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Il Comune con 167mila euro prova a mettersi alle spalle il contenzioso Morsia-Mangiarotti

Ok “sofferto” in Consiglio alla delibera: per chiudere la vicenda del concorso da dirigente il Comune dovrà sborsare altri 167mila euro, dopo averne già messi sul piatto 69mila. Il vicesindaco Baio: «Invieremo comunque tutti gli atti a Procura e Corte dei Conti». «Gravi responsabilità di chi se ne occupò»

Un debito fuori bilancio non da poco: 167mila e 788 euro non previsti di cui tenere conto. È la “patata bollente” che il Consiglio comunale ha dovuto deliberare durante la seduta del 9 ottobre. Il Comune di Piacenza prova così a chiudere una vicenda intricata che ha tenuto banco per quattro anni, con otto pronunciamenti da parte della magistratura: il contenzioso tra Giuseppe Morsia e Massimo Mangiarotti. Il primo aveva vinto un concorso pubblico, il secondo aveva fatto ricorso e i giudici gli hanno poi dato ragione. Ora il Comune deve rimborsarlo dei mancati guadagni. La pratica ha incassato l’ok quasi unanime del Consiglio (a favore Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia, Liberali, Pd, Movimento 5 Stelle, Piacenza Più e Piacenza in Comune): unici astenuti i consiglieri di “Liberi” Massimo Trespidi, Gloria Zanardi e Mauro Monti. Per far fronte a questa spesa non prevista l’ente di Palazzo Mercanti farà affidamento su una parte dell’avanzo di amministrazione 2016. 

«Nel dicembre 2012 – ha ricostruito in aula la vicenda il vicesindaco Elena Baio - il Comune di Piacenza ha indetto una selezione pubblica per il ruolo di dirigente della direzione risorse. Tra i requisiti era necessaria l’esperienza di funzione di dirigente per almeno un quinquennio. La commissione nominò primo classificato il dottor Giuseppe Morsia. Secondo arrivò Massimo Mangiarotti, che impugnò l’esito del concorso. Mangiarotti riteneva che questo quinquennio di Morsia non fosse mai stato ottenuto. Questo perché era dirigente di settore, sì in una posizione apicale, ma con la presenza di un dirigente generale che gli era superiore. Il Tar di Parma ha perciò annullato questa delibera. È stato indetto nuovamente il concorso, e Morsia è stato riconfermato nel ruolo con una motivazione ad hoc. Così si sono verificati altri ricorsi e il Comune di Piacenza ha perso nuovamente e le delibere sono state annullate. Di fronte a una sentenza esecutiva ora il Comune è costretto a pagare. Mangiarotti chiedeva 245mila euro. I conteggi per l’importo sono complessi, a lui spetta la differenza di busta paga rispetto a quello che ha svolto in questi anni, che noi quantifichiamo in 167mila euro, ovvero 163mila a lui e 4mila euro al suo legale. Il Comune ha già speso in passato per la difesa 70mila euro (53mila per la propria difesa affidata a incarichi esterni e 15mila euro per rimborsare la difesa di Mangiarotti). Pendono ancora due cause su questa posizione: il Comune chiede che questa sentenza pro-Mangiarotti venga revocata. Un’altra causa fatta da Mangiarotti al Giudice del Lavoro di Piacenza per un’altra dirigenza dei servizi sociali ed è già stato respinto un provvedimento cautelare».

Unanime lo sdegno di tutte le forze politiche. «Questa vicenda – ha esordito Massimo Trespidi, capogruppo di “Liberi” - mette in rilievo un aspetto che accomuna tecnici e politici: l’autoreferenzialità. Non c’è stata preoccupazione di rispondere degli atti eseguiti. Ci sono state responsabilità enormi: è la prima volta che avviene un fatto di tale gravità. Ci sono atti annullati dalla magistratura, non è di poco conto. È un contenzioso che ha un onere importante per il Comune, a questi 167mila euro si aggiungono altri 70mila euro già spesi in passati. Sono 232mila euro in totale per questa vicenda. C’è stato un accanimento nell’atteggiamento del Comune. Il contenzioso poteva concludersi molto prima: forse era il caso di fermarsi, visti anche i pareri richiesti dal Comune. È una grave responsabilità politica. Dopo otto pronunce si solleva una questione: possiamo fidarci degli atti che Morsia ha firmato in questi anni?». Trespidi ha attaccato duramente tutti i protagonisti di questo tortuoso percorso amministrativo-giudiziario. «Hanno responsabilità il sindaco Dosi e la sua Giunta, il precedente segretario generale, la commissione del concorso. Abbiamo inoltre riconosciuto indennità di risultato a dirigenti comunali che dovevano controllare i dipendenti. Dipendenti poi protagonisti dei “furbetti del cartellino”».

