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Economia Gazzola

Le proposte di Legambiente per la Polveriera di Rio Gandore

Riceviamo e pubblichiamo la nota di Legambiente, che espone al Demanio e al Comune di Gazzola le sue proposte sull'ex polveriera di Rio Gandore.

"L’ex polveriera di Rio Gandore, in prossimità di Castel Basini di Momeliano (Comune di Gazzola PC), - a seguito della dismissione da parte del Ministero della Difesa - circa 20 anni fa, ha visto il rigoglioso sviluppo della vegetazione spontanea e del bosco già presente, trasformatosi in uno straordinario polmone verde di notevole valore naturalistico, ecologico e paesaggistico. Oggi costituisce un impareggiabile elemento di compensazione ambientale rispetto ad una pianura sempre più inquinata e interessata da un’espansione urbanistica abnorme ed eccedente i reali fabbisogni, che ha consumato una smisurata quantità di suolo agricolo e naturale. L’area presenta grandi potenzialità paesaggistiche e floro-faunistiche, come evidenziato da uno studio pubblicato nel 2007, frutto della collaborazione fra il Comune di Gazzola e l’Università Agraria di Piacenza, che ha illustrato come il bosco conservi uno stato di biodiversità eccezionale. Nonostante la raccolta di 7.000 firme, promossa dal FAI già agli inizi degli anni 2000, gli incontri pubblici per sondare le intenzioni degli amministratori comunali e provinciali, i convegni presso il castello di Momeliano e presso l’auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, il riconoscimento dell’area come “nodo ecologico” nel PTCP della Provincia di Piacenza e la proposta formulata nel 2012 da FAI e Legambiente per istituirvi un nuovo Sito di Importanza Comunitaria; nonostante l’interrogazione a risposta scritta formulata dalla Consigliera Gabriella Meo alla Presidente dell’Assemblea legislativa dell’Emilia Romagna in data 5/12/2013, l’Amministrazione Comunale di Gazzola ha chiesto, all’Agenzia del Demanio dello Stato, l’attribuzione dell’area a titolo NON oneroso per “valorizzarlo in ottica di mercato ai fini della messa a reddito o dell’alienazione, anche mediante il conferimento ai fondi immobiliari…”. Legambiente ha sempre evidenziato la propria contrarietà rispetto all’opzione di “valorizzare in ottica di mercato” un bene che è pubblico e, a tutti gli effetti, costituisce un BENE COMUNE, che assume ancor più la caratteristica di patrimonio collettivo in una situazione di drammatica accelerazione dei cambiamenti climatici e di crescente preoccupazione per i dati dell’inquinamento atmosferico. Preoccupazione che si è tradotta in un numero cospicuo di azioni da attuare entro il 2020 mediante il PAIR (Piano Aria Integrato Regionale) che prevede, fra l’altro, l’incremento del 20 % delle aree verdi. Legambiente apprezza l’impegno dell’Agenzia del Demanio e del Comune di Gazzola di indire una consultazione pubblica di idee e di proposte, aperta a tutti, anche se NON CONDIVIDE le premesse del bando medesimo, cioè che tali “proposte e ipotesi gestionali e di riqualificazione possano costituire elementi di orientamento per i successivi percorsi procedurali per l’effettiva futura immissione sul mercato del compendio stesso – nella sua interezza ovvero per singoli lotti – secondo tempi e procedure da individuarsi”. Anche solo l’idea che tale preziosa area possa essere sottratta agli usi collettivi contrasta con i crescenti bisogni di natura, di maggiore presenza di spazi forestali in area di pianura e pedecollinare, di maggiore protezione di biodiversità. Così come l’idea della cessione “per lotti” rappresenta un atto grave che rischia di minare irrimediabilmente l’unitarietà del bene in oggetto. In secondo luogo se Legambiente apprezza l’iniziativa di una consultazione pubblica di idee, ne contesta la formulazione del bando. Infatti esso prevede che tali proposte “dovranno essere il più possibile circostanziate e rappresentare ogni utile elemento volto a dimostrare la sostenibilità tecnico-economicogestionale di massima della riqualificazione ipotizzata, i cui oneri saranno a carico dell’eventuale soggetto attuatore, anche attraverso un partenariato pubblico-privato”. E’ del tutto evidente che un’associazione ambientalista, no-profit, composta