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Economia

Agricoltura convenzionale o biologica? Forse è meglio quella sostenibile

Per fare chiarezza sulle diverse forme di agricoltura (citate una ventina), Alsaf (Ass. laureati in scienze agrarie e forestali di Piacenza), ha organizzato un partecipato incontro all'agriturismo "La foce del Trebbia"

Agricoltura o agricoltura biologica? La prima utilizza prodotti di sintesi per contrastare le patologie vegetali e gli insetti dannosi ed ha garantito, dai primi del ‘900 e soprattutto dal primo Dopoguerra, il cibo alle popolazioni. La seconda che non utilizza la chimica, bensì altre metodiche di lotta, sta conoscendo un vero e proprio boom; gli ettari investiti sono costantemente in crescita ed i prodotti sempre più richiesti dai mercati. Ma è più costosa, prevede la rigorosa adesione a precisi Disciplinari di produzione ed è oggetto di controlli da parte di Enti certificatori.

Esiste però una terza via che sta prendendo piede ed è il frutto di attenti e rigorosi studi scientifici, soprattutto presso le Università, tra cui la Facoltà di Scienze agrarie, alimentari ed ambientali di Piacenza: è la “convenzionale” conservativa o sostenibile che utilizza tutta la tecnologia, ma con la massima attenzione alla sostenibilità. Per fare chiarezza sulle diverse forme di agricoltura (citate una ventina), Alsaf (Ass. laureati in scienze agrarie e forestali di Piacenza), ha organizzato un partecipato incontro presso l’agriturismo “La foce del Trebbia”, nel corso del quale sono state dibattute le diverse problematiche connesse ai differenti metodi di coltivazione, un convegno che se non ha prodotto una precisa conclusione a favore di una metodica o piuttosto di un’altra, ha sicuramente concorso a fare più chiarezza e porre le basi per successivi approfondimenti, anche di carattere economico.

Dopo i saluti e l’introduzione del presidente Alsaf Giuseppe Bertoni, ha preso la parola Vincenzo Tabaglio docente della Cattolica che ha trattato delle varie tipologie di agricoltura. Ha ricordato che quella utilizzata fino ad ora, ha generato una diminuzione delle rese, perdita della fertilità del suolo, ridotto la biodiversità, contaminato le falde, degradato l’habitat e da qui la necessità di rivedere i vecchi schemi di agricoltura industriale.

Quella biologica è crescita del 20% nel 2015 e del 19% quest’anno; vale 2,1 miliardi, coinvolge 50.000 aziende per l’11% della SAU. Non sembra dunque più un’agricoltura di nicchia e sembra proseguire la sua corsa. Ma l’import è ben superiore all’export e quindi crea sbilancio. Tra questi due “estremi” ne esiste una “sostenibile” che nasce da una revisione dei processi agricoli per farne una di qualità e quantità tradizionale, con conservazione dell’ambiente e dell’eco-sistema. “E’ dunque necessario- ha detto- pensare per sistemi e non per singole operazioni, un vero e proprio compito etico dell’agronomo. La terra non è in pericolo….lo è l’uomo! Per questo bisogna puntare su un’agricoltura conservativa”.

Marco Trevisan ha evidenziato le comparazioni di impatto ambientale tra convenzionale e biologico, per emissioni di gas serra, biodiversità, qualità del suolo, dell’aria, dell’acqua e del paesaggio. “Bene l’agricoltura intensiva sostenibile, per esempio utilizzare un prodotto più volte, un’economia quasi circolare. Bisogna sempre chiedersi gli obiettivi e valutare l’impatto. L’agricoltura bio determina più sostanza organica nei terreni, c’è meno perdita di nutrienti, ma maggior utilizzo del suolo. Per latte, carne e cereali ha miglior impatto di quella convenzionale. 

Il biologico aumenta la biodiversità. Ma - ha concluso - bisogna prestare la massima attenzione a come si presentano i numeri per non influenzare il consumatore”. La dott. Alessandra Lazzari dell’azienda biologica e fattoria didattica di Ca’ de Alemanni (Cr), ha parlato della sua esperienza di agronoma da 17 anni.  “La convenzionale è in crisi, quella bio no; anzi le industrie di trasformazione (Granarolo, Soresina ecc) richiedono sempre più latte bio, “ma per fare biologico non bastano le motivazioni economiche; bisogna avere voglia di fare qualcosa di diverso, ti senti responsabile di un territorio e di un ambiente; non presuppone meccanicismi, ma capacità, esperienza e duttilità di gestione. Ma i produttori devono fare sistema, mettersi insieme per aumentare il loro valore aggiunto. Mancano alimenti bio per il bestiame e quindi bisogna sovente acquistare all’estero, con costi di produzione elevati. E’dunque necessario creare reti di produttori locali con produzioni bio a cui forniamo il letame. E soprattutto bisogna diminuire la burocrazia”. “Il paesaggio- ha precisato il prof. Ettore Capri della Cattolica - è un prodotto dell’agricoltura; uno sviluppo sostenibile deve avere al centro un’analisi del rischio. Il paesaggio è in perenne disequilibrio ed evolve; i paesaggi agricoli sono belli proprio perché modificati dall’uomo. Pensiamo alle Langhe ma anche ad un semplice campo di mais nella pianura. La società è cresciuta grazie all’agricoltura; il nostro è un paesaggio funzionale ed eco-sostenibile. L’agricoltura lo è sempre stata: non lo è più, quando si perde la conoscenza delle buone pratiche per il benessere delle piante e degli animali.  Il biologico cambia il paesaggio esattamente come le altre pratiche agricole che devono essere sostenibili dando valore ai professionisti, facendo rete, basandosi sulla tracciabilità e sulla trasparenza”.

Sono seguite le comunicazioni della dott. Cristina Reguzzi dottore di ricerca della Cattolica (il biologico è un metodo di produzione complesso ed articolato per il quale è necessaria una strategia), della dott. Enrica Gobbi di Coldiretti Piacenza (il biologico è una grande opportunità per collina e montagna ed è un po’ più complicato per la pianura), e del dott.Zedda responsabile di Confagricoltura Emilia- Romagna per l’agricoltura biologica  che ha parlato di  “un mercato in forte crescita; il consumatore apprezza soprattutto le valenze ambientali e la qualità ed è disposto a spendere di più. Si spuntano prezzi molto più alti (il pomodoro da industria 130 Euro contro 83 di quest’anno), ma è necessario accompagnare la crescita della parte agricola orientandola al mercato, basandosi su ricerca, formazione ed assistenza tecnica”.

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