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Cultura

Nelle cellule i meccanismi della longevità: stress e correlazioni neuroendocrine

L’intervento della dottoressa Rosanna Cesena alla XXV giornata mondiale della Salute Mentale

L’Auditorium di via Sant’Eufemia ha ospitato l’edizione piacentina della  XXV Giornata mondiale della Salute Mentale, organizzata con l’obiettivo di diffondere in contesti sociali più ampi, la prevenzione e la conoscenza dei sintomi, dei  disturbi e delle patologie psichiche con particolare riferimento  alle problematiche che si riscontrano in ambito lavorativo del quale abbiamo già fornito ampio riassunto nei precedenti articoli per i quali ricordiamo i link di accesso diretto a fondo pagina. Ospitiamo oggi la sintesi dell’intervento della dott. Rosanna Cesena, medico esperto in comunicazione scientifica.

Tra le varianti genetiche che possono favorire la longevità, vi sono anche quelle che regolano i telomeri, le strutture di protezione del DNA, alla cui lunghezza sembrano strettamente collegati i processi di invecchiamento. Ricerche recenti hanno dimostrato che vari fattori, quali ad esempio lo stress, possono portare all'accorciamento dei telomeri, oggetto di importanti studi che hanno fatto conseguire a Elizabeth Helen Blackburn, Jack W. Szostak ed  Carol W. Greider il  meritato il premio Nobel per la Medicina, nel 2009. Una ricerca successiva di E. Blackburn, presso l'Università di San Francisco, ha suscitato particolare interesse perché dimostra che lo stress cronico influenza i processi di invecchiamento, proprio favorendo una riduzione dei telomeri, questi sono il cappuccio protettivo collocato al termine dei cromosomi, che servono a proteggere, a mantenere integro il DNA, evitando che possa modificarsi nella duplicazione cellulare. Esiste un enzima, chiamato telomerasi, scoperto nel 1985 all'Università di Berkeley, che impedisce l'accorciamento dei telomeri, perché duplica alcune sequenze di DNA e le aggiunge alla fine dei cromosomi, evitando che essi si accorcino troppo. In assenza di attività telomerasica, i telomeri dei cromosomi delle cellule in attività proliferativa, si accorciano progressivamente.  Depressione e stress, quindi, causano invecchiamento precoce e incidono profondamente sulla durata della vita.  I ricercatori della Indiana  University School of Medicine  e dello Scripps Research Institute  sono riusciti ad  identificare  una serie di geni  che sembrano controllare l'impatto  delle risposte alla stabilità  all'umore  e stress sulla longevità. I test sull'uomo hanno portato alla luce 347 geni associati a sintomi  depressivi  e le analisi del sangue hanno rilevato una maggiore attività del gene ANK 3  nelle  persone  anziane  o con grave depressione.

Si devono al Medico austriaco Hans Selye (1907-1992), le prime sistematiche descrizioni  degli eventi stressanti: uno stress fisiologico (eustress), funzionale all'incremento della capacità di adattamento del soggetto di fronte a mutamenti ambientali ed uno stress patologico  (distress), che provoca l'annientamento  dell'individuo, il quale soccombe al mutamento. Lo stress fisiologico attiva una risposta  facilmente reversibile e non quantitativamente eccessiva; lo stress patologico, invece, induce una risposta irreversibile, in quanto sproporzionata e troppo prolungata nel tempo,  rispetto alle effettive risorse dell'organismo atte a sostenerlo. Selye dimostrò che qualunque stressors, cioè il fattore che induce stress, attiva una risposta fisiologica, ben determinata, stereotipata e costante di tipo neuroendocrino e si traduce nella pronta attivazione dell'asse ipotalamo-ipofisi-surrene. Mentre in condizioni normali di non stress, l'attività dell'asse HPA è organizzata in forme di oscillazioni periodiche che descrivono un ritmo circadiano, in condizioni di stress, si verifica una ulteriore attivazione del sistema che inizia con il riconoscimento dello stimolo (fisico, psicosociale, lavorativo o metabolico), nel sistema nervoso centrale. L'attivazione dell'asse ipotalamo ipofisi surrene si manifesta attraverso un aumento degli ormoni surrenalici (cortisolo, adrenalina e noradrenalina) in circolo e le loro specifiche azioni.