di volontari, non può avere le risorse umane e finanziarie per attuare un’indagine tecnica conoscitiva accurata e per formulare ipotesi di sostenibilità tecnico-economico-gestionale…. Solo un’impresa o una società privata (immobiliare e non) potrebbe avere le competenze interne e le risorse per un approfondimento tecnico delle caratteristiche dell’area, finalizzato a formulare ipotesi di tipo gestionale. Occorre quindi creare le condizioni perché le imprese e le associazioni siano messe nelle stesse condizioni di conoscenza per avanzare proposte di gestione “sostenibili”, sia dal punto di vista ambientale che economico. Ad oggi queste condizioni non sono date. D’altra parte è lo stesso “Information memorandum” che ammette l’inadeguata conoscenza del compendio laddove asserisce che: “le fotografie aeree recenti, anche quelle più particolareggiate, non possono darci informazioni precise sulla composizione della vegetazione. L’analisi di piccoli nuclei di bosco nell’area e nelle vicinanze, con fisionomia simile, è stata di supporto per ricostruire a grandi linee lo stato della vegetazione”. CHE COSA PROPONE LEGAMBIENTE PER TUTELARE E VALORIZZARE L’AREA PER FINALITA' COLLETTIVE ? 1) Primaditutto occorre che l’area rimanga pubblica e integra. Non sia quindi smantellata e spezzettata in lotti da destinare ad usi che ne impediscano la piena fruibilità ma sia oggetto di una progettazione unitaria. 2) La presenza di zone da bonificare e di costruzioni pericolanti o potenzialmente pericolose non impedisce che l’area possa essere da subito parzialmente fruita, almeno in alcune sue parti. Previa predisposizione di un programma destinato al ripristino della recinzione perimetrale e della messa in sicurezza dei percorsi. Programma che può essere realizzato nel corso degli anni, con scadenze che consentano una progressiva fruibilità dei percorsi. Partendo dal presupposto che un piccolo Comune come quello di Gazzola non può ovviamente accollarsi l’onere di una sistemazione dell’area ai fini di una fruizione ambientale e naturalistica - anche se con positive ricadute turistiche ed economiche sul territorio - occorre realizzare uno studio approfondito delle caratteristiche dell’area, della presenza delle specie floristiche, arboree, faunistiche e geologiche. Uno studio che contempli anche una valutazione delle condizioni di stabilità e di potenziale recupero degli edifici esistenti oppure una valutazione del costo di demolizione di una parte degli stessi. Per tale motivo Legambiente e FAI chiedono insistentemente alla Regione (dal 2015) l’istituzione di un gruppo tecnico di lavoro composto da rappresentanti di Comune, Provincia, Regione, Università, Associazioni ambientaliste ed economiche, finanziabile con Art. 40-septies della legge 20/2000, che prevede appunto “Progetti regionali di tutela, recupero e valorizzazione del paesaggio”. La approfondita conoscenza delle caratteristiche dell’area e dei costi necessari per la sua piena fruibilità, è la condizione ineludibile per l’elaborazione di un progetto unitario che ne preveda, pur per stralci e con una scansione temporale anche medio-lunga, l’effettivo utilizzo con finalità di tutela ambientale e naturalistica, formative, di ricerca, sportive e ricreative, con spiccato carattere di sostenibilità. A tale proposito occorre ulteriormente precisare che l’area in questione è classificata nel PTCP vigente dall’art. 53 : Progetti di tutela, recupero e valorizzazione, che contiene le seguenti indicazioni: 1. (I) Provincia e Comuni provvedono a definire nell’ambito delle rispettive competenze, mediante i propri strumenti di attuazione, progetti di tutela, recupero e valorizzazione riferiti soprattutto agli aspetti naturalistico ambientali e storico-culturali 3. (I) In sede di formazione e adozione del PSC o di variante di adeguamento al presente Piano, i Comuni sono tenuti a svolgere analisi specifiche allo scopo di individuare l’effettiva potenzialità progettuale in termini di valorizzazione naturalistico-ambientale e storico-culturale, di conservazione ed eventuale ripristino degli ambienti naturali in essi ricompresi. Le analisi dovranno attenersi alle Linee-guida per la formazione della Rete ecologica la cui approvazione è di competenza del Consiglio provinciale. 