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Cultura

Storia, miti e leggende piacentine in una conversazione di Archistorica alla Dante Alighieri

Sul passato della nostra città tanto si è studiato e molto è stato scoperto, ma esistono ancora avvenimenti e luoghi pervasi da un alone di mistero, narrati o mitizzati dalla tradizione che la storia ufficiale non riconosce, ma nemmeno è in grado di escludere con certezza, perché alcune vicende pur favoleggiate hanno nessi comuni con fatti sicuramente accaduti. E proprio le leggende e i misteri concatenati a eventi storicamente certi di Piacenza, sono stati l’argomento di trattazione dell’architetto Manrico Bissi e del grafico Cristian Boiardi, anime con l’architetto Francesca Malvicini e la sociologa Susanna Agosti, dell’associazione culturale Archistorica impegnata con grande merito e ottimi risultati nella riscoperta del patrimonio culturale italiano, con particolare attenzione al contesto di Piacenza e provincia.

Di questi giorni è la conversazione tenuta da Bissi e Boiardi, in occasione delle manifestazioni per la giornata nazionale della Dante Alighieri, organizzata dal Comitato piacentino presieduto dal dottor Roberto Laurenzano, alla quale ha corrisposto interesse e partecipazione di pubblico. Tra il corposo dossier di Archistorica che raccoglie i temi più originali e inconsueti del nostro patrimonio storico, archeologico, architettonico-urbanistico e paesaggistico, i relatori hanno illustrato il vitello dalla morfologia anomala trovato nel 64 d.C., fatto che secondo -l’interpretazione degli aruspici – predisse la congiura dei Pisoni; la plausibilità della nomina a “Papa per un giorno” (1276) del piacentino Vicedomino de Vicedomini; i sotterranei di Piacenza: canali, gallerie e passaggi. E ancora: la “piacentinità” del fondatore dei Templari, Placentinulo il troiano che fondò la nostra città e l”Atlantide” di Piacenza. Oltre ai temi che abbiamo accennato, i relatori hanno raccontato con capacità discorsiva e padronanza della materia, chiarendo i legami tra livello mitico e livello storico, la storia di due chiese piacentine scomparse da secoli: santa Maria de Biguli dal nome di una delle famiglie che aveva contribuito all’edificazione e che unitamente al convento di San Bartolomeo, sorgeva sull’area dove a partire dal 1281 si inizio a costruire Palazzo Gotico e l’attuale piazza Cavalli. I Piacentini fecero voto di ricostruire il tempio, ma solo quasi due secoli dopo tennero fede alla promessa acquistando e demolendo alcune case già appartenenti ai conti Rossi, nella quale era alloggiato un postribolo; ne estromisero le donne edificando un nuovo tempio che fu parimenti dedicato alla Madonna che nel 1508 passò ai frati detti Serviti che vi rimasero sino alla soppressione di chiesa e convento ad opera di Napoleone.

A corollario del fatto storico sta la leggenda che racconta di una dama che in una sera di nebbia si era smarrita dove è oggi l’inizio di via Mazzini; già in preda alla disperazione si era rincuorata vedendo la luce di una casa: ne stava varcando la soglia quando fu assalita da una moltitudine di mosche che la costrinsero a indietreggiare. Ripreso l’orientamento poté ritornare alla propria abitazione. La porta che non aveva varcato era quella del postribolo...; grata e riconoscente la dama si adoperò per far sfrattare le “turpi femmine”  facendo poi costruire la nuova chiesa dedicata alla Madonna di Piazza o Santa Maria delle Grazie.

La storia vuole che sulla facciata si scolpirono due distici in latino, poi trasferiti al museo civico, che tradotti in italiano recitano “Nel 1468 fu ricostruita la Chiesa della Vergine dei Bigoli sepolta nella Piazza per quasi duecento anni, ecco io, che sono stata immonda stanza di vizi, cambiato nome, sono chiamata casa della Vergine”.

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