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Economia

Confagricoltura Piacenza lavora ad una filiera corilicola piacentina

Gruppo in visita ai noccioleti delle Lange. Interesse per il Progetto Nocciola Italia lanciato da Ferrero

Potrebbe partire anche sul territorio piacentino una vera e propria filiera corilicola? L’interesse sembra esserci e per rispondere alle esigenze dei propri associati Confagricoltura Piacenza, che a luglio scorso aveva organizzato un incontro con i referenti di Ferrero per illustrare il Progetto Nocciola Italia, il 3 settembre ha accompagnato un gruppo di potenziali coltivatori in visita ad alcuni noccioleti in provincia di Cuneo. La mattinata è iniziata con il sopralluogo presso lo stabilimento di raccolta e sgusciatura di Ascopiemonte, ad Alba, per poi proseguire in campo guidati da Giovanni Marchesi, agronomo e responsabile dei Servizi Tecnici di Confagricoltura Piacenza, con i professionisti della Ferrero e il dottor Sergio Tombesi dell’Università Cattolica di Piacenza. “Le considerazioni affrontate e che meriteranno ulteriori approfondimenti sono diverse – spiega Marchesi – dalla scelta delle varietà, al sesto d’impianto, alla tipologia di potatura, tutto è vincolato alla caratteristica dei terreni, all’altitudine e alla disponibilità d’acqua. Per il nocciolo, come per tutte le altre specie frutticole, non è possibile adottare una distanza di impianto fissa, standardizzata. Un errore nella scelta del sesto d’impianto e della forma di allevamento potrebbe condizionare sensibilmente l’intero ciclo vegetativo e produttivo della pianta”. I noccioleti visitati hanno dato modo di vedere tipologie diverse di allevamento.  I nuovi impianti – hanno spiegato gli esperti – tendono a considerare le necessità di meccanizzazione lasciando interfile abbastanza ampie, mentre sulla fila si pensa ad intensificare per portare il noccioleto ad essere produttivo in un lasso di tempo più breve e con una curva di accrescimento più rapida, eventualmente diradando le piante negli anni successivi. Non banale neppure la scelta del sistema d’impianto: ad alberello facilita al massimo la meccanizzazione, ma presenta alcuni altri svantaggi, quello a cespuglio limita notevolmente gli interventi meccanici richiedendo una potatura manuale. Il sistema policaule è caratteristico dei noccioleti coltivati in Piemonte, con la scelta di 5-6 rami produttivi: diffuso in particolar modo nell’Alta Langa, potrebbe essere indicato anche sulle nostre colline dove le nevicate che superano i 50 centimetri risulterebbero rischiose per piante meno flessibili. Quello a vaso cespugliato è invece un sistema di allevamento molto interessante per le zone più pianeggianti e che il gruppo ha potuto visionare. Questo è un sistema impalcato all’altezza 30-40 cm dal terreno e permette l’installazione di impianti di irrigazione, a differenza dell’allevamento a cespuglio, consente di effettuare facilmente le operazioni di spollonatura e di pulizia alla base della pianta. L’astone messo a dimora in autunno viene capitozzato a 30-40 centimetri; l’anno successivo, scelti 4-5 rami vigorosi opportunamente orientati, si dà forma al vaso. Il vaso cespugliato è il sistema di allevamento che fa coesistere le esigenze di sviluppo vegetativo delle piante con quelle tecniche operative dell’agricoltore. “Gli aspetti agronomici andranno affrontati collateralmente a quelli gestionali e organizzativi - spiega Marchesi – perché un noccioleto impiega 5 anni prima di essere produttivo, ha una vita di 25-30 anni prima di dover essere rinnovato e richiede, per garantire buone rese, un’estensione tale da giustificare l’intervento meccanizzato. L’aggregazione dei produttori, una buona pianificazione degli investimenti – conclude Marchesi – sono altri delicati passaggi che affronteremo con il gruppo. A breve organizzeremo ulteriori incontri”.

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