E' sempre a Selye che si deve la teoria della: “Sindrome generale di adattamento o General Adaptation Syndrome” che si sviluppa attraverso tre fasi successive: di allarme, resistenza ed esaurimento. Nella fase di allarme, si mobilitano le energie difensive, con produzione di adrenalina e conseguente aumento della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa, diminuzione della secrezione salivare, ma anche aumento di cortisolo e noradrenalina (pari anche 10 volte il normale) e produzione di betaendorfine, antidolorifici naturali che innalzano la soglia del dolore, permettendo di sopportare meglio traumi, sforzi e tensioni emotive. Se il fattore stressante persiste, l'organismo entra nella fase di resistenza, nella quale si produce il massimo sforzo in termini di attivazione neuroendocrina per far fronte alla rottura dell'equilibrio omeostatico comportato, con importanti variazioni di diversi neurotrasmettitori. Anche la serotonina  (5-idrossitriptamina) partecipa a questa fase dello stress; tale neurotrasmettitore è coinvolto nella regolazione dell'umore e nel ritmo sonno-veglia e una deplezione dei livelli di serotonina, nello stress, si accompagna a disturbi dell'umore e del sonno (insonnia). La fase di resistenza si caratterizza anche con la sovrapproduzione di cortisolo che causa indebolimento delle difese immunitarie, che, nel lungo periodo, rende molto più probabile l'attecchimento di molte malattie virali, batteriche e forse autoimmuni. La principale azione del cortisolo consiste nell'indurre un aumento della glicemia, ottenuto stimolando la gluconeogenesi epatica, ma è anche la causa della sindrome di Cushing, che ha come sintomi: stanchezza, osteoporosi, iperglicemia, diabete mellito tipo II e aumento della pressione arteriosa.

Nelle situazioni di emergenza (emorragie, ipotermia, ipoglicemia, ustioni, sforzo fisico intenso e prolungato), si verifica un aumento della liberazione di catecolamine (adrenalina e noradrenalina), ma la midollare del surrene è particolarmente attivata nelle condizioni di stress emozionali ed in tali situazioni la secrezione aumenta anche oltre 10 volte il lavoro a riposo.

Il rilascio di adrenalina è stimolato da forti emozioni, in particolare, la paura e, in generale, in quelle situazioni dove sia prevedibile la necessità di una fuga, un combattimento, o, comunque, una aumentata attività fisica. A livello sistemico, i suoi effetti comprendono: dilatazione dei bronchi, aumento della frequenza cardiaca, del volume sistolico e della gittata cardiaca. L'adrenalina, oltre che nella parte midollare del surrene, viene liberata anche a livello delle sinapsi del sistema nervoso centrale dove svolge un ruolo di neurotrasmettitore, anche se il locus coeruleus è il principale luogo di produzione. Nella fase di esaurimento si assiste alla comparsa di malattie da adattamento, rappresentate da forme psicosomatiche, come il diabete e l'ipertensione arteriosa. Gli ormoni surrenalici, secreti direttamente nel sangue, collaborano con il sistema nervoso simpatico allo scopo di stimolare l'organismo in caso di stress o necessità. Quando la stimolazione del sistema nervoso simpatico, non è sufficiente, intervengono le surrenali, in quanto, l'azione del simpatico è lenta, mentre quella delle surrenali è veloce. Il doppio meccanismo surrene-simpatico, costituisce un fattore di sicurezza reciproca nel caso in cui uno dei due venisse a mancare: superlavoro, stress emozionali o sentimentali, stanchezza, o malattie in genere. Lo stress cronico, l'esposizione continua ad una fonte di stress e l'attivazione ripetuta della risposta fisiologica sono direttamente correlati all'insorgenza di disturbi  cardiovascolari, come l'ipertensione arteriosa, l'ischemia e l'infarto.

Riferimenti:

- https://www.ilpiacenza.it/eventi/salute-mentale-sul-posto-di-lavoro-ansia-e-depressione-sono-i-disturbi-principali.html

- https://www.ilpiacenza.it/cultura/il-disagio-psicologico-nel-contesto-lavorativo.html

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