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A Palazzo Galli successo per la seconda edizione del Festival della cultura della libertà

Primo giorno. L’attesa era palpabile. Il successo dell’edizione precedente era ancora vivo nella memoria di tutti. Dunque la seconda edizione non poteva che superare la prima, non tanto e solo per il prestigio dei relatori, già molto autorevoli anche l’anno scorso, quanto per il seguito di pubblico, oggi straboccante nella sala Panini di Palazzo Galli, nonostante l’ausilio di sedie supplementari. Inizia alle ore 10,30 puntuale come un orologio svizzero, l’ideatore ed animatore del festival, l’avvocato Corrado Sforza Fogliani ad introdurre i lavori. Brevi e significative le sue parole, ben espresse dopo i doverosi ringraziamenti ai relatori e a quanti hanno contribuito all’organizzazione, con riferimento in particolare al razdur Danilo Anelli. Il suo misurato e preciso intervento, rivela una piena soddisfazione per questa seconda edizione e nello stesso tempo un augurio che Piacenza possa sempre vantare spiriti liberi che si confrontano con altri, senza pregiudiziali legati al nemico oggi esistente: il pensiero unico. Una vera iattura questa che tutto deforma, comprese le coscienze. Cita a questo proposito L. Einaudi che in occasione del suo intervento inaugurale come Presidente della Repubblica, auspicava il libero confronto di idee con tutte le persone che sanno. In particolare con quelle sagge, dal cui confronto il pensiero liberale non può che trarre profitto. Con la citazione di Piacenza la parola passa al nostro sindaco, avvocato Patrizia Barbieri. Il suo intervento è di ammirazione per un evento cosi importante che qualifica la nostra città e che nello stesso tempo costituisce uno stimolo per la pubblica Amministrazione. Ringrazia, ma il ringraziamento a chi è diretto? In primis all’avvocato, quindi ai relatori e poi a tutti coloro, e sono tanti, che sotto ogni aspetto condividono idee libere e liberali. Segue in questa introduzione il direttore del Foglio, Claudio Cerasa. Avendolo conosciuto l’anno scorso sembra, magia della sorte, quasi ringiovanito. Parla in modo franco senza nascondere una sua simpatica diversità di idee nei confronti dell’avvocato Sforza, riguardante il discorso sulle banche. A lui rivolge comunque sincere parole di rispetto e ammirazione per tutte le numerose iniziative intraprese (un autentico vulcano), rimarcando soprattutto la piena condivisione sul pensiero unico. Questo per almeno due motivi che oggi devono essere combattuti: il pessimismo divulgato surrettiziamente nella società, che in realtà è solo un falso allarme (una fake news ). Mentre il secondo, la troppo sbandierata incompetenza, da intendersi come una pericolosa abitudine a mettersi contro gli esperti, al fine di potersi dichiarare contro tutti ed diventare populisticamente credibili (vedi i 5 stelle). Finita l’introduzione si passa al relatore principe di questo inizio di convegno: Luca Ricolfi, sociologo, professore all’Università di Torino e collaboratore di diverse testate giornalistiche e periodici. Il suo è un intervento lineare nella successione razionale degli argomenti e quindi estremamente interessante. La dizione è chiara e coinvolgente non disdegnando di toccare aspetti anche controcorrente. L’argomento è l’egualitarismo che viene introdotto dal nostro amico e giornalista E. Galba in qualità di moderatore del dibattito. Toni pacati i suoi e tutti orientati alla soddisfazione di poter respirare aria fresca, di natura liberale in questi due giorni di incontri culturali. Ritornando a Ricolfi, le sue parole sono chiare e illuminanti. Tutti l’ascoltano. Due sono per lui le ipotesi di egualitarismo. Quella socialista che egli avversa perché ha come punto d’arrivo una società perfetta dove tutti possono vantare lo stesso reddito. Il ché si traduce nella più profonda ingiustizia per la mancanza di libera iniziativa (guardarsi dai duri e puri), mentre l’altra soluzione è quella liberale. Una condizione questa di partenza (non d’arrivo) che si basa sui diritti naturali delle persone, anche se dal punto di vista economico, ad es. per quanto riguarda la proprietà privata come bene assoluto e l’aspetto dell’eredità, anche questa teoria non è esente da alcune critiche. Parla poi della diseguaglianza nel mondo che contrariamente a quanto creduto è diminuita negli ultimi 20 anni fra gli Stati, mentre quella interna (agli Stati) è aumentata solo nei paesi emergenti. Sostiene inoltre che la relazione fra eguaglianza e crescita è erronea ed a proposito del nesso fra condizione sociale dei padri con i figli, dopo qualche anno di ascensione sociale oggi, nella nostra