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La lezione di Giorgio Pastori per una pubblica amministrazione coerente con la nostra Costituzione

Gli approfondimenti sull’opera di Pastori sono stati affidati a Girolamo Sciullo, dell'Università di Bologna, a Alberto Roccella dell’Università degli studi di Milano e a Mauro Renna della Cattolica, mentre l’introduzione è stata svolta da Giuseppe Manfredi

Certo di strada da percorrere ne resta ancora molta, ma la lezione dell’insigne giurista Giorgio Pastori per una pubblica amministrazione vicina ai cittadini e coerente con i dettami costituzionali, è stata fondamentale ed è ancor oggi attualissima. In occasione della presentazione della Biblioteca Giuridica Giorgio Pastori cui è stata dedicata una targa, si è svolto nell'Sigma dell’Università Cattolica, un incontro sul tema “Democrazia e Amministrazione. Il pensiero di Giorgio Pastori sullo statuto costituzionale della pubblica amministrazione”. Il saluto introduttivo è stato affidato ad Antonio G. Chizzoniti direttore del  Dipartimento di Scienze giuridiche sede di Piacenza che ha ricordato il contributo del prof. Pastori al diritto ecclesiastico con i suoi scritti sul regionalismo, sulle confessioni religiose, sugli enti ecclesiastici, sui beni culturali di interesse religioso ed ha ringraziato la famiglia per il contributo all’arricchimento della biblioteca.

Gli approfondimenti sull’opera di Pastori sono stati affidati a Girolamo Sciullo, dell'Università di Bologna, a Alberto Roccella dell’Università degli studi di Milano e a Mauro Renna della Cattolica, mentre l’introduzione è stata svolta da Giuseppe Manfredi che ha sottolineato il rapporto tra democrazia e pubblica amministrazione, ricordando che spesso il primo sostantivo è usato in modo improprio, se non a sproposito. Una formula, in questo legame, che riassume norme e principi costituzionali, che ha assicurato libertà e progresso dei cittadini e che negli anni Cinquanta e Sessanta ha cercato, con il contributo di studiosi come Pastori o Carlo Esposito, di garantire piena e coerente attuazione dei principi costituzionali anche alla pubblica amministrazione. «Prima della Costituzione - ha spiegato Manfredi - l’amministrazione era solo una parata del lavoro esecutivo del Governo, un organismo separato da società e cittadini». Pastori rovesciando questo modello ha sostenuto il diritto amministrativo in modo coerente, coeso ed organico. La pubblica amministrazione è collegata alla politica, ma dall’art. 97 si evince in modo univoco che debbano essere assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione al servizio della società, organizzata in senso pluralistico ed autonomo, sia per le esigenze delle comunità locali e per la più ampia diffusione del principio democratico.

Per Pastori significava non imporlo, ma «metterlo al servizio dei diritti dei cittadini, diverso dal potere esecutivo, basato sul principio di funzionalità, nell’interesse della società. Da questi principi ne discende lo sviluppo dell’azione amministrativa dove nell'ordinamento degli uffici, sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari«. Essenziale il contribuito di Pastori non solo come studioso, ma come consulente, membro di commissioni che hanno riformato la pubblica amministrazione intervenendo sull’autonomia regionale, sulle autorità indipendenti, sul principio di responsabilità, sugli accordi pubblico privato, tanto per citarne alcuni. Prima le cose erano quasi inalterabili, non sulla base dei principi costituzionali. La legge 241 del 1990 ripristina, anzi ricrea un contradditorio tra cittadino e Stato. «Per Pastori - ha proseguito Manfredi - c’era il massimo rispetto del diritto positivo; bisognava avere coscienza giuridica come riflesso di quella morale. Egli ha riletto la legge seconda la Costituzione perché sanciva principi e valori in cui lui credeva. Ne ha contribuito all’attuazione dei principi perché funzionali allo sviluppo della persona, alla tutela della sua dignità, un modo di essere di uno studioso che sapeva quanto gli esseri umani possano essere perfettibili. Il suo itinerario culturale- ha concluso Manfredi- era coerente con ciò in cui credeva e perciò era doveroso e giusto ricordarlo in questa sede».

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