Castel San Giovanni, "Enrico IV" al Teatro Verdi
In programma domenica 23 febbraio alle ore 21, presso il Teatro Verdi di Castel San Giovanni, lo spettacolo teatrale ENRICO IV , di LUIGI PIRANDELLO - riduzione e regia di ALBERTO OLIVA, con MINO MANNI, Davide Palla, Simone Coppo, Sonia Burgarello, Giancarlo Latina - musiche originali di Bruno Coli
PRIME NOTE DI REGIA SU ENRICO IV DI LUIGI PIRANDELLO
“Confidarsi con qualcuno, questo sì, è veramente da pazzi”
Con Enrico IV di Luigi Pirandello vogliamo proseguire un percorso di esplorazione dei grandi autori teatrali. Dopo il Conte di Roccamonte nel Ventaglio di Goldoni e Shylock nel Mercante di Venezia di Shakespeare interpretati da Mino Manni, scegliamo di raccontare la parabola esistenziale di un altro grande emarginato, un reietto della società, che si rinchiude in un volontario esilio di pazzia da cui uscirà allo scoperto urlando la sua rassegnazione: “mi chiamavano pazzo anche prima”.Il protagonista del testo preferisce ricercare proustianamente il tempo passato, volgersi all’indietro per provare a vivere in un’epoca il cui destino è già scritto, in cui può isolarsi e perdersi, ma anche osservare con malizia la stupida vanità dei propri contemporanei che lo circondano, ridicolmente travestiti da buffoni. Non agisce, guarda gli altri vivere e ride della loro inadeguatezza.
Colpito da un trauma fisico da cui si è risvegliato, Enrico IV si accorge di essere solo e abbandonato, e decide di intraprendere un viaggio mistico alla ricerca di se stesso. La conoscenza attraverso la sofferenza sublima questo piccolo borghese del Novecento fino alle altezze di un personaggio da tragedia greca, ma è tutto un inganno, una finzione costruita ad arte, un’illusione.
Un sogno. Lo spettacolo prenderà vita nella sua stessa testa e sarà impossibile capire cosa sia reale e cosa immaginario, fino a che punto il personaggio finga di non rendersi conto della verità dei fatti e quanto davvero non si accorga di quel che gli si agita intorno.In questo suo distacco dal mondo e dai suoi vani conflitti, Enrico non è solo testimone del dolore dell'umanità, ma se ne fa vittima e carnefice allo stesso tempo. Subisce, infatti, l’emarginazione più totale dalla vita che gli scorre via dalle mani e lo vede giungere “con una fame da lupo a un banchetto già bell’e sparecchiato”.
Ma diventa anche sadico vendicatore di questa solitudine divertendosi a giocare con i suoi ignari complici, i servi che lo venerano come un sovrano medievale e trascorrono l’intera loro esistenza a ingannarsi di ingannarlo, ridicoli infermieri di un assurdo malato psichiatrico.
Per tutti è necessario indossare una maschera, con cui nascondersi e proteggersi per affrontare gli altri e – forse – cercare di essere più forti e coraggiosi: “Guai a chi non sa portare la sua maschera, sia da Re, sia da Papa”.
Alberto Oliva