Sound Bonico, Soviet Soviet & Mosè Santamaria
Giovedì 5 maggio al Circolo Arci Sound Bonico è in programma un'apertura extra-ordinaria per un appuntamento con i Soviet Soviet, la band che ha segnato il passo del suono wave/post punk in Italia attraverso dischi di enorme successo, brani entrati di prepotenza nell'immaginario di una generazione e concerti fulminanti nei club di mezzo mondo.
In apertura, il cantautorato mistico quotidiano di Mosè Santamaria, artista genovese che con Piacenza ha un legame molto particolare. Santamaria proviene da Villafranca (Verona) ma è originario di Genova e secondo alcuni proviene dallo spazio interstellare. Una delle voci più particolari e sorprendenti della nuova canzone d'autore italiana terrà un concerto giovedì 5 maggio al Sound Bonico in apertura ai Soviet Soviet (ingresso 5 € con tessera Arci, ore 21.30).
Mosè Santamaria è infatti un cantautore che ha ascoltato tanto Franco Battiato e Juri Camisasca, ma non è che ha creduto proprio a tutto quello che gli dicevano. Poi ha letto Jodorowsky, Gurdjeff e gli Esseni e a questi (forse) ha creduto un po' di più.
Ad un certo punto della sua vita avrebbe potuto pure diventare un eremita, invece ha deciso di fare un disco pop, un disco da cosmico cantautore pop, e di intitolarlo “#RisorseUmane”.
"#RisorseUmane" - uscito lo scorso dicembre per Dischi Soviet Studio - è stato anticipato nelle scorse settimane dal primo singolo "I love you Marzano", prodotto da Martino Cuman (Non Voglio che Clara) come tutte le tracce del disco d'esordio di Mosè. Un brano ironico “sugli anni dell'adolescenza, dei due di picche, dei film di Jodorowsky, della ganja, degli sciamani, della fame di sapere e di quella tendenza a trasformare la realtà in un'esperienza extrasensoriale”.
Alla canzone è abbinato un videoclip ambientato nell'entroterra genovese, nei luoghi dove Pier Fortunato Zanfretta raccontò di essere stato rapito dagli alieni; il cortometraggio è ispirato al film “El Topo” di Jodorowsky e ritrae un vero e proprio atto psicomagico, una teatralizzazione della morte di Mosè, perché – racconta lui stesso – “come diceva Gurdjeff per svegliarsi occorre rinascere e per rinascere serve prima morire”.
Del resto di misticismo – anzi di "misticismo quotidiano" come lo chiama Mosè – e suoni astrali sono ammantate quasi tutte le canzoni di "#RisorseUmane", in bilico sui limiti che separano i generi, le influenze, gli immaginari e le percezioni più disparate. Sono brani che si nutrono dell'ambiguità lucente e ironica di chi sta sui confini e li percorre in ricerca di sé con un sorriso di scherno sempre pronto ad essere sfoderato.
Mosè Santamaria guarda al cosmo di cui siamo fatti, alla terra madre generatrice e pure allo straPaese italiano, portando Gurdjieff e Jodorowsky in un bar della provincia cronica. Le sue sono tracce ambientate in provincia ma anche a Genova, che per Mosè è una specie di Gerusalemme, una città esoterica invasa dai centri commerciali dove il mare non si vede più e nessuno va a trovarlo. E poi le sue canzoni citano la poesia ma anche l'immaginario più popular, sono serie ma anche terribilmente sarcastiche, hanno una loro leggerezza ma quando non lo diresti ti porgono una verità che è interamente tua.
Questa verità Mosè non la cala dall'alto, non ha nulla di new-age, anzi. E' un'esortazione a tornare ad essere “#RisorseUmane”, a “risorgere” e convertirsi da unità produttive-consumatrici a esseri cosmici, svegli, radicati nel qui e ora della materia. E' un invito a tornare uomini e quindi ad essere “Come gli dei”.
E alla domanda se questo cantautore pop cosmico ci fa o ci è noi non possiamo fare altro che rispondere che Mosè Santamaria molto semplicemente va. Anzi vaga: “E vagheremo come milanesi in vacanza / Per il Porto Antico alla ricerca di una terra santa / Con la speranza che un Giuda Sincero / Da Sotto Ripa ce la benedica / Tra un bicchiere di vino e un panino, / come gli dei”.
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