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Martedì, 23 Aprile 2024
Cultura

La migrazione: si fugge dalla miseria politica ed umana per finire in una realtà spesso peggiore

Dalla conferenza “Viaggi nel tempo” di Carmelo Sciascia alla Biblioteca comunale

Il Salone Monumentale della Biblioteca Passerini Landi a Piacenza ha ospitato l’interessante conversazione di Carmelo Sciascia sul tema “Viaggi nel tempo”, con considerazioni letterarie e paradossi filosofici sulla complessità del viaggio dell’uomo, dalla cacciata di Adamo ed Eva dall’Eden, ai barconi dei migranti che approdano culle coste italiane, in un susseguirsi di considerazioni letterarie e paradossi filosofici. L’oratore che Gaetano Rizzuto ha definito Piacentino di Sicilia, è figura di spicco della cultura piacentina e ben noto anche ai nostri lettori per i diversi suoi  articoli che abbiamo pubblicato.

L’originale “Viaggio” , accompagnato da alcune appropriate letture dell’attrice Tiziana Mezzadri, è stato introdotto da Roberto Laurenzano, presidente della Società “Dante Alighieri” della sede di Piacenza  che ha osservato come  oltre che l’aspetto filosofico di cui Sciascia è cultore e portatore (il “solipsismo”), la forza artistica pittorica, e di scrittore e giornalista, attraverso cui riesce efficacemente, a chi osserva o legge con l’occhio dell’animo,  ad esprimere aspetti amari, sovente tormentati nello spirito dell’artista, di una realtà esistenziale non sempre propriamente positiva. Ciò, tuttavia, non esime dal nutrire sapiente e spirituale speranza in migliori cammini attraverso cui il “suo” Viaggio si estrinseca.

Grazie alla disponibilità del dottor Sciascia, evitiamo il tranello di fornire una sintesi che per quanto oggettiva rimane sempre sommaria, per fornire in più articoli ampie parti del parlato integrale. La conversazione è iniziata con il riferimento a una serie di racconti di Leonardo Sciascia riuniti nel 1973 dall’editore Einaudi, con il titolo “Il Mare colore del vino”. Il mare ed il vino, due elementi naturali e primordiali che hanno tanto in comune. Nel piacere e nel dolore. Più nel dolore in questi ultimi tempi per il sangue delle migliaia di vittime che hanno visto nel Mediterraneo la loro fine: il mare, non come mezzo, strada per raggiungere una qualche parte, ma ultima meta dell’esistenza umana. Il libro “contiene un racconto titolato “Il lungo viaggio”, che narra la storia di una sconfitta. Una sconfitta come quelle subite dagli umili di verghiana memoria ne “I Malavoglia”. I personaggi de “Il Lungo viaggio” e dei Malavoglia hanno diverse affinità, sono della stessa estrazione sociale, hanno la stessa diffidenza verso il mare, hanno semplicemente e più d’ogni altra affinità, la stessa povertà. La vicenda narra di un gruppo di persone che partono dalla costa siciliana compresa tra Licata e Gela per recarsi in America, negli Stati Uniti, allora, dai primi del Novecento agli anni Cinquanta, meta agognata di tanti emigranti italiani. Dopo dieci giorni di navigazione, queste persone, convinte di essere arrivate a "Nuovaiorche," vengono sbarcati su un’altra costa isolana, sempre in Sicilia. È un racconto amaro, sarcastico, è la narrazione di una cocente delusione: il fallimento di un’aspettativa.

Gli emigranti sono stati presi in giro, non solo perché non sono andati in America, ma perché, cosa ancora più grave, sono rimasti in Sicilia. Un’analisi attenta avrebbe messo in risalto il fattore tragico di questo viaggio. Gli aspiranti emigranti sarebbero stati comunque presi in giro ugualmente dai fatti, anche se fossero sbarcati in America, perché, nella realtà avrebbero continuato a condurre la stessa vita che conducevano nell’isola prima di partire, una vita fatta di stenti, privazioni e rinunce. Come in realtà è successo veramente a molti connazionali emigrati all’estero e come succede con molti emigrati oggi.

Questo è uno dei paradossi dell’emigrazione di tutti i tempi, allora per gli Italiani, come oggi per gli emigranti di altre regioni africane e mediorientali. Si fugge dalla miseria politica ed umana per una meta messianica, una città ideale, una “civitas dei” che appunto perché divina, quindi immaginaria, è esclusa agli uomini e ci si imbatte in un’altra realtà, spesso misera come, se non ancora peggiore, di quella che si era lasciata alle spalle. Oggi l’attesa di tanti profughi s’infrange nella triste realtà dei campi di prima accoglienza, realtà sicuramente peggiore delle loro tribù di provenienza, anche perché questi campi sono destinati spesso a trasformarsi in dimore a lungo termine. Oppure, nel migliore dei casi, ospitati in strutture dove sono costretti all’inoperosità. E sappiamo che il cosiddetto "dolce far nulla" non è una condizione ottimale per nessuno, perché conduce all’apatia, alla sfiducia, alla mancanza di senso, di vuoto, all’inutilità dell’esistenza (negativo, questo amaro “dolce far nulla” tanto per gli emigranti quanto per le popolazioni autoctone).

I migranti lasciano tutto: casa, famiglia, terra per una prospettiva ignota. Nell’attesa di un futuro, spesso si rifugiano nel passato, nel loro passato. Alimentano le speranze nutrendosi di nostalgia. È comunque prendere coscienza del passato per usare l’esperienza vissuta come una leva per andare avanti. I Siciliani nel racconto “Il lungo viaggio” di Leonardo Sciascia idealizzano l’America (Lamerica), l’emigrazione, il viaggio come risoluzione dei problemi che assillavano il contadino che tutto s’era venduto per pagarsi il viaggio. La tendenza ad esaltare realtà lontane era ed è una costante del viaggio, allora come ora. Il sogno, il miraggio dell’Eldorado. Per Marco Polo, per i Conquistadores, per l’Islam o per i Crociati. Sì l’Eldorado può essere anche la terra promessa o il paradiso, la ricchezza terrena o la felicità eterna dell’aldilà. “Il marinaio siciliano altro non è che il contadino costretto al mare per necessità”. Al mare per necessità si offrono i profughi africani oggi. Attraverso il deserto prima ed il mare dopo, scoprono il viaggio.

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