3) Da subito è necessario riproporre alla Regione Emilia Romagna l’istituzione di un’area SIC (Sito di Importanza Comunitaria). Proposta già avanzata nel 2012 da FAI e Legambiente e giudicata tecnicamente rispondente ai requisiti dal Servizio Parchi della Regione Emilia-Romagna ma purtroppo a quel tempo non condivisa dal Comune di Gazzola. Occorre a questo proposito sottolineare che l’inserimento dell’area nel cosiddetto mosaico europeo di Rete Natura 2000, offrirebbe maggiori opportunità di accoglimento di candidature ad eventuali Progetti LIFE. Non si può infatti lamentare mancanza di risorse per la sistemazione e messa in sicurezza dell’area se non si creano le condizioni per sfruttare eventuali linee di finanziamento nazionali o europee finalizzate alla salvaguardia della biodiversità. 4) Un’ulteriore proposta è l’inserimento dell’area in questione nel Parco regionale del Trebbia, possibilmente insieme all’ex polveriera di Cantone (Comune di Agazzano, Piozzano, Pianello). Tale ipotesi porrebbe le premesse per la realizzazione di uno straordinario corridoio ecologico di collegamento fra il territorio fluviale del Trebbia, del Luretta e del Tidone, comprendente le aree boschive di Croara, di Rio Gandore e di Cantone. Anche tale ipotesi consentirebbe di accedere a finanziamenti per progetti di valorizzazione ambientale destinati alle aree protette. L’unione e il collegamento dei nodi ecologici citati rappresenterebbe anche l’occasione per lo sviluppo di percorsi di educazione ambientale e di ricerca scientifica di rilievo extra-provinciale, con possibili ricadute anche occupazionali oltre che squisitamente didattiche e formative. 5) Premesso che - come già sottolineato - solo una conoscenza approfondita delle caratteristiche morfologiche e ambientali dell’area può consentire una realistica progettazione d’uso della medesima, alcune suggestioni possono già essere formulate. Per esempio: a) Recupero degli edifici, in condizioni strutturali ancora accettabili, dell’area a Sud, nei pressi dell’ingresso, per scopi didattici, di accoglienza dei visitatori del Parco, al servizio degli studenti delle scuole o delle Università. Dai punti successivi è facile intuire quanto questa area potrebbe trasformarsi in un vero e proprio “laboratorio aperto”, adatto alla ricerca e all’approfondimento scientifico e culturale per tutte le istituzioni scolastiche e universitarie piacentine e non solo. b) Recupero degli edifici (capannoni) ancora in buono stato per la realizzazione di laboratori di ricerca a favore delle Università. Alcuni di questi edifici potrebbero essere ricoperti con tettoie trasparenti, a mo’ di serra, per la coltivazione e l’osservazione scientifica di particolari colture o essenze, anche officinali. Le azioni di recupero e riutilizzo dei materiali, per la creazione di strutture e manufatti leggeri, potrebbero coinvolgere gruppi di lavoro formati da studenti della locale sede del Politecnico, della Scuola Edile e dell’ITG Tramello. Il sito potrebbe cioè diventare luogo di ricerca/azione non solo per i settori scientifici della botanica, dell’ecologia, della geologia, ma anche per gli aspetti tecnici e costruttivi della progettazione partecipata. c) Intervento e cura dell’apparato forestale con approcci differenziati. In alcune aree occorrerebbe sicuramente selezionare alcune piante d'avvenire (o piante-obiettivo in termine tecnico), tagliando gli alberi in competizione diretta fra loro, per dare più luce alle chiome e farle sviluppare al meglio. La scelta di queste piante dovrebbe ricadere su quelle già premiate dalla selezione naturale (più grandi, più sviluppate), sulle specie tipiche di quell'ambiente e su quelle più rare. Tale intervento potrebbe consentire lo sviluppo di uno spazio forestale più aderente all’immagine di bosco “pulito” e con esemplari ad alto fusto, caro ai fruitori turistici (visitatori della domenica, famiglie, ecc). Ovviamente l’intervento dovrebbe essere studiato con il contributo di specialisti ambientali (naturalisti, faunisti) ma anche di dottori forestali, esperti delle dinamiche dei popolamenti arborei; con la collaborazione e il controllo del progetto e dei lavori