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Cronaca

Riapre al pubblico la chiesa di Santa Maria del Carmine

Presentati i lavori di ristrutturazione dall'assessore ai lavori pubblici Giorgio Cisini. La chiesa del Carmine sarà visitabile durante la serata dei Venerdì Piacentini del 18 luglio

Dal prossimo 18 luglio, in occasione della serata dei “Venerdì Piacentini”, la chiesa del Carmine dopo tanto si svelerà alla cittadinanza di Piacenza. La chiesa, già aperta per un sopralluogo dal sindaco Paolo Dosi e dall’assessore ai lavori pubblici Giorgio Cisini, sarà a breve oggetto di un progetto di restauro dal valore complessivo di 4 milioni di euro. Durante la visita guidata di mercoledì 18 luglio, Emanuela Coperchini ha illustrato le caratteristiche di questo storico edificio piacentino.

Riapre al pubblico la chiesa del Carmine ©IlPiacenza

L’ ordine dei Carmelitani si stabilisce a Piacenza attorno al 1270, quando il piacentino Tedaldo Visconti viene eletto al soglio pontificio. La loro presenza è sicuramente accertata a partire al 1276 quando in un documento viene annotato una lascito di “tres librae”. L’ordine religioso dei Carmelitani prende il nome dal Monte Carmelo in Palestina dove nel XII secolo si crea un gruppo di eremiti ai quali Alberto da Vercelli , patriarca di Gerusalemme e già vescovo di Bobbio, conferisce la regola approvata da Papa Onorio III e che l’ Ordine tuttora professa. Nel XIII secolo i religiosi, perseguitati da mussulmani, si trasferiscono in Europa, dove acquisiscono le caratteristiche degli ordini mendicanti. Ai Carmelitani è sicuramente assegnata una chiesa, la cui esistenza è confermata dal ritrovamento di una struttura religiosa situata tra via Bertè e l’attuale piazza Casali (Luigi Dodi). Ad ulteriore conferma di ciò è la lapide ritrovata nel 1883 recante la memoria della donazione di un calice e di paramenti alla “Capela” da parte dei Mastri di Legno e da Muro, che detenevano lo Juspatronato del paratico presso l’altare di San Giuseppe nella chiesa dei “Carmeliti”.

L’edificio fu comunque scelto e ricostruito in una posizione “strategica”, rispetto agli altri ordini mendicanti presso l’antica “Porta Milanese”. Queste le parole dello storico Pietro da Ripalta: “MCCCXXXIIII, Circa hoc tempus in civitate Placentie inecpte fuerunt due ecclesie Fratrum Mendicantium: ecclesia fratrum sancte Marie de Carmello silicet et ecclesia fratrum Servorum qui dicitur Sancte Anne”.L’edificio fu quindi, con un buon margine di sicurezza, costruito attorno al 1334 contemporaneamente alla chiesa di Sant’ Anna e San Lorenzo, grazie al Governo Pontifico, anche se nel 1336 tornano al potere i Visconti. (Pietro da Ripalta). La grandiosa costruzione deve aver avuto una prosecuzione stentata fino all’arrivo a Piacenza del vescovo Pietro da Cocconate nel 1354. L’esatta collocazione nel tempo dell’inizio e delle fasi costruttive della chiesa non è solo un problema di carattere cronologico, ma permette di individuare le maestranze che operano nella progettazione, direzione, esecuzione e completamento della chiesa e di definire il contesto culturale nel quale operarono le maestranze stesse. Tra il 1334 e il 1371 operarono attivamente a Piacenza Pietro Vago e Oberto da Domezano. Essi quindi non possono essere esclusi a priori da una possibile partecipazione ai lavori del Carmine anche se agli stessi non si possono effettivamente attribuire le “fasi costruttive” di tutte le maggiori opere del loro tempo, sia per la mancanza della relativa documentazione, sia perché gli Statuti del Paratico dei Mastri da mannaia (tagliatori) da legno (falegnami) da muro (muratori)e da pietra (scalpellini).nell’esecuzione delle opere pubbliche, seguivano l’ordine di iscrizione alla “matricola”, impedendo in pratica ai soci di assumere più di un incarico contemporaneamente. Dai documenti conservati presso l’Archivio di Stato di Parma risulta che il convento deteneva molti possedimenti in città e provincia dai quali ricavava un notevole profitto. Si tratta in particolare di investiture, donazioni, vendite da parte di alcuni cittadini. Le case e gli appezzamenti di terreno in questione erano ubicati nelle parrocchie limitrofe al convento quali Santa Maria in Borghetto, la chiesa di Ognissanti, S. Maria di Seufredo (La Soffrina). Si aggiungano anche alcuni possedimenti nelle campagne di Lusurasco, Turro, Calendasco, Caorso, Fombio, Guardamiglio, Viustino e Vigoleno. Inoltre attuarono permute con la chiesa di San Dalmazio e il convento delle monache di San Girolamo. Particolare interesse destano due documenti relativi ad un contenzioso sorto tra la chiesa del Carmine ed il Monastero di San Sisto nel 1470 e nel 1706. Da ciò si evince la grande importanza che aveva il Convento e quanto fosse partecipe delle vicende storiche e politiche della città. La chiesa è inserita al vertice di un triangolo che conclude idealmente l’allineamento delle strutture “mendicanti” dei Domenicani, Francescani, Eremitani, rientrando, in questo modo, all’interno di un preciso disegno urbanistico.

