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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Rapisce la figlia 18enne per salvarla dalla droga: padre condannato

Un padre di 40 anni è stato condannato a un anno e sei mesi di reclusione per maltrattamenti in famiglia. L'uomo per impedire che la figlia si drogasse l'ha portata a forza dai parenti in Albania. Ora lui è stato condannato e lei è uscita dal tunnel della cocaina

L’amore di un padre è andato oltre la violenza e il codice penale. Alla fine, però, nonostante una condanna, il coraggioso papà ha vinto la battaglia più importante: strappare la figlia alla droga.

E’ la storia di un albanese di 40 anni, residente in Valtidone, condannato oggi a un anno e sei mesi di reclusione dal giudice Elena Stoppini per maltrattamenti in famiglia. Il pm Giulio Massara aveva chiesto per l’uomo la condanna due anni e mezzo. Il giudice, però, ha concesso all’albanese le attenuanti generiche e le ha ritenute più importanti delle aggravanti. Insomma, ha compreso il dramma che c’era in quella famiglia.

Dal 2010 al 2012, la figlia 18enne dell’uomo era caduta preda della droga facile che le veniva venduta da pusher magrebini senza scrupoli. Il padre, un camionista piombato d’un tratto in un incubo, scoperto che la figlia si drogava aveva prima cercato di parlare con lei, ma la giovane gli aveva voltato le spalle. L’uomo aveva chiesto aiuto ai servizi sociali, ai carabinieri. Senza esito. La ragazza continuava imperterrita a sniffare coca e ad accompagnarsi agli spacciatori.

La situazione in famiglia precipita e il papà prova con la forza. Picchia la figlia, ma anche così non ottiene risultati. Disperato, tenta un’ultima carta: la carica a forza in auto e la porta dai parenti in Albania, nel tentativo di allontanarla dalla droga e dagli spacciatori.

L’uomo, nel frattempo, viene denunciato e comincia l’inchiesta che lo porterà in tribunale. Passano i mesi ed ecco il miracolo: la giovane non fa più uso di droga. Torna in Italia, trova un lavoro, ma, soprattutto, riconosce le buone ragioni del papà.

L’iter giudiziario non si era fermato e oggi, 3 marzo, il padre è arrivato in aula per la sentenza. «Usare certi metodi, che per quelli della nostra generazione sono un ricordo ancora vivo, ha funzionato. Noi siamo ancora vivi. Il papà ha scelto il male minore per debellarne uno maggiore che avrebbe distrutto la famiglia e avrebbe potuto comportare rischi per la stessa vita della giovane» ha commentato l'avvocato Lorenza Dordoni difensore dell'uomo. Molti pedagogisti, sociologi e psicologi magari storceranno il naso. E’ indubbio che il risultato in questo caso c’è stato. E a vincere è stato l’amore di un padre.

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