da parte del Corpo Forestale dello Stato. Una parte del bosco invece, quello considerato “sporco”, disseminato di arbusti e rovi, potrebbe essere destinato alla crescita naturale. Infatti quella che può apparire una situazione di abbandono potrebbe non essere di per sé negativa. Sicuramente certe specie animali (e vegetali) si giovano proprio di questa condizione ecologica e, in presenza di soli alberi secolari, andrebbero a cercarsi rovi e arbusti bassi altrove. Per trovare un buon equilibrio tra tutela di un numero più alto possibile di specie (e quindi della biodiversità) e la fruizione sostenibile, è indispensabile differenziare gli ambienti forestali, creando quindi più habitat. In alcune zone, quelle meno fruibili, si potrebbe semplicemente lasciar fare alla natura (la miglior progettista ambientale, a lungo termine!). In altre, occorrerebbe procedere ad una pulizia selettiva. Bisognerebbe infine lasciare le radure esistenti. Molte specie animali infatti necessitano di interruzioni della copertura arborea e di aree aperte per il proprio ciclo vitale. Senza ignorare la necessità di lasciare alberi morti in piedi o a terra, fondamentali per la fauna saproxilica. Insomma, una ricetta unica per tutta l'area rischierebbe di distruggere il mosaico di ambienti creandone uno solo, con la conseguenza di perdere la biodiversità invece di conservarla. d) Alle valenze naturalistico-ambientali legate all’aspetto vegetazionale, andrebbero accompagnate quelle di carattere geologico, come in più occasioni rilevato dal geologo Giuseppe Marchetti, Professore emerito dell’Università di Pavia. La successione degli strati di sedimenti in cui i versanti dell’area di Rio Gandore sono modellati, la storia, le vicissitudini, le fasi evolutive nonché climatiche che ne hanno accompagnato l’evoluzione, potrebbe molto efficacemente (e didatticamente) essere resa visibile tramite spaccati ottenuti attraverso l'apertura di apposite trincee esplorative adeguatamente attrezzate. Una sorta di museo naturalistico all’aperto, di straordinario interesse scientifico e divulgativo, capace di attrarre studenti e ricercatori italiani e stranieri. e) Predisposizione di una area per giochi “non strutturati” all’aria aperta, cioè un’area senza attrezzature tradizionalmente utilizzate nelle aree urbane ma studiata per lo sviluppo della creatività dei bambini e dei ragazzi, mediante la fruizione dell’ambiente naturale. Tale area potrebbe rappresentare una valida alternativa per moltissime realtà di campi estivi, spesso confinati in cortili cementati della città. Sulla scorta della consolidata tradizione e cultura scoutistica tale parco ludicoeducativo potrebbe rappresentare l’occasione per lo sviluppo della creatività, l’apprendimento e applicazione delle pratiche manuali, in alternativa ai condizionamenti pervasivi dell’uso degli apparecchi tecnologici di comunicazione e connessione permanente. d) L’area potrebbe essere assolutamente compatibile con la realizzazione di una piccola residenza per anziani, autosufficienti, con spazi comuni e laboratori per attività manuali e orti. Parallelamente potrebbe essere realizzata una piccola struttura per il recupero motorio di pazienti che necessitano di cure fisioterapiche. e) Alcuni capannoni ancora in buone condizioni strutturali potrebbero essere coperte da pannelli fotovoltaici a concentrazione per la produzione di energia elettrica al servizio degli uffici pubblici del Comune, della scuola o dei privati che volessero aderire al progetto di “solare collettivo”. Resta inteso che questa e altre proposte di utilizzo ambientale, ricreativo e sportivo avrebbero indubbiamente una notevole e crescente ricaduta positiva sullo sviluppo delle imprese agrituristiche, ristorative, delle aziende di produzioni orticole, bio e non, e di altri prodotti tipici, di promozione delle attività escursioni ippiche e in mountain bike, ecc. La nostra associazione si riserva anche la possibilità di proporre progetti di gestione diretta di attività da condurre nell’area ma subordinatamente alla realizzazione di uno studio che consenta effettivamente di avere dati realistici sulle risorse necessarie per svilupparle".

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