«L’assessore ci consiglia di pagare – ha preso la parola il capogruppo di Forza Italia Sergio Pecorara - questa cifra e votiamo a favore. Questo contenzioso andava fermato prima, e non proseguito per quattro anni». Anche il Movimento 5 Stelle ha votato a fatica. «Errori si possono commettere – ha spiegato Andrea Pugni - ma in questo caso sono reiterati nel tempo e si può pensare che “sotto ci sia qualcosa”. L’assessore Gazzola fu arrogante nel commentare la vicenda dopo le critiche del Movimento 5 Stelle che era allora presente in Consiglio. Disse che eravamo in preda a delle “paturnie” politiche: oggi per colpa di queste paturnie dobbiamo spendere tutti questi soldi. C’era qualcuno che voleva che Morsia rimanesse in quell’incarico? Il nostro è un voto obbligato – ha aggiunto ancora Pugni  dei 5 Stelle – ma è difficile andare a spiegare alla gente che votiamo a favore di una spesa da oltre 230mila euro per colpa di qualche politico. Nella pratica non sono neanche indicati i nomi dei responsabili».

Tommaso Foti (Fratelli d’Italia) aveva incalzato già in passato sul contenzioso. «Va di moda dire che questa Giunta – ha parlato così durante la seduta - è in continuità con quella precedente. Dovevamo decidere fin dall’inizio di non proseguire dopo la prima sentenza contro di noi. L’Amministrazione precedente è stata irresponsabile, potevano chiudere la vicenda e invece hanno perso su tutti i fronti. Intanto abbiamo dato 50mila euro all’avvocato Umberto Fantigrossi per la sua difesa. Un Comune che ha questa dirigenza dovrebbe vergognarsi. Fratelli d’Italia vota con sofferenza questa delibera».

«Io prenderei i componenti di quella commissione – ha aggiunto Antonio Levoni (Liberali piacentini) - e tutti quelli che hanno preso parte alla pratica, insieme ai politici, e farei pagare loro questi soldi. È ingiusto che paghino i piacentini. Si voleva evidentemente impedire a Mangiarotti di assumere il suo incarico durante il mandato del sindaco Dosi». Il Partito Democratico si è affidato a un breve commento del consigliere Christian Fiazza. «È una brutta pagina quella di oggi che chiudiamo, con la consapevolezza che chiediamo alla Corte dei Conti che i “responsabili paghino”. Che vengano pure individuati i responsabili per far acquistare un po’ di credibilità al Comune. Non mi sembra invece grave che il Comune incarichi avvocati esterni all’ente per la sua difesa».

Il capogruppo della Lega Nord Stefano Cavalli ravvisa responsabilità da parte della Giunta. «Questa è una grave colpa della precedente Amministrazione. Noi facciamo fatica a portare a compimento questi passaggi della passata Amministrazione. Siamo responsabili e con fatica portiamo avanti provvedimenti non nostri. Lo facciamo con il mal di pancia».

Per Luigi Rabuffi (Piacenza in Comune) la situazione è «spiacevole». «Otto sentenze mi lasciano perplesso sulla certezza del diritto. Trovo poco corretto che l’Amministrazione con testardaggine abbia portato avanti la vicenda. Delle volte bisogna fare un passo indietro e riconoscere la sconfitta. Questa esperienza deve far riflettere tutti noi e non si deve ripetere mai più».

Se tutte le forze hanno votato con sofferenza la pratica, il gruppo “Liberi” ha preferito astenersi. «Noi non voteremo questo provvedimento. – ha chiarito Trespidi -. Se hanno impiegato quattro anni per l’iter mi chiedo se anche la maggioranza di allora ha svolto il ruolo ispettivo e di controllo che deve esercitare. I provvedimenti sul personale arrivano in Consiglio solo se sono “danni” come questo. La Giunta però aveva competenze. Basta con l’autoreferenzialità di dirigenti che non rispondono a nessuno. E come mai l’Amministrazione precedente non ha accantonato risorse per questa vicenda anno per anno? Ora la politica deve fare piazza pulita. Ci sono a breve cinque bandi dirigenziali: speriamo che non ricapitino più situazioni del genere». D’accordo con la decisione la collega Gloria Zanardi: «ci sono responsabilità politiche e tecniche gravi. Bisognava avere più prudenza». «Questa Giunta – ha comunque sgombrato il campo il vicesindaco Baio - invierà tutti gli atti alla Procura e alla Corte dei Conti per accertare le responsabilità. Si ravvisa l’errore della presentazione di un candidato a quel concorso: difficile che la cosa passi inosservata alla Corte dei Conti». E così, in tempi di “magra” come questi, il Comune deve aprire la sua borsa e scucire altri 167mila euro. Non proprio pochi.

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