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Il Municipale sogna ad occhi aperti con la magia del pianoforte di Giovanni Allevi

Platea gremita per il concerto piacentino del compositore ascolano: scherzoso e visibilmente, un po’ volutamente forse, impacciato durante le pause e così incredibilmente preciso, tecnico e al contempo fantasioso durante l’esecuzione

Un pianoforte. Il principe degli strumenti musicali. Nella sua architettura raffinata rimane uno degli strumenti più essenziali della musica di ogni tempo. Un vecchio signore insomma, ma che, da sempre, riempie con maestosa eleganza  le orecchie e i cuori degli amanti della musica di ogni genere. Sicuramente più semplice da interpretare di altri strumenti, più logico, diretto, ma quando si tratta di arte sono appunto le cose semplici, o meglio, le cose difficili dette in maniera semplice, universale, che alla fine toccano la nostra sensibilità. L’essenza della musica stessa.

Maestro sublime di quest’arte sicuramente lo è Giovanni Allevi che, con assoluta semplicità e umanità, ha riempito di sentimento un Teatro Municipale gremito per lui. Un pianoforte. Un palco. Basta questo all’artista ascolano, che ricordiamo essere uno dei più affermati compositori italiani, vantando svariati premi vinti anche a livello internazionale, per conquistare il pubblico, sia con la squisitezza delle sue invenzioni e sia con la semplicità e la simpatia che da sempre lo accompagna durante i suoi concerti.

Giovanni Allevi in concerto al Municipale ©bisa/ilPiacenza

Sicuramente un artista fuori dagli schemi anche nel modo di fare: entrando in scena di corsa vestito con blue jeans, felpa e scarpe da ginnastica, gioca un contrasto molto accattivante con la raffinatezza del pianoforte laccato sul palco e con lo stile ottocentesco del nostro Municipale. Al suo ingresso una tempesta di applausi lo commuove, colpisce subito la grande umanità che lo caratterizza.

Il brano di apertura, Panic, lo dedica allo stato di ansia che prova sempre all’inizio di ogni sua performance e lo spettacolo inizia, una trama musicale frenetica, ma molto nitida, colma l’ambiente, l’effetto Allevi rapisce gli spettatori alternando tocchi gentili, quasi in sordina, a violenti pestaggi del pianoforte, a rimarcare lo stato d’animo titolo del pezzo. Scherzoso e visibilmente, un po’ volutamente forse, impacciato durante le pause e così incredibilmente preciso, tecnico e al contempo fantasioso durante l’esecuzione.

Nonostante Allevi stesso si definisca un compositore di musica classica contemporanea, definire il suo genere e il suo stile risulta impossibile essendo che si riscontrano prorompenti influenze di musica jazz e di venature eclettiche tipiche del progressive psichedelico dei tardi anni sessanta, caratteristica che si accentua in alcuni brani successivi come “Cassetto”, “Back to life” e “Il Nuotatore”, creando una sinergia tra energia, potenza e ritmo unici.

La bravura di Allevi, tuttavia, non sta solo nella sua grande conoscenza musicale ma anche nella conoscenza filosofica e umanistica citando pensatori come Hegel e Nietzsche che indubbiamente hanno influito in maniera significativa nella composizione. Oltre a questo si sottolinea anche l’ottimo gusto della scaletta scelta, alternando brani “difficili”, da definirsi più personali, come “Down Down” a composizioni più orecchiabili, con ritornelli quasi pop, come “Come se veramente”, creando una continuità fluida del concerto, mai scontata e al contempo mai troppo impegnata, densa di cambiamenti di tempo, di intenzioni e di sentimenti denotando anche qui una grande sensibilità e un grande rispetto per il pubblico. Rispetto e simpatia anche quando scherzosamente chiede, con quel suo modo di fare modesto, se può togliersi la felpa strappando una risata del pubblico.

Il pianoforte, strumento elegante e austero, lontano dalla dinamica visiva di una chitarra o di una batteria, eppure l’estro di Giovanni Allevi riesce a evocare immagini che vanno oltre alla semplice sfera musicale, sembrava quasi più che tessesse una tiepida e morbida coperta per il pubblico, che si sopiva e si cullava nel suo visionario talento.

Non era più musica ma sogni ad occhi aperti. Anche i sogni più belli, purtroppo, svaniscono al risveglio e dopo una tempestosa storia d’amore tra l’ape e il suo fiore, dal brano omonimo “L’ape e il fiore”, e due bis: “Secret Love” e un pezzo finale definito da Allevi un brano “Jazz ma non Jazz”, il concerto esaurisce la sua magia con un pubblico appagato che non risparmia applausi ed elogi riempiendo di commozione il musicista.

Solo il caos dentro di te farà uscire la più luminosa delle stelle, osservava Nietzsche secoli fa, e Allevi incarna in pieno questo passo. Il caos dentro al suo animo ha illuminato, per una sera, tutti noi.

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