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Cronaca

Processo poliziotti, parla Anastasio: «Mi fidavo ciecamente di Bozzini, non sapevo cosa facesse»

Due ore di esame per l'ispettore della squadra mobile indagato dai carabinieri insieme ad altri cinque colleghi: «Anche i miei superiori si fidavano. Non sapevo che portasse la droga a Cavaciuti»

«Non sapevo che la droga veniva portata da Bozzini a Cavaciuti». Lo ha ribadito in aula davanti al collegio presieduto da Italo Ghitti, l’ispettore Claudio Anastasio, in servizio alla sezione narcotici della squadra mobile, e arrestato insieme ad altri cinque colleghi nell’aprile del 2013 dai carabinieri del Nucleo investigativo. Anastasio, al contrario degli altri indagati, ha scelto il dibattimento e non il rito abbreviato che si è concluso pochi giorni fa con pesanti condanne per gli agenti.

Claudio Anastasio è stato interrogato per due ore dal pubblico ministero Michela Versini, dall’avvocato difensore Pietro Porciani, e dal giudice. Ha spiegato la sua versione sulle circostanze che gli sono state contestate di volta in volta. «Io mi fidavo ciecamente di Bozzini, e lo lasciavo fare -  ha detto l’imputato - Così come facevano anche i dirigenti. Sapevo che aveva rapporti con Cavaciuti come informatore, ma non sapevo che faceva queste cose».

Ha parlato in particolare anche delle accuse mosse sulla base delle dichiarazioni di un giovane assuntore di droga che, per conto della polizia, era andato ad acquistare una dose di cocaina da un pusher albanese che poi sarebbe dovuto finire sotto indagine. «No ho gestito io i rapporti con lui - ha spiegato Anastasio - anche se poi insieme al collega Paolo Bozzini ho partecipato al pedinamento. Quando il ragazzo venne convocato nei nostri uffici, io andavo e venivo, e non ero presente. Avremmo dovuto filmare l’incontro tra i due vicino alla stazione e riprendere lo scambio, ma non ci siamo riusciti. Il ragazzo ci ha consegnato poi la droga in viale Sant’Ambrogio, non è vero che ce l’ha portata in questura».

«Perché di quella droga avete fatto un sequestro amministrativo?» chiede Ghitti. «Per evitare le lungaggini della procedura penale» ha risposto Anastasio.
«Sapeva che i sette panetti sequestrati durante un’operazione delle volanti erano invece finiti a casa di Cavaciuti?» incalza ancora Italo Ghitti. «No, l’ho saputo soltanto quando ho letto le carte del procedimento penale nei nostri confronti» ha replicato l’ispettore della mobile.

Riguardo invece all’utilizzo di carte clonate presso un’area di servizio della città, per verificare se effettivamente fossero funzionanti, l’ispettore ha scaricato le responsabilità sul suo collega: quelle carte, secondo Anastasio, erano state date a Bozzini da un intermediario per conto di un terzo soggetto che poi la polizia avrebbe voluto arrestare una volta accertato che erano funzionanti. Per farlo, i due poliziotti si erano recati da un amico, gestore dell’area di servizio, e avevano effettuato alcune strisciate di prova con cifre consistenti: «Non ero io che avevo portato le carte, e non avevo nemmeno deciso gli importi da strisciare».

Al termine dell’esame dell'imputato, il giudice ha chiuso il dibattimento, annunciando che dalla prossima udienza inizieranno le discussioni, con l’attesa requisitoria del pubblico ministero e l’arringa della difesa. Rigettata invece la richiesta di Porciani di un confronto in aula tra Anastasio, Bozzini e l’ex dirigente della squadra mobile Stefano Vernelli.
 

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