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«Nessun attendismo, in dieci giorni abbiamo stravolto tutta la sanità piacentina»

Le risposte di Baldino al Consiglio: «L’hub regionale di terapia intensiva a Piacenza non serve, rivendico questa scelta: a noi servono posti flessibili ed è quello che stiamo organizzando. Smentisco ancora una volta che le polmoniti di dicembre registrate a Piacenza fossero Covid-19. E ho smesso anch’io di ascoltare i virologi in televisione»

«Io attendista durante l’emergenza? In soli dieci giorni abbiamo completamente stravolto l’azienda sanitaria locale di Piacenza, per far fronte a una pandemia per la quale nessuno era preparato». Luca Baldino, direttore generale Ausl, ha rispedito al mittente – ovvero il consigliere Michele Giardino del Gruppo Misto -, le critiche emerse durante la seduta di Consiglio dell’8 giugno. «Ho passato due mesi e mezzo sentendomi chiedere tutti i giorni se fossimo arrivati al picco di contagi e decessi, e a quelle domande rispondevo che bisogna “aspettare il giorno successivo” e fare confronti. Poi ho annunciato che il picco era ormai alle spalle. Non vorrei che alcune mie risposte date ai giornali apparissero come attendiste. A Piacenza abbiamo stravolto in dieci giorni tutta l’azienda per l’emergenza, fino a raggiungere i 700 posti letto sul territorio. Siamo stati i primi a lavorare sull’eparina (a Castello), i primi a inventare le Usca (intuizione del prof. Luigi Cavanna ma immediatamente appoggiata dall’azienda). Sono arrivate centinaia di persone gravissime ogni giorno al pronto soccorso».

Insomma, la situazione era talmente grave che una risposta migliore di quella data, in quelle condizioni, era all’epoca impossibile da immaginare. «Definirla una politica attendista – ha replicato l’ingegner Baldino -, questo no, non penso che sia vero. Qualche errore lo si è fatto, chi non fa niente non sbaglia mai. Mi è stato chiesto quale decisione volessi cambiare, tornando indietro nel tempo. Non era assolutamente ovvio, come invece ha scritto qualcuno, che al 1 gennaio 2020 l’azienda dovesse già avere una scorta di dispositivi di protezione tale da poter gestire l’emergenza che abbiamo affrontato».

Tanti sindaci contestano l’approvazione del piano di riordino della sanità piacentina, votato nel 2017. «Arrivammo a quel piano – ha ricordato Baldino, rispondendo così alle esortazioni di altri consiglieri – dopo due anni di discussione. Confronto che, poi, era tutto concentrato sugli ospedali, non sulla medicina territoriale. Da allora è cambiato tutto. Anzi, è diverso il territorio da quel 21 febbraio. Prima di quella data l’azienda era attrezzata per gestire casi di morbillo, di meningite. Il ragazzo colpito da meningite in Valtidone che aveva frequentato un locale pubblico era entrato in contatto con 50 persone. Non eravamo preparati a pandemia così grandi. Quel piano di riordino non va abbandonato, ma aggiornato».

«L’HUB DI TERAPIA INTENSIVA NON CI SERVE»

Nei giorni scorsi il ministro Speranza e il presidente regionale Bonaccini hanno inaugurato l’hub di terapia intensiva