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«Caorso rischia di diventare la pattumiera nucleare d'Italia»

«Passano gli anni ma il Governo non ha ancora individuato il deposito nazionale per i rifiuti radioattivi. Vi è il concreto pericolo che Caorso rimanga la pattumiera nucleare d’Italia e noi non lo possiamo accettare». E’ una battaglia che il consigliere regionale di Fratelli d’Italia Tommaso Foti, candidato alla Camera per il centrodestra alle prossime politiche del 4 marzo, combatte da anni e nelle scorse ore, durante una visita elettorale a Caorso, è tornata in primo piano e in testa alle priorità di quella che sarà la sua azione politica da parlamentare qualora eletto. 

«E’ un tema di assoluta rilevanza, e non solo per i cittadini di Caorso - dice - ma per tutto il territorio provinciale. Si stanno accumulando ritardi inaccettabili e l’abbiamo sempre denunciato in tutte le sedi e in tutte situazioni. La prospettiva che il Comune di Caorso venga ormai considerato il luogo naturale per lo stoccaggio dei rifiuti nucleari è purtroppo sempre più concreta». Ecco perché «noi diciamo basta con le false promesse - afferma il candidato Foti - e crediamo che finalmente sia ora di prendere una decisione». L’intenzione politica è chiara, dunque: individuare al più presto le aree potenzialmente idonee a ospitare il deposito nazionale e parco tecnologico (Cnapi) in modo che il sito di Caorso possa essere a tutti gli effetti smantellato. Ed è proprio sui ritardi che il governo sta accumulando, più volte denunciati da Tommaso Foti in tutte le sedi, che il candidato del centrodestra insiste. Ritardi che rischiano di spostare sempre più in avanti la soluzione di un problema che dura da troppo, visto che una volta individuata l’area su cui realizzare il deposito nazionale per i rifiuti radioattivi «occorreranno quattro anni e mezzo per l’autorizzazione e almeno altri quattro per la costruzione del deposito». Parliamo di tempi troppo lunghi, secondo il candidato del Centrodestra: «Se si potesse partire oggi con i lavori, il deposito non sarebbe pronto prima del 2027». E oggi, evidentemente, non si può nemmeno pensare di poter partire non essendo ancora stata pubblicata la Carta. Nel frattempo - sottolinea Foti - «i costi per mantenere in sicurezza il sito nucleare piacentino corrispondono a circa 70 milioni di euro all’anno». 

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