società post industriale, questo schema si è fermato. Segue una stoccata alla nostra società attuale, perché non sembra vero che dal punto di vista etico, artistico e culturale sia migliore di quella antica. Si assiste infatti ad una regressione spirituale e la causa è da attribuirsi oggi al declino delle nostre Università, nelle quali si commettono dei veri falsi ideologici quando si certificano certe competenze. Applausi convinti e convincenti. Ed ora la sessione passa a trattare l’argomento Bitcoin. Moderatore Alan Patarga giornalista Mediaset che si è fatto le ossa nel nostro quotidiano: La Cronaca. Chi l’avrebbe mai detto che tutti i tre relatori fossero tutti a favore della moneta virtuale? Ebbene è così. Inizia a decantarne le lodi il prof. M. Ametrano economista della Bicocca di Milano. Egli non ha dubbi. Il Bitcoin è l’equivalente digitale dell’oro. Anzi è ancora meglio del metallo prezioso, se non altro perché più facilmente trasportabile. Inoltre non conosce la marginalizzazione politica, né gli abusi che gli Stati possono realizzare sulle monete. L’elogio della moneta, continua con S. Birindelli, sociologo dell’Università di Bologna che va oltre l’aspetto economico per toccare quello etico della libertà. Infatti egli sostiene che con Bitcoin abbiamo la libertà di scelta sul denaro, sottraendoci alla manipolazione degli Stati che vengono così sconfitti dal libero mercato su cui si basa questa moneta virtuale. Col Bitcoin inoltre si realizza la vera uguaglianza, non quella stabilita dallo Stato, ma quella che vale per tutti, e che si caratterizza dalla libertà di sconfiggere i privilegi. A concludere questo peana sul Bitcoin, ci pensa A. Trentin, imprenditore. Per lui questa moneta non è una truffa e neppure una bolla speculativa. La sua volatilità anzi è l’espressione della democrazia che è tale se è uguale per tutti. L’ultima sua frase è allora questa: senza volatilità non c’è mercato e senza mercato non c’è democrazia. Pubblico convinto, ma anche un po’ perplesso. Una domanda viene fatta: Perché in alcuni paesi, tipo Cina, chi usa il Bitcoin va in galera? Risposta secca e precisa. La moneta può essere vietata da regimi dispostici, ma non impedita. Ed ora chi capisce, capisca. Pausa pranzo. Alle ore 15, segue un altro dibattito su: Fondamentalismo e secolarizzazione, argomento che farebbe tremare le vene ed i polsi a chiunque. Modera per l’occasione il giornalista ed amico R. Gionelli che inquadra bene il problema con il riferimento ad una sua esperienza, lui che è Presidente Coni, che riguarda un manifesto appeso in uno spogliatoio di giovanissimi sportivi. Esso (il manifesto) riporta un pensiero di L. Einaudi: Libertà di scegliere, vuol dire conoscere. Inizia a dibattere R. Cubeddu, filosofo della politica all’Università di Pisa. Per lui la religione è stata ormai espulsa dalla società, diventata atea, che pertanto agisce indipendentemente dai vecchi condizionamenti religiosi. Se la religione sopravvive, egli continua, è solo nella dimensione individuale secondo un concetto fai da te. La conseguenza, anche per demerito della Chiesa attuale, è assistere ad una trasformazione dei diritti naturali in diritti umani o sociali, espressione questi delle rivendicazioni soggettive. A condividere questo pensiero si mette poi anche l’altro relatore S. Belardinelli, sociologo dell’Università di Bologna. Per lui la politica attuale non ha più il sostegno della filosofia né della religione. Atene e Gerusalemme si sono divise ma insieme periranno. Da come si svolge il dibattito, avanzo una mia considerazione secondo la quale per le persone di fede non c’è molto ottimismo. Meno male che viene a questo punto, la pausa caffè. Per poi, dopo pochi minuti, riprendere con un altro argomento che dire attuale è poco, anche se mai attuato: Come ridurre la spesa pubblica. Saranno in grado i relatori di convincerci che questo sia possibile? Vedremo. Modera con la consueta calma e capacità, di nuovo l’amico Galba. Ci prova a chiarire i dubbi per primo C. Stagnaro, direttore Ricerca e Studi dell’Istituto, B. Leoni. Si adopera, è vero, a chiarire il tema, con argomentazioni di tipo tecnico e poi anche politico, tutte valide e condivisibili almeno sul piano teorico, ma non convincenti del tutto. Tanto che la sua chiusura è quasi disarmante: per ridurre la spesa bisogna sapere che il mondo è cambiato, quindi bisogna cambiare l’Italia. Come? Non lo dice. Gli fa eco F. De Benedetti, direttore dell’Istituto Leoni il quale si presenta tanto magro e lungo che calzoni e giacca, anzi giacchetta, sembra che rivestivo a malapena…le ossa. Con una gran capigliatura bianco latte, scarmigliata che accentua la magrezza, parla quasi