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Grana Padano: da Confagricoltura parte la mobilitazione

«Le attuali regole non rispettano le norme europee, le quote produttive spettano ai produttori»

Le tensioni nella filiera del Grana Padano portano in campo Confagricoltura Piacenza che giovedì 9 agosto ha convocato la riunione della Sezione di Prodotto Lattiero-Casearia dopo che nei giorni scorsi è stato allertato anche il quartier generale a Palazzo Della Valle. L’Associazione ha ritenuto di recepire le numerose segnalazioni di malcontento e preoccupazione espresse dai produttori latte conferenti a questa prestigiosa filiera. I piani produttivi stabiliti dal Consorzio hanno, infatti, posto in difficoltà gli agricoltori che hanno ragionevolmente incrementato i quantitativi di latte prodotto a fronte della fine del regime delle quote latte e degli investimenti fatti in azienda, anche grazie ai piani di sviluppo sostenuti con i Psr, non riscontrando però nel Consorzio la medesima volontà di sviluppo, pur a fronte di enormi potenzialità commerciali di questo formaggio. “Abbiamo deciso – spiega Marco Casagrande, direttore di Confagricoltura Piacenza -  di verificare la legittimità di tali scelte e ne abbiamo riscontrata l’insostenibilità sia sostanziale che formale. Gli aspetti problematici sono diversi, ed alcuni hanno come origine la scelta di assegnare le quote produttive ai trasformatori anziché ai produttori”. In primo luogo le scelte adottate dal Consorzio del Grana Padano sono da ritenersi non rispondenti alla tutela degli interessi di parte agricola e quindi in contraddizione con quanto indicato dal regolamento Ue 1151/2012 sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari. Disattese anche le raccomandazioni dell’Autorità garante della concorrenza chiaramente riportate nel bollettino n. 22 di giugno 2017 in cui l’Agcom rammenta l’inadeguatezza di intese restrittive se non per un periodo di tempo limitato, chiede di evitare un uso strumentale dei piani produttivi, rimarca l’esigenza di monitorare la rappresentatività della componente agricola nell’ambito delle decisioni assunte dal Consorzio. 

“Evidenziamo come l’accordo preventivo di adesione al piano di regolazione dell’offerta debba essere sottoscritto dai 2/3 dei produttori di latte che rappresentino almeno i 2/3 del latte crudo utilizzato per la produzione del formaggio, e, come riportato nel regolamento Ue 1234/2007, “se del caso, dei trasformatori” ribadendo come la parte agricola sia fondamentale e prioritaria nella definizione dei piani produttivi” – rimarca Casagrande. “L’analisi dettagliata delle norme ci conferma che la filiera del Grana Padano sta andando nella direzione sbagliata – sottolineano Filippo Gasparini presidente dell’Associazione ed Elena Ferrari presidente della Sezione di Prodotto Lattiero-casearia -.  E’ errato che la regolamentazione dei piani produttivi venga effettuata attraverso l’assegnazione di quote ai trasformatori. Queste possono essere, così, oggetto di vendita e trasferimento da un’area all’altra (in contraddizione con il principio del legame con il territorio) il che favorisce aleatoriamente chi ha disponibilità di denaro e risulta discriminatorio per i produttori di latte che si trovano svantaggiati nel ricollocamento del loro prodotto. Non solo, il meccanismo si rivela ulteriormente penalizzante per i produttori perché eventuali eccessi di offerta possono diventare causa di dumping assegnando ai trasformatori l’intero potere contrattuale, diversamente da quanto prescritto dalle norme e da quanto accade per il Parmigiano Reggiano ambito, invece, in cui le quote sono in capo ai produttori e i prezzi hanno segnato un sostanziale incremento”. Non va tralasciato che, in questa seconda fattispecie, anche nel caso di splafonamento rispetto ai piani produttivi definiti viene garantito il ritiro del latte in esubero, con l’applicazione di una penale al netto della quale il prezzo rimane comunque mediamente superiore alle quotazioni di mercato. Le ultime delibere del Consorzio del Ganda Padano, invece, vanno nella direzione penalizzazione ulteriormente i produttori latte nella collocazione del latte di supero rispetto al piano produttivo perché favoriscono la commercializzazione dei similari importati rispetto a quelli nazionali. “Partiamo dal concetto che senza gli allevatori, l’unico vero legame con il territorio, non esisterebbero le Dop – rimarcano Gasparini e Ferrari-. Sono infatti gli allevatori che con le loro aziende, nelle aree tipiche della produzione e senza alcuna possibilità di delocalizzare, sostengono questo legame e dovrebbero essere loro il vero patrimonio del Consorzio del Grana Padano. A tutela dei produttori che rappresentiamo – concludono - presenteremo al Ministero delle Politiche Agricole, deputato ad approvare i Piani produttivi e alle altre Istituzioni preposte al controllo, le nostre osservazioni e la richiesta formale delle legittima assegnazione delle quote ai produttori latte. Parte oggi, da questa Sezione di Prodotto, la raccolta delle sottoscrizioni degli allevatori a sostegno del documento. Invitiamo tutti gli interessati a rivolgersi ai nostri uffici e contestualmente consigliamo di non sottoscrivere alcun piano produttivo proposto dal Consorzio, almeno finché il confronto non sarà risolto”.

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