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«Cinema, la nostra città pur fonte di protagonisti non ha mai bucato il grande schermo»

Interessante carrellata di Mauro Molinaroli su cinema e pubblico nella nostra città

Un dettagliato “excursus” sul “Cinema” è stato il tema svolto in Biblioteca Passerini Landi dal giornalista e scrittore Mauro Molinaroli in dialogo con Roberto Laurenzano presidente del Comitato piacentino della Società “Dante Alighieri che ha organizzato l’evento “Prima Visione: Cinema e pubblico a Piacenza dal dopoguerra al Bobbio Film Festival” – occasione per illustrare la “presenza piacentina” nei decorsi 50-60 anni sul “set” cinematografico nazionale e internazionale.

Non poche sono state “scene” ambientate in città e provincia con interpretazione di artisti celebri quali Rock Hudson e Sylva Koscina (né “I lupi attaccano il branco”); Macario, Nino Taranto e un giovane ma già famoso Enzo Tortora alla sua “unica” esperienza cinematografica con la regia di Mario Soldati (in “Italia Piccola”); Alessandro Benvenuti, Francesco Nuti ed Eva Robin’s (in “Belle al bar”, primo caso di film interpretato da una “transessuale” – anni ’90) e ancora, Lee Marvin (”Avalanche express”), Loretta Goggi e Nino Castelnuovo con la fiction RAI-TV “La freccia nera”, girata nel Parco Provinciale di Lugagnano, oltre che in Scozia.

Piacenza e provincia hanno poi dato i “natali” a eccellenti personaggi del “grande” schermo, a cominciare da Franco Fabrizi, “consacrato” da Fellini nel capolavoro de “I Vitelloni”. Nel progressivo nuovo “realismo” degli Anni ’50-’60, Franco Fabrizi è stato un protagonista di indubbia “intensa capacità” espressiva di quella società di “dolce vita” provinciale o metropolitana, ben impersonata da questo nostro attore, giovane, alto, bello, sempre attento al fascino femminile, “un po’ furbo-un po’ mascalzone; superficiale e profondo, sincero e ipocrita. E poi Isabella Ferrari interprete sempre più convincente di eccellenti film.

Inevitabile parlare di Marco Bellocchio, al quale, oltre che per le sue splendide opere cinematografiche va anche il merito di aver vitalizzato il territorio bobbiese col ”Bobbio Film Festival”, ottimo vivaio didattico-artistico e con eventi anche a livello internazionale. Di lui sono evidenti l’elevato valore intellettuale, professionale e la capacità artistica di esprimere, nei suoi film, immagini “intense” e forti “espressioni”. Assegnatario di meritatissimi vari “Riconoscimenti” di alto prestigio. “I pugni in tasca” sono il suo capolavoro, con Lou Castel e Paola Pitagora e col “nostro” bravo “caratterista” Gianni Schicchi, pressoché onnipresente nelle produzioni di Bellocchio.

Pur essendo stata Piacenza, come detto, fonte di ottimi “Nomi” del “set”, tuttavia la città non è riuscita mai ad assurgere oltre certe barriere. Piacenza non è stata una Parma con Bertolucci e “Novecento” o con “La Califfa” di Bevilacqua; né Treviso con Pietro Germi nel suo ”Signore e Signore”, magistrale “spaccato” di “socio-gossip provinciale”; questo nonostante l’attivismo di “figure” piacentine come Betti, Leopardi, Tosca. Il legame è stato piuttosto con la frequentazione delle sale cinematografiche. Ma di fronte ai mutati gusti e abitudini e alla esasperata invasione televisiva sono poco per volta scomparsi “i cinema piacentini”, vedi l’Apollo-Garibaldi”, il “Plaza”, ove tra l’altro negli Anni ‘50 fu presentato in “prima nazionale” il film di Vittorio De Sica “Il tetto”, presenti in “Serata di Gala” lo stesso De Sica e i due protagonisti Gabriella Pallotta e Giorgio Listuzzi; per non dire della fine già dagli anni ’80-‘90 di tanti gradevoli Cinema Parrocchiali. Appartengono al passato anche le “suggestive arene estive” del “Politeama” e dei “Giardini”.

Sono nate nel frattempo le “Multi-Sale”, frequentate peraltro soprattutto da un pubblico giovanile. Sono inoltre scomparsi registi e “interpreti-icona” senza un ricambio generazionale di pari levatura. L’intensa conferenza di Molinaroli si è conclusa col ricordo del grande critico Giulio Cattivelli, capace di “scoprire” il film in tutte le “anime” più recondite. Meritatissimo il plauso a Molinaroli dell’attento pubblico.

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