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Colosimo presenta un esposto in procura: «Accoglienza profughi gestita male»

Il consigliere comunale di Piacenza Viva nella mattina del 22 gennaio si è recato in procura per segnalare alcune situazioni “anomale” nel sistema di accoglienza dei profughi nel territorio piacentino

Il consigliere comunale di Piacenza Viva Marco Colosimo presenta un’esposto in Procura sul sistema di accoglienza profughi del territorio Piacentino. Lo fa nella mattinata del 22 gennaio dopo aver visto di persona e dopo aver parlato con alcuni ospiti di alcune strutture coinvolte nella gestione della prefettura. «Nella mia qualità di Consigliere nel Comune di Piacenza – si legge nell’esposto di Colosimo - mi sono preoccupato di verificare le condizioni di accoglienza praticate nella nostra realtà agli stranieri da noi accolti e richiedenti asilo.

Premesso:

- che è stato stabilito per legge un protocollo di accoglienza, comprendente: servizi di gestione amministrativa, servizi di assistenza generica alla persona, servizi di igiene e pulizia ambientale nei luoghi di accoglienza, erogazione dei pasti, fornitura di beni di prima necessità per il confort personale, erogazione del pocket money nella misura di € 2,50 procapite e pro die, erogazione una tantum di una tessera telefonica di € 15 all'arrivo. A questi servizi di prima accoglienza, si devono aggiungere – sempre in base al protocollo stabilito legislativamente - altri riferiti specificamente all'integrazione degli assistiti e comprendenti l'assistenza sia sul piano culturale che amministrativo, nonché sanitario, al fine di assicurare il miglior inserimento e la migliore integrazione possibili; Oggetto del mio interessamento istituzionale, anche alla luce degli avvenimenti scandalosi recentemente riportati dai media nazionali, è stato quello di accertarmi che simili avvenimenti non siano accaduti anche nella nostra realtà locale.

A tale scopo, il 2 dicembre 2014 mi sono recato presso le strutture d'accoglienza dei profughi presenti nella città, uno in via Cortesi 2 (appartamento che ospita solo quattro persone) ed uno ben maggiore in strada di Cortemaggiore, località Corte Bossina, dove sono ricoverati una cinquantina di profughi.. Mi sono incontrato con un giovane profugo, di cui non conosco le generalità, ma che so proveniente dalla Costa d'Avorio, unico in grado di dialogare in italiano, il quale mi ha illustrato le loro condizioni all'interno delle suddette nostre strutture di accoglienza. Specialmente per quanto si riferisce alla struttura più grande, ho potuto rilevare (sia dal colloquio che dall'osservazione diretta) che molti degli obblighi surriferiti non sono affatto (o ben poco) osservati. 

Particolarmente gravi mi sono parse le carenze in tema di assistenza medica, di inserimento culturale e di inserimento lavorativo. Ad esempio, mi è stato riferito che in un caso di necessitàmedica, verificatosi di sera, hanno dovuto rimandare al giorno successivo la chiamata del medico, dal quale hanno dovuto recarsi personalmente in bicicletta, poiché non erano in grado neppure di indicare chiaramente per telefono dove si trovavano. Peraltro, fra gli obblighi del gestore di un servizio di accoglienza c'è proprio quello di assistenza e accompagnamento presso le strutture sanitarie in caso di bisogno. L'emergenza riferitami era dipesa da un malessere alimentare a causa di cibi evidentemente non idonee (mentre nel citato protocollo è data particolare importanza proprio all'aspetto alimentare dell'accoglienza). Altrettanto carente mi è parso il servizio di assistenza linguistico e culturale.

Il giovane e un suo compagno da me incontrato all'interno della Corte Bossina, mi hanno riferito che gli ospiti non hanno possibilità pratica di interagire con qualche soggetto responsabile dei servizi di accoglienza, tranne che con una signora, la quale li ha caldamente esortati a non lamentarsi di nulla, perché non sarebbe stato possibile rapportarsi con qualche soggetto responsabile. Il secondo ragazzo ha aggiunto poi che essi potevano solo parlare col cuoco (che è del Bangladesh) e con un tale, il quale (sempre a detta del giovane) "lavora per il capo ed è il figlio di una polizziotta". Non mi è stato possibile verificare o controllare il contenuto di queste dichiarazioni, che riferisco qui solo per scrupolo di completezza. In definitiva, ritengo che sarebbe opportuno un interessamento da parte della S. V., anche al fine di evitare e prevenire l'insorgere di situazioni di abuso in una così delicata materia, con pericolo di malversazione di pubblico denaro».

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