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Economia

«La Paver era una garanzia, si vantava di non aver mai fatto ricorso alla cassa integrazione»

Crisi Paver, intesa ancora lontana. I sindacati chiedono un contratto di solidarietà al 40% delle ore di lavoro, l'azienda propone la cassa integrazione

«Alla mia età è impensabile sperare di trovare un altro lavoro. Fanno già fatica i più giovani tra noi, figuriamoci io». A parlare è un cinquantenne, dipendente della Paver, la storica azienda piacentina che sta vivendo un momento di grave difficoltà. L’azienda, che tra gli stabilimenti di Borghetto e quello di Borgotrebbia impiega 155 persone, è infatti entrata in crisi e si sta confrontando con i sindacati per trovare un’intesa sugli ammortizzatori sociali.

«Non me lo sarei mai aspettato – continua l’uomo, deluso dal responso dei confronti delle ultime ore tra sindacati e azienda -, sono trent’anni che lavoro nella Paver. Era una garanzia, un’istituzione, era un’azienda che si vantava di non aver mai avuto un’ora di cassa integrazione. Ci siamo accorti – spiega il piacentino, che ha una busta paga che si aggira mediamente tra i 1200 e i 1300 euro al mese - due anni fa che le cose non stavano andando bene: il lavoro è calato, soprattutto nello stabilimento di Borgotrebbia, che probabilmente vedrà tanti esuberi da qui in avanti. Siamo spaventati e preoccupati da questa situazione. Anche chi non verrà tagliato quest’anno o il prossimo, ha paura che venga il suo momento nel futuro prossimo.  La cassa integrazione per la Paver in passato era una vergogna, ora sembra l’unica soluzione. Visto che l’attività dell’azienda è diversificata, ci piacerebbe poterci spostare dai settori più in crisi ad altri dove possiamo ancora lavorare e fare qualcosa».

Una delle storie imprenditoriali più vincenti della storia piacentina – quella realizzata negli anni ’60 dall’ingegner Giuseppe Parenti, capace di mettere in piedi una società per la produzione di materiali in calcestruzzo per applicazioni nell'edilizia civile, agricola e industriale – sembra essere in balia del mercato non favorevole. Però la situazione, secondo i sindacati, non sarebbe così disastrosa come si fa credere. «Ci hanno spiegato che il fatturato è calato da 37 milioni a 29 milioni e 500mila euro – ha detto Filippo Calandra della Cgil -, una perdita pesante per un’azienda come la Paver, ma secondo noi si potrebbe aspettare e vedere come andrà nei prossimi mesi». Cgil e Cisl hanno infatti partecipato a un tavolo di confronto in Provincia con Confindustria e Leonardi Maffi a rappresentazione l’azienda. Dopo il tavolo – che riprenderà nella giornata di lunedì 16 gennaio - i sindacati si sono incontrati nella sede della Camera del Lavoro con i lavoratori, profondamente delusi dalla trattativa.

«Abbiamo dato vita a un tavolo istituzionale – ha detto Calandra – ai dipendenti. Noi chiediamo all’azienda un contratto di solidarietà, lavorando al 40% delle ore oggi previste, ma non abbiamo raggiunto un’intesa. Non abbiamo trovato la quadra: Confindustria e l’azienda chiedono un attimo di tempo per cercare di capire- Il nostro obiettivo è il contratto di solidarietà, ma la Paver continua a sostenere che non ce la fa a garantire il 40 per cento di ore di lavoro, afferma di avere problemi oggettivi. Però l’azienda non è messa così male: abbiamo scoperto che è ha avuto una perdita pesante, ma non così grave. La Paver  è passata da 37 milioni di fatturato a 29 milioni e 500mila euro.  Loro vogliono la cassa integrazione straordinaria perché con questi numeri dicono che non si può andare da nessuna parte. Noi non la pensiamo così. Non sembra esserci la volontà per discutere di un contratto di solidarietà, altrimenti avremmo già firmato stamattina». Dietro l’angolo mobilità volontarie ed esuberi. «Siamo in difficoltà – ammette Calandra -, eravamo convinti di poter portare a casa il contratto di solidarietà per due anni, cosa che sembra impossibile per l’azienda».

Si è detto “arrabbiato” Roberto Varani della Cisl. «La Provincia ha proposta anche un contratto di solidarietà di soli sei mesi, per vedere come andrà il mercato nel corso del 2017. Ma l’azienda non è convinta. Al massimo ci possono offrire un contratto di solidarietà da 12 mesi, ma il primo gennaio 2018 intendono far partire diversi licenziamenti. L’azienda ha proposto, al massimo, un contratto di solidarietà da 12 mesi, ma con l’accordo che non chiederemo più niente e il 1 gennaio 2018 partiranno diversi licenziamenti. Non capiamo perché non accettano le nostre proposte: non sappiamo se fra un anno il lavoro c’è o non c’è, potrebbe aumentare. Nessuno può saperlo, non ci possono dire così. Da quello che sembra loro a gennaio 2018 vogliono lasciare a casa della gente, a prescindere da tutto. Siamo arrabbiati perché l’azienda non è che sta così male da dover licenziare». «Già – ha rimarcato Calandra -, sono convinto che il contratto di solidarietà non si farà più. Paver ha in qualsiasi caso ha l’esigenza di ridurre il personale,  per loro ora 155 lavoratori da mantenere sono troppi».

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