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Boiardi, la lettera aperta agli elettori: "Non ho portato via voti alla coalizione"

L'ex presidente della Provincia ringrazia i cittadini con uno scritto: "Una parte dirigenziale del Pd non ha mai nascosto il malcontento nei confronti della mia candidatura. La mia lista civica non ha rubato voti alla coalizione. Guardo a quanti ne ha portati per permetterci di uscire da queste elezioni a testa alta"

Pubblichamo il testo integrale della lettera aperta che Gian Luigi Boiardi, ex presidente della Provincia, ha scritto ai piacentini dopo la tornata elettorale.

Ringrazio i 66.213 elettori che, direttamente o attraverso i partiti e i movimenti della mia coalizione, mi hanno rinnovato la loro fiducia. Ho svolto il lavoro di presidente alla guida della Provincia di Piacenza con impegno, orgoglio e senso di responsabilità. Credo infatti che la polemica non sia politica, il protagonismo non sia politica, la lotta per le poltrone o per le candidature non sia politica.

Ho amministrato nella convinzione che per poter fare politica bisogna prima aver partecipato alla vita civile. Perché c’è un tempo per tutte le cose e la politica non può e non deve diventare una professione, ma restare un servizio.
Certo, ci vuole coraggio: il coraggio di mettersi in gioco, di spingere il nuovo ad emergere, di rompere con vecchi schemi e rituali che, è evidente oggi più che mai, non funzionano più.    
Quando ho accettato di ricandidarmi alla presidenza della Provincia per un secondo mandato sapevo di affrontare una prova molto difficile. E per diversi motivi.
Da un lato, per la prima volta dal 1995 i partiti del centrodestra si sono presentati uniti. E con un consenso altissimo. Un dato puntualmente confermato in tutto il Nord e nelle province limitrofe di Lodi e Cremona. L’onda travolgente della Lega Nord non lascia spazio a molte interpretazioni: basta pensare che in città, a fronte dei 2.517 voti alle elezioni del sindaco Reggi nel 2007, la Lega è arrivata a 6.283 in questa tornata elettorale. Insomma, è triplicata.

Dall’altra, una parte dirigenziale del Partito Democratico non ha mai nascosto il malcontento nei confronti della mia candidatura. A partire da ottobre, quando si è affrontato il tema delle primarie - da me pubblicamente auspicate come “sinonimo di democrazia” -  e che si sono risolte in un’unica autocandidatura, successivamente ritirata. Malcontento che, probabilmente, ha origini più remote: quel gennaio 2006, alla verifica di metà mandato, in cui sono venuto meno alla richiesta di rimpasto della mia Giunta. Malcontento ancora più radicato quando ho scelto di presentarmi a queste elezioni con la stessa coalizione di governo. E non ultimo, quando in pochi giorni, ho messo insieme una vera squadra di cittadini a sostegno della famiglia del centrosinistra. Trenta giorni di lavoro, di campagna elettorale con chi è alla sua prima volta e un risultato importante: 9.389 voti, due consiglieri.
Le analisi del voto a caldo della dirigenza del Partito Democratico si sono concentrate su quanti voti la lista civica avrebbe portato via ai partiti della coalizione. Io guardo a quanti ne ha portati per permetterci di uscire da queste elezioni a testa alta e con una sconfitta che, viste le premesse, avrebbe potuto essere umiliante. Un contributo che hanno portato anche i partiti di sinistra della coalizione ma che, ancora una volta, non hanno saputo capitalizzare superando quelle divisioni ideologiche che non portano da nessuna parte: portano solo a non essere rappresentati in Europa, al Parlamento e neppure in Consiglio Provinciale.
 
Chiedo solo una cosa: ora che tutti abbiamo perso, ora che abbiamo contribuito pesantemente al passaggio alla destra della Provincia, ora che a livello nazionale e a livello locale abbiamo ulteriormente allontanato i nostri elettori dalla politica, ora che invece di fare insieme un’attenta analisi della situazione siamo stati capaci solo di giocare allo scaricabarile, ci sentiamo meglio?
Chi mi conosce sa che le sfide sono il sale della mia vita. Mi appresto con lo stesso entusiasmo che mi ha accompagnato in questi cinque anni, ad affrontarne due. La prima all’opposizione, un ruolo essenziale in una democrazia che si rispetti. Fare opposizione non significa essere d’ostacolo, non significa far prevalere la logica di parte per cui tutto ciò che fa la parte avversa è sbagliato e da demolire. Il fine, maggioranza e opposizione, è il medesimo: risolvere i  problemi. Ho consegnato a Massimo Trespidi un ente efficiente, innovativo, in movimento. Conosco molto bene la complicata macchina amministrativa e da questo importante bagaglio di conoscenze parto per mettere ancora una volta al servizio dei cittadini la mia esperienza. In quest’ottica, ai colleghi consiglieri e ai segretari dei partiti, che in questi giorni incontrerò, chiedo di collaborare per realizzare un’unica opposizione coesa e determinata.

La seconda, quella più importante, è di mettere freno all’autolesionismo e alle divisioni oramai dilaganti che ci stanno portando a perdere la nostra identità e fare di questa sconfitta il sacrificio necessario, l’ultimo, per la costruzione di un centrosinistra che riporti fiducia in quelle energie disperse in questi anni per un progetto che sia vera alternativa politica. Io, come sempre, ci sono. E so di poter contare su di voi.

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