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Martedì, 16 Aprile 2024
Economia

Crisi d’azienda e fallimenti, i nuovi strumenti per evitarli

Convegno di Confindustria con alcuni relatori del decreto che cambierà il modo di combattere le crisi di insolvenza grazie a un’allerta preventiva che tuteli il creditore e la stessa impresa. I fallimenti provocano crediti per 161 miliardi, ma lo Stato recupera solo l’1,5%

Un sistema di allerta preventivo che sia in grado di cogliere i segnali di una crisi aziendale in tempo. Un’allerta che potrebbe evitare la successiva crisi di insolvenza e, quindi, indirizzare l’impresa verso la strada del concordato o del fallimento. E’ il cuore del convegno che si è svolto il 10 marzo, al Collegio Alberoni, organizzato da Confindustria Piacenza che ha presentato - per la prima volta in Italia - la bozza di decreto attuativo che renderà operativa la legge delega sui fallimenti del 30 ottobre 2017 numero 155. Una novità che potrà evitare a tante aziende di morire e allo Stato di recuperare un po’ di soldi. Basti pensare che, in Italia, il credito dei fallimenti ammonta a 161 miliardi e, secondo i dati dell’Agenzia Entrate, lo Stato recupera solo l’1,5%.

Tra i relatori anche due membri della Commissione del governo: Renato Rordorf, già presidente aggiunto della Corte di cassazione, e il sostituto procuratore della Repubblica di Piacenza, Roberto Fontana. Il tavolo è stato moderato dal giornalista del Sole 24 Ore, Giovanni Negri. Al convegno, presenti anche i due neo parlamentari della Lega, Elena Murelli e Pietro Pisani.

RORDORF - Il presidente della Commissione che ha studiato i decreti delegati ha spiegato che «questa seconda Commissione ha avuto un tempo breve, perché il governo si augurava di arrivare a una definizione prima della fine della legislatura. Abbiamo lavorato sodo e sono uscite due bozze. Una composta di 400 articoli, che regola la legge sul fallimento e sul sovraindebitamento, la seconda che regola la disciplina delle società. La legge sui fallimenti del 1942 era datata. Negli anni sono state fatte tante modifiche, ma questa sarà organica, sistematica e darà le linee guida. Si è voluto creare un’isola di ordine nel fiume del caos.». L’intento è quello di coordinare la disciplina dei fallimenti, la bancarotta, e altre normative che «oggi non dialogano fra loro. Occorre anche coordinare coordinare la disciplina fallimentare costruita sulla crisi dell’imprenditore e il Codice civile che si occupa della società in bonis (che non hanno problemi di pagamento, ndr)». Ogni legge, ha continuato, deve soddisfare l’esigenza di tutelare i creditori e anche i diritti dei debitori. Per questi ultimi, è cambiato il modo di considerarli «perché il fine ultimo è quello del salvataggio dell’impresa. L’imprenditore non deve essere “marchiato” se la sua impresa è incappata in una crisi. E’ un’esigenza sentita anche in Ue dove si parla di “rescue culture”. Certo l’impresa ava salvata, ma questo non deve andare a scapito dei creditori. E la prevenzione, fissata dalla riforma, deve diventare uno strumento terapeutico, prima che la crisi diventi irreversibile». Strumenti di allerta e composizione assistita della crisi sono gli obiettivi «ma la loro realizzazione richiede anche un cambio di approccio culturale dell’impresa, della società e della giustizia. La prevenzione va vista come un supporto e non, come per alcuni, il preambolo il fallimento o la perdita di controllo della propria azienda. Insomma, non bisogna aver paura di far emergere la crisi proprio per combattere la stessa crisi».

