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«Migrazioni e traffici di esseri umani», l’intervento di Livio Podrecca

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di IlPiacenza

«A ridosso delle coste di Lampedusa è in corso un singolare braccio di ferro. Da una parte le imbarcazioni delle ONG cariche di migranti che pretendono di avere il diritto di sbarcare, anche con la forza, nei porti e sul territorio italiano. Dall’altra lo Stato che lo vieta, ritenendo la condotta delle ONG funzionale ad un illecito traffico per favorire la immigrazione clandestina. L’Italia appare essere da un lato la stampella, dall’altro il tallone d’Achille di una ipocrita e mai così claudicante Europa. La prova di forza si gioca sul filo di rasoio del diritto e dello stato di necessità, impugnato come provocazione in situazioni di pericolo di naufraghi, per così dire, volontari e consenzienti, che appaiono strumentalmente predisposte in modo che le ONG e i loro capitani possano approfittarne per completarne il periglioso viaggio verso le nostre coste. Siamo di fronte ad una sfida, oramai dichiarata ed aperta, tra da una parte un mondo che appare contiguo a quello, provocatorio, disordinato e violento, dei centri sociali. Dall’altro lo Stato, con le sue leggi ed i suoi poteri, se ne condividano o meno le scelte politiche. Le ONG ed i loro fiancheggiatori, dopo avere sfruttato situazioni di asserita necessità che appaiono anche al più ingenuo degli osservatori come create ad arte, aspettano un passo falso dello Stato e dei suoi rappresentanti per poi strapparsi le vesti per le asserite violazioni del diritto interno ed internazionale sul piano umanitario e dei diritti umani, e poter così imporre i propri progetti e le conseguenti azioni. Sullo sfondo, i tormenti ed il dolore del terzo mondo, dei poveri, ed i movimenti imponenti ed apocalittici delle migrazioni dei popoli. Credo che molti di noi, percependo le sottili vibrazioni dello scontro in atto e la posta in esso in gioco, vivano, oggi, un certo senso di angoscia per le incognite ed i possibili esiti dell’attacco alle istituzioni e, in certo modo, all’occidente che si sta consumando sotto i loro occhi anche con il supporto di chi dovrebbe, invece, difenderle, magistratura inclusa. Per altro, penso che in molti, anche cattolici, che non sono animati da preconcetti furori ideologici né da stupidi ed aprioristici buonismi, si chiedano dove, in questa situazione, nella quale l’umanitarismo è impugnato come strumento di pressione e di ricatto, stia ragionevolmente il vero, il giusto, il bene. Io sono tra questi, e seguendo alcuni lampi della memoria di articoli e mezze frasi colte sui giornali e nei dibattiti pubblici, ho cercato di capire meglio, facendo una piccola ricerca, che qui condivido con coloro (pochi o nessuno) che, per puro caso, avranno la sventura di leggere queste righe.

In primo luogo mi sono imbattuto in un documento che il 13° Congresso delle Nazioni Unite[1], “On Crime prevention and criminal justice vergava sul traffico di migranti nell’anno 2015. In esso, testualmente, si afferma: Ogni giorno, nel mondo, vi sono persone che mettono a repentaglio la propria vita per sottrarsi alla povertà, alla mancanza di opportunità, a calamità naturali, alle persecuzioni, ai conflitti o all’instabilità. Quando nel proprio paese non è possibile garantirsi una vita migliore o più sicura, attraversare la frontiera sembra l’alternativa migliore, se non l’unica, per loro stessi e per la loro famiglia. In un mondo in cui, per vari motivi, spesso non è possibile migrare legalmente, questa domanda genera un redditizio mercato illecito. È un crimine che alimenta la corruzione e rende più potente la criminalità organizzata. Criminali a caccia di profitti sfruttano l’assenza di opportunità lecite per i migranti e approfittano della loro situazione offrendo servizi estremamente costosi, tra cui trasporto, ma anche falsificazione di documenti. Poiché tali servizi sono illegali, i migranti rimangono, vulnerabili, nelle mani dei trafficanti. Troppo impauriti e intimiditi per rivolgersi alle autorità con richieste di aiuto, molti vengono maltrattati durante il trasferimento e costretti a subire condizioni deprecabili, finanche abusi lungo il tragitto fino a destinazione, quando non vengono addirittura abbandonati senza risorse lungo il percorso. Possono essere vittime di estorsione e sfruttamento da parte dei trafficanti in condizioni disumane, spesso al limite della sopravvivenza. Migliaia di persone sono annegate in mare o morte nei deserti”. D’altra parte, il 21 maggio scorso Giuseppe Aloisi su Il Giornale firmava un articolo dal titolo: Ora i vescovi africani invitano i migranti a restare in Africa[2]. I presuli di quelle nazioni – dice il giornalista -, quelle abbandonate da tanti giovani che cercano fortuna e futuro in Europa, nutrono preoccupazioni lampanti per quello che sta accadendo. L'ennesima conferma è arrivata in queste ore, con le numerose firme poste sotto a un documento ufficiale, stilato al termine di un'assemblea plenaria, che sollecita le persone che manifestano una volontà di andarsene a non intraprendere un'Odissea rischiosa. Quella che non di rado termina con un naufragio fisico ed esistenziale”.  Sulla stessa linea, prosegue il giornalista, il prefetto della Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei sacramenti, Card. Robert Sarah, il quale non teme di evocare le "strane organizzazioni umanitarie", quelle stesse che, promettendo il "nirvana di Instagram" - come lo chiamava Stephen Hawking - metterebbero a repentaglio le sorti africane.

Il problema del sud del mondo è grave. La povertà, lo sfruttamento, le malattie, la fame, il disordine sociale. A chi non si stringe il cuore pensando a questi fratelli, a queste nazioni strette nella morsa di una vita così diversa, spesso nel sottosviluppo e nelle difficoltà economiche, sanitarie, e via dicendo. Ma può essere la malavita a risolverlo, con la tratta delle persone? E chi si mette in viaggio in queste condizioni non sa di andare a violare le leggi dei Paesi in cui cerca clandestinamente di entrare? Non sa che cosa lo aspetta? Non è in qualche modo partecipe, sia pure come parte debole e – alla fine - sfruttata dal ciclo delinquenziale in cui si è cacciato, delle dolose macchinazioni volte, per lucro e per destabilizzare l’occidente, a far figurare i pericoli e le situazioni di necessità predisposte ad arte per giustificare la facciata umanitaria del traffico illecito di esseri umani che si sta consumando sotto i nostri occhi? Ecco, queste credo siano le domande a cui ciascuno che sia intellettualmente onesto è, in coscienza, chiamato a rispondere prima di demonizzare, in un senso o nell’altro, l’avversario.

Il sesto giorno, al termine della creazione, “Dio li benedisse e disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra». Ecco io credo, con i vescovi africani, che l’Africa, per fare un esempio, debba essere non abbandonata, ma abitata e dominata, né più né meno di quanto non sia avvenuto, in passato, nell’occidente già cristiano, oggi scristianizzato, afflitto da decadenza morale e denatalità, dove si è soppressa la differenza sessuale, i figli si comprano ed ai vecchi e malati si riserva la eutanasia. Il paradiso virtuale di Instagram non vale la connivenza con i trafficanti di esseri umani ed il rischio di morte, come è stato detto, fisica ed esistenziale nelle aride lande di una Europa, per parafrasare quanto il compianto Mons. Enrico Manfredini diceva di Bologna, sazia e disperata».

Livio Podrecca

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