senza dire. Nel senso che conferma la relazione precedente, richiamandosi ad un fisco poco efficiente ed auspicando una sanità non gratuita per tutti coloro che hanno un certo ed alto reddito. Chiude con un pensiero non originalissimo: se non c’è concorrenza non ci può essere efficienza. Buona però la sua battuta finale. Nel futuro delle macchine entreranno a lavorare l’uomo ed il suo cane con il compito per quest’ultimo di impedire al suo padrone di toccare appunto la macchina. Subentra nel dibattito E. Somaini, economista. Propone la razionalizzazione dei servizi, la privatizzazione della scuola e dei trasporti pubblici. Infine cita la flat tax come eliminazione di certi benefici. Ma non convince. Da ultimo prende la parola P.L. Magnaschi direttore di “Italia oggi”. Come sempre il suo è un parlare chiaro e senza veli, diretto all’ obiettivo con l’intento di centrare il bersaglio. Non teorie ma fatti è la sua cifra per farsi capire. E la cosa gli riesce e come. Gli esempi che porta sono di quelli che lasciano il segno e suscitano applausi convinti. Dall’Ilva di Taranto, al mancato raddoppio dell’IEO a Milano, per poi citare il blocco dell’ingrandimento della Boccconi sempre a Milano, finisce col caso Alitalia che ha sospeso i voli con Pechino dopo che il 10% dei cinesi avevano espresso il desiderio di visitare l’Italia, portando valuta. Conclusione. Le cose hanno preso una tale piega che non c’è da preoccuparsi perché niente in Italia è sotto controllo, nonostante i giovani oggi siano molto preparati così come molti nostri imprenditori, ma questo in un paese strano e sindacalmente ingovernabile come il nostro, non basta. Arriviamo alla fine della giornata con gli ultimi interventi. L’argomento è: Difendere la proprietà, affidato a O. Giannino, giornalista molto noto. Modera l’avvocato ed amico A. Coppolino. Competente sul tema, lo introduce brevemente per poi dare la parola al relatore. Giannino parla, come sua abitudine a braccio, con un’alternanza di suoni lontani e vicini che diventano acuti e a volte anche striduli, causa anche la non sempre attenta posizione davanti al microfono che conferisce alla sua relazione un piacere nuovo, quella di un consumato attore che gioca a farsi capire anche attraverso il gioco di voce, la gesticolazione esuberante e, come dicevo, le oscillazioni di timbro. La sua relazione comunque è esemplare, sia per i principi condivisibili che per le argomentazioni chiare. In sintesi per lui la proprietà è un diritto naturale che nasce con l’uomo prima ancora della libertà. In quanto per proprietà non si deve intendere solo possesso di beni, ma “dominium” in fatto di idee, pensieri ed aspirazioni. Nel corso della storia, continua, il concetto di proprietà ha subito evoluzioni ed alternanze fino ad arrivare allo stato attuale, dove assistiamo ad un esproprio di questo diritto come si può ben vedere dalle occupazioni improprie degli immobili. Gratificati da questa relazione, si giunge quindi all’ultimo tema della lunga ed impegnativa giornata: L’età dei diritti affidato ad A. Celotto, professore di diritto costituzionale all’Università di Roma e scrittore. Cosa sono i diritti umani si chiede? Sono i classici diritti previsti dalla Costituzione, definiti da aggettivi che spaziano fra diritti fondamentali e diritti inviolabili? Magari fossero quelli. Oggi sui diritti bisogna metterci sopra la parola caos. Sia per le interpretazioni da parte della Corte Costituzionale o meglio delle varie Corti costituzionali esistenti in Europa che hanno allargato i cosiddetti diritti inviolabili, portandoli da quattro ad oltre settanta. Sia causa i nuovi diritti che nascono dall’uso di internet, in grado di modificare quelli preesistenti con il rischio di diffondere notizie false assieme ad offese diffamanti. Troppi diritti allora, è la sua magra conclusione, si trasformano in vuote parole come ebbe a dire una volta la sua domestica da lui interpellata. Ed il futuro? Semplice, ci penseranno gli automi. Bene con questa relazione finisce l’intensa giornata. Non si può dire, almeno per quel che mi riguarda, di avere le idee chiarissime specie su alcuni argomenti riguardanti ad es. il rapporto (spezzato) fra filosofia e teologia. Tante idee si sono succedute e con le idee tanti punti di vista. Ora deve subentrare una riflessione ed il tempo ci sarà d’aiuto. Tutto comunque è stato stimolante e per certi versi ci ha regalato, oltre all’apertura mentale verso nuovi orizzonti conoscitivi, anche il fascino del dubbio. Un fatto questo indubbiamente positivo perché, non so più chi la detto, sarà il dubbio a salvarci. Detto questo chiudo. A domani.

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