L’edificio presenta una struttura a tre navate, il cui apice della volta centrale risulta sopraelevato rispetto a quelle laterali. L’interno, diviso in sei campate, è attualmente scandito da pilastri a sezione quadrata decorati con lesene. La struttura interna è caratterizzata dal modulo detto “ad quadratum” che comprende la zona absidale costituita da tre aule a terminazione rettilinea, in cui quella centrale ha le dimensioni delle campate corrispondenti e le laterali, ridotte di un terzo in profondità (vedi S.Lorenzo e S. Anna) sono larghe ed alte come le campate minori. Il transetto si interpone tra la parte absidale ed il resto della chiesa in corrispondenza della quinta campata. Durante gli interventi del 1696, quando le notevoli risorse disponibili da parte dell’ Ordine e nuove concezioni estetiche resero necessaria una ristrutturazione architettonica, gli archi ogivali furono ribassati e trasformati a tutto sesto. Rimangono a sesto acuto solo i due archi delle navate minori e quelli di comunicazione con le grandi cappelle della terza e quarta campata di sinistra. Le pareti della navata maggiore sono percorse da una ricca decorazione caratterizzata a livello dei pilastri da capitelli floreali e da lesene. Alle imposte degli archi della navata centrale sporgono su mensole, statue in stucco di santi dell’Ordine Carmelitano, mentre festoni e cornici ornano le superfici di fondo, sia della parte absidale, sia della controfacciata e sono largamente utilizzati nelle cappelle laterali. Tutte le volte ogivali delle campate centrali e laterali, del transetto e delle absidi hanno conservato la crociera tetrapartita con cordonature in laterizio.

