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Venerdì, 29 Marzo 2024
Economia

«Bene l'etichettatura obbligatoria d'origine ma per i salumi Dop piacentini c'è dal 1992»

Soddisfazione anche nel Consorzio salumi Dop piacentini per l’accordo raggiunto in Conferenza Stato-Regioni sul decreto che introduce l'indicazione della provenienza per le carni suine trasformate

Soddisfazione anche nel Consorzio salumi Dop piacentini per l’accordo raggiunto in Conferenza Stato-Regioni sul decreto che introduce l'indicazione della provenienza per le carni suine trasformate. Il provvedimento prevede  che i produttori indichino in maniera leggibile sulle etichette le informazioni relative a: "Paese di nascita: (nome del paese di nascita degli animali); "Paese di allevamento: (nome del paese di allevamento degli animali); "Paese di macellazione: (nome del paese in cui sono stati macellati gli animali). Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati nello stesso paese, l'indicazione dell'origine può apparire nella forma: "Origine: (nome del paese)". La dicitura "100% italiano" è utilizzabile solo quando ricorrano le condizioni del presente comma e la carne è proveniente da suini nati, allevati, macellati e trasformati in Italia. Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati in uno o più Stati membri dell'Unione europea o extra europea, l'indicazione dell'origine può apparire nella forma: "Origine: UE", "Origine: extra UE", "Origine: Ue e extra UE"».

robertobelli-3«Quando si va nella direzione della trasparenza - commenta il direttore del Consorzio Roberto Belli - a tutela dei consumator,i non possiamo che essere soddisfatt,i ma è opportuno ricordare che per i salumi Dop piacentini la garanzia di origine estesa a tutta la filiera è in vigore dal 1992, ovvero da quando coppa, salame e pancetta hanno ottenuto dalla Ue il marchio Dop, il più alto riconoscimento grazie al quale,  attraverso la regolamentazione delle DOP, i prodotti alimentari sono divenuti facilmente riconoscibili da parte del consumatore, grazie all'apposizione dei marchi europei di identificazione. Per potersi fregiare di questo marchio (Piacenza è l’unica in Europa che può vantare questo riconoscimento di tre dei suoi salumi), i prodotti alimentari devono seguire un preciso e rigido iter di riconoscimento a livello prima nazionale e successivamente europei. Prima di essere immessi sul mercato devono essere sottoposti a severi controlli da parte degli Enti di Certificazione, che operano sotto la sorveglianza del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali (MIPAAF)».

«Dobbiamo inoltre ricordare che, per la produzione dei tre salumi piacentini DOP, devono essere esclusivamente utilizzate parti di suini provenienti dal territorio delle regioni Emilia Romagna e Lombardia. La zona di produzione è, invece, circoscritta alla sola provincia di Piacenza ad un'altitudine massima di 900 metri sul livello del mare». I tre salumi piacentini per eccellenza si distinguono per la rigorosa scelta della materia prima che deve essere di qualità e sfruttare soltanto le parti del maiale previste dal Disciplinare. E poi c’è la stagionatura: per la coppa ad esempio, il minimo, contrariamente ad altri prodotti similari, è di sei mesi, ma da tempo molti dei nostri salumifici la stagionano almeno otto mesi. Insomma totale trasparenza per tutta la filiera produttiva fino agli scaffali dei supermercati, nelle macellerie, nelle salumerie o nei ristoranti o trattore dove si consuma.

Il Consorzio si avvale inoltre di un ispettore che controlla i prodotti Dop del Consorzio in tutta Italia ed anche all’estero. Il consumatore sa bene cosa gusta e lo dimostra la crescente percentuale di vendite che ha contraddistinto l’attività del Consorzio. In questo momento preoccupa però il forte aumento dei prezzi della materia prima, una crescita sembra destinata a durare nel tempo, con un aggravio di costi produttivi che alla fine si dovrà in parte riversare anche sul consumatore finale, anche se nella filiera si sta cercando di discutere su come calmierare il prezzo.

La causa? La peste suina. Dall’agosto 2018, quando la Cina ha notificato all’Organizzazione mondiale per la salute animale che l’Asf era presente nel paese, la malattia si è diffusa con una velocità straordinaria. Circa il 40% dei maiali cinesi – centinaia di milioni di animali – è stato perso, e il risultato è stato una carenza cronica di carne suina e prezzi altissimi. Il prezzo alla produzione è aumentato del 125% . Il cinese medio consuma circa 30 kg di carne di maiale. Pertanto le importazioni di carne di maiale in Cina sono aumentate vertiginosamente ed i prezzi della carne suina stanno aumentando anche fuori dalla Cina. «Certo - commenta Belli - siamo contenti per i produttori, ma c’è il rischio concreto che in caso di prezzi troppo elevati una parte dei salumifici chiuda ed allora, superata l’emergenza, a chi venderanno la carne gli allevatori? Dal 2019 ad oggi i costi per produrre la pancetta (ovviamente sempre secondo il Disciplinare  delle Dop) sono aumentati dell’80% e quelli della coppa del 30%. Per poter continuare a garantire al consumatore la nostra indiscussa ed unica qualità, sono pertanto necessari- conclude Belli- accordi di filiera che garantiscano le giuste remunerazioni a chi ne fa parte, perché solo lavorando in squadra si possono raggiungere e mantenere i risultati». 

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