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Da Cleopatra a Rossini come Master Chef: personaggi storici in cucina

Oggi la cucina fa audience in tv, ma in passato la fama di molti personaggi si è spesso legata a un piatto. Cleopatra fu una cuoca raffinatissima, e Alessandro Dumas stese di suo pugno tutte le duemila pagine del "Gran Dictionnaire de la Cusine"

In passato la fama di molti personaggi si è spesso legata a un piatto. Bismarck è ricordato per la bistecca con sopra un uovo al burro che apprezzava come gran parte dei cibi, ma non l’ideò. Era un non comune mangiatore e bevitore, capace di bere un litro di birra in un fiato e di mangiare dodici uova sode come prima colazione. E’ più verosimile che sia stato l’inventore di un drink a base di champagne e birra scura che i tedeschi chiamano Bismark. John Montague, conte di Sandwich, in vita sua non fece nulla degno di memoria. Fanatico giocatore di carte, per non interrompere la partita neppure per il pranzo, si faceva portare panini ripieni di prosciutto e formaggio. La notorietà internazionale del sandwich non piaceva a Dannunzio che lo chiamò tramezzino. La carne poco cotta e al sangue porta il nome di Robespierre, il padre del terrore.

Pochi si ricorderebbero del grande soprano Nellie Melba se Escoffier, professionista di grande fama, non avesse inventato per lei la coppa Melba.  Chi saprebbe dell’esistenza di Monsieur Paillard, senza la lombatina di manzo ai ferri? Del Marchese di Nointel, signore di Bèschamel, si sa solo che si chiamava Luigi. Il suo nome è passato alla storia per aver inventato per il Re Sole, la salsa chiamata besciamella. Scrisse Brillat- Savarin, gastronomo colto, raffinato e magistrato di grandissima reputazione, che venire a conoscenza di un nuovo piatto recava agli uomini maggior felicità che la scoperta di una nuova costellazione. Alessandro Dumas stese di suo pugno tutte le duemila pagine del “ Gran Dictionnaire de la Cusine”.

La paternità e la patria di diversi piatti sono difficili da stabilire. L’insalata che noi chiamiamo russa, dai tedeschi viene detta italiana. I francesi chiamano charlotte russa la zuppa inglese, in Gran Bretagna i pasticcini austriaci vengono detti danesi. I piatti “alla Nerone” ossia alla fiamma, non esistevano ai tempi dei romani e sono, probabilmente, nati con il cinema che fa servire all’imperatore piromane piatti fiammeggianti. Secondo la tradizione sarebbero stati inventati nel secolo scorso. Un cuoco di Edoardo VII stava preparando delle crépes al liquore e queste incidentalmente presero fuoco. Dopo qualche perplessità, visto il bell’effetto che facevano, portò in tavola il tegame avvolto da fiamme azzurrognole che venne molto apprezzato. Il nome Suzette fu dato nel 1897 dallo chef del ristorante Marivaux di Parigi in omaggio a una bellissima attrice che si chiamava appunto Suzette.

Non sempre c’è giustizia, anche in gastronomia, per l’assegnazione dei meriti. Armand de Vigneret du Plessis, duca di Richelieu, non compare in nessun manuale, sebbene sia l’inventore della celebre salsa maionese. Un posto di grande rilievo nella storia dell’arte culinaria lo meriterebbe Enrico IV che, oltre ad essere il fondatore della potenza francese, fu un esperto gastronomo e un raffinatissimo fautore del cerimoniale a tavola. Impose l’uso della forchetta e dei tovaglioli da cambiare dopo ogni portata. Portò sulla tavola le verdure fresche considerate, in precedenza, adatte solo ai contadini. Fu l’ideatore dei canditi, dei confetti e di moltissimi dolci di cui era ghiotto. Il solo piatto legato al suo nome, non per motivi culinari ma politici, è il pollo lessato. In un discorso in Savoia disse” io vorrei che nel mio regno ogni lavoratore potesse mettere un pollo in pentola”. La proposta gli costò cara perché mise in allarme l’alta borghesia preoccupata dalle riforme sociali.

Singolare è il rapporto con la cucina di due grandi musicisti. Giovan Battista Lulli andò a Parigi come cuoco e divenne un compositore famoso; Gioacchino Rossini, due secoli dopo, andò a Parigi come famoso compositore e finì col dedicarsi anima e corpo alla cucina. Amante delle belle donne, ma ancor più della buona cucina, si prefisse di innalzare la gastronomia fra le belle arti, diventando amico di Careme, il più celebre cuoco d’Europa. Suoi abituali compagni di tavola erano Rothschild, Gustave Dorè, Liszt, Gounod, Brillat-Savarin, ma gli amici più cari erano il signor Bellentani di Modena che gli mandava zamponi e tortellini, l’editore Ricordi perché gli forniva i panettoni milanesi, ma più d’ogni altro Giovanni Vitali che gli faceva arrivare dalle Marche i tartufi, ingredienti fondamentali dei suoi piatti preferiti.

Anche Cleopatra fu una cuoca raffinatissima. Nella sua trireme dalle vele di seta e foderata di pelli di leopardo, fra profumi e suoni di cetra, preparava i piatti che inebriavano Antonio a tal punto che lo sventurato non si accorse che Augusto, a Roma, lo stava facendo fuori. Anche Leonardo da Vinci si cimentò in cucina ma fu anche la sola occupazione dove non ottenne successo. Delle tante macchine che inventò per migliorare il modo di cucinare ci è pervenuto solo il cavatappi. Non c’è alcuna prova che Francois René de Chateaubriand abbia mai messo piede in cucina. Apprezzava il filetto di manzo in salsa con patate che offriva ai suoi ospiti. Era una specialità del suo cuoco e al mondano visconte non dispiacque che il piatto venisse battezzato con il suo illustre nome.

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