FONTANA - Ritenuto uno dei maggiori esperti italiani di procedure fallimentar, Fontana (che alla fine del mese sarà trasferito a Milano e andrà a far parte del pool che si occuperà dei reati economici e finanziari) ha ricordato che «già nel 2003 o 2004 ci gu un tentativo per far emergere subito le insolvenze, ma la norme venne vista come un’ingerenza dello Stato nell’economia. I fatti, però, hanno dimostrato il contrario: l’insolvenza pesava sulla funzionalità delle imprese. Oggi, il tema dell’alert, cioè dell’emersione tempestiva dell’insolvenza, si pone a livello europeo». Oggi l’80% dei concordati sono liquidatori, cioè trattano di aziende morte. Nessuno recupera i crediti in queste condizioni.

Le imprese hanno poi capito che questo tema le toccava da vicino. «Questa soluzione normativa - ha proseguito Fontana - è equilibrata. Ci sono soluzioni flessibili. Il decreto non indica gli aspetti specifici come gli indicatori della crisi (quelli li stabiliranno i commercialisti), ma dà le linee guida, chiede un aggiornamento triennale e istituisce un osservatorio permanente per monitore l’efficacia dei nuovi strumenti». Imprenditore e sindaco avranno un ruolo centrale nella crisi d’impresa. «Dovranno capire - ha sottolineato - qual è la prospettiva per prevenire crisi e insolvenza. E questo è un obbligo. Prevenire l’insolvenza evitare effetti negativi anche nell’ottica della tenuta del sistema e della finanza pubblica».

«La segnalazione che parte dall’interno dell’impresa è l’aspetto più importante dell’obbligo di segnalazione». Se la segnalazione sarà tempestiva, il sindaco, o i sindaci, eviterà responsabilità. Il sindaco deve capire cosa accadrà, con la previsione, l’anno successivo, dovrà prevedere i flussi di cassa che consentiranno i pagamenti nei successivi sei mesi. «L’imprenditore - ha chiosato Fontana - avrà sempre l’obbligo di attivarsi. E gli strumenti sono la negoziazione, gli organi di composizione della crisi». Altrimenti ricadrà nel circolo perverso del concordato o del fallimento (liquidazione giudiziale). «Se l’azienda resta inerte si avvierà di nuovo l’azione di responsabilità con l’attivazione della magistratura» ha ricordato Fontana. Ma questa dovrà essere l’estrema ratio, altrimenti il sistema non cambierà mai.

GLI INDUSTRIALI - A portare i saluti è stato Alberto Rota, presidente di Confindustria. «Gli strumenti per la lotta all’insolvenza andavano aggiornati - ha detto - e questo decreto, oltre alla tutela del credito, mostra la volontà di salvaguardare l’impresa e di aiutarla ad andare avanti. E’ un tassello innovativo che dà anche più competitività. Ci sono alcune storture, ma mi auguro vengano corrette. La fase preventiva di allerta è fondamentale per evitare ritardi e problemi più grandi. Dobbiamo tutelare le piccole imprese e ci auguriamo che non ci sia un aggravio di burocrazia. Sarà importante lavorare insieme, aziende e professionisti. Piacenza, da tempo, ha avviato “Progetto rilancio” proprio per aiutare le imprese che hanno incontrato difficoltà a riprendersi, perché una soluzione si può sempre trovare».

I COMMERCIALISTI - Marco Dallagiovanna, presidente dell’ordine dei commercialisti ha affermato «che la riforma è un tema fondamentale per il sistema Paese. E’ vero che c’è un calo delle procedure concorsuali e dei fallimenti, ma uno strumento del genere ci consentirà di lavorare meglio. Per i commercialisti e i contabili è un momento importante».

Assente Antonio Matonti, direttore Affari legislativi di Confindustria e componente della Commissione, sono poi seguiti gli interventi sugli Indicatori della crisi: i doveri degli amministratori e dei sindaci (aspetti giuridici) di Ivan Demuro, professore di Diritto commerciale Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza e di Fabrizio Maiocchi, dell’Ordine dei commercialisti, che ha parlato degli “Strumenti di alert, esperienze e modelli (aspetti aziendalistici)”.

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