Nell’abside centrale si apre una finestra rotonda tamponata (ed è rimasta tale fino a tempi recenti) quando la parete fu coperta da rivestimenti barocchi. Mentre l’abside di destra che prende la luce da una finestra ogivale, è stata ricostruita con volte e cordonature a vista dopo il bombardamento del 1945, quella di sinistra risulta attualmente separata dal resto della chiesa da un muro, in cui è inserita una finestra che dava luce al “Capitolo” ricavato dall’abside stessa. Nella parte sinistra è stata addossata alla parte inferiore del transetto una cappella di gusto “tramelliano”, con volta suddivisa in otto spicchi. Alla terza e quarta campata corrispondono due cappelle poligonali, contemporanee o di poco posteriori alla fabbrica primitiva, con volte a spicchi, di ampiezza diversa, limitate da cordonature in laterizio. Alla seconda campata corrisponde una cappella di dimensioni minori, dedicata a San Giuseppe fatta costruire nel 1579 dal “Paratico” dei Mastri da Legno e da Muro. Dall’esame dalla struttura attuale, è possibile rilevare tracce del rosone centrale sostituito da un finestrone rettangolare e tracce di finestre rotonde sulle navate laterali coperte da finestre rettangolari. In una incisione dell’abate Pietro Perfetti, la facciata doveva essere fornita di pinnacoli ad apice sferico posti ai lati degli spioventi. Il fianco laterale destro mostra una serie di finestre tamponate oggi tamponate con cornice in cotto di colore rosso vivo. Una serie di archetti pensili sormontati da una cornice e a doppia serie a dente di sega corre lungo il sottotetto della navata laterale, riprendendo nella parte superiore degli archi rampanti e sui contrafforti all’altezza delle navate stesse. L’intervento del vescovo Pietro da Cocconate va posto con ogni probabilità in questa fase costruttiva. La quarta campata, che esteriormente si affaccia su un chiostro recenziore (1546) presenta una finestra ogivale simile a quella del transetto e manca delle copie di arconi ciechi con oculo. Il fianco laterale sinistro, mascherato in parte da alcune costruzioni private presenta, nella parte alta le stesse caratteristiche della parte destra. Due cappelle poligonali in corrispondenza della terza e quarta campata (la cui struttura richiama il deambulatorio di San Francesco) si raccordano stilisticamente e costruttivamente con il resto della costruzione. Esse presentano gli spigoli rinforzati da eleganti contrafforti e sui muri sono evidenti le tracce delle prime finestre ogivali incorniciate da mattoni rosso vivo. Gli spioventi dei tetti delle cappelle sono sostenuti da irregolari piloncini che contrastano con l’ eleganza delle cappelle stesse. Tale tipologia di cappella perdurerà a lungo nell’edilizia religiosa circostante come in S. Agostino a Cremona, le chiese francescane di Busseto e Cortemaggiore, la chiesa del Carmine di Milano e la collegiata di Castel San Giovanni. Alla parete di fondo del transetto, nel Cinquecento è stata addossata una spaziosa aula quadrata ricoperta di volte a spicchi. La parte alta del transetto di sinistra, come quello di destra riporta gli stessi elementi architettonici che troviamo in San Francesco. Il capocroce che, nell’ultimo conflitto mondiale è stato colpito dai bombardamenti e ricostruito dall’architetto Pietro Berzolla, si raccorda in una struttura imponente, potenziata dai contrafforti angolari, ha purtroppo subito diverse manomissioni che ne hanno alterato la conformazione originale.

L’abside centrale riceveva luce dalle due lunghe finestre ogivali che sono state chiuse e sostituite da due finestre rettangolari, successivamente tamponate. Nella parte superiore, sotto l’apertura a croce, durante la campagna di ricostruzione barocca è stata ricavato un finestrone che fu tamponato alla fine degli anni cinquanta per motivi statici. L’abside di sinistra (a cui è addossata lateralmente la sagrestia) è sta sfondata posteriormente per realizzare la sala capitolare che si collegava mediante un loggiato al convento. La torre campanaria fu costruita nel Cinquecento, appoggiata all’abside di destra, come testimonia una litografia dell’incisore Magnaghi e riportata nella “Piccola Guida di Piacenza” di Luigi Galli edita nel 1861. Secondo Leopoldo Cerri e Vincenzo Pancotti la torre fu demolita nel 1858 per motivi di carattere statico. La facciata odierna fu costruita nel 1700 da mastro Delli Agostini seguendo i nuovi dettami stilistici del tempo. Nella chiesa del Carmine si evidenzia molto il contrasto tra la linearità dell’abside e la ricchezza della facciata. Quest’ ultima si presenta divisa in due comparti da una poderosa cornice marcapiano. Il piano inferiore risulta scandito da semicolonne con ai lati due grosse finestre ora tamponate. Sopra il portale a “frontone spezzato” troneggia una grande statua raffigurante una “Madonna con il Bambino” i cui volti sono ormai irriconoscibili a causa delle ingiurie del tempo. Le finestre rettangolari, oggi decorate con volute, originariamente dovevano avere forma circolare. Al piano superiore di apre un enorme finestra rettangolare con ringhiera, decorata con un motivo a conchiglia sotto il quale si notano le tracce del precedente rosone.

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