveria, poi chatta con il compagno Andrea Tana e alle 22 va a casa sua. Torna verso l’una e vede Gino sulla porta: «Mamma ho fatto una cazzata». Il giovane indica il corridoio: a terra c’è Giuseppina Pierini. Guidoni chiede al figlio cosa sia successo. «Ho perso la testa» risponde. lei non li chiede altro. Pensa che il figlio abbia strangolato l’anziana, guarda il collo ma non vede segni. Si pensa a far sparire il cadavere. Maria Grazia pensa di gettarlo in Po, il figlio suggerisce di portarlo al podere in Toscan, «là non lo trova più nessuno». L’anziana viene spogliata, Gino se la carica in spalla e i due vanno in garage, dove caricano il corpo in auto.La donna ha confermato di non ricordare se nella mattina aveva comprato gli attrezzi, ma spesso lo facevo per Tana, impresario edile. Poi il viaggio in autostrada, fino a Massa. Si usa la carrozzina per portare il cadavere al primo piano del casale, sulla terrazza. Lei dice di aver voluto togliere la fede della madre - per tenerla per ricordo - ma di non sapere che fine abbia fatto. Gino prende il corpo e lo lancia tra i rovi. Non ho usto né la zappa né il cemento e non li avevo in auto» ribadisce la donna. Al trono, una sosta all’area di servizio e durante il tragitto i due parlano di cosa fare e, soprattutto, di che cosa dire. Guidoni si è sempre difesa dicendo di non aver detto nulla per tutelare i figli, Gino in particolare. In giugno, il processo finirà. Dopo l’esito della perizia psichiatrica su Guidoni, ci saranno, a distanza di tre giorni, la requisitoria del pm e l’arringa della difesa. Infine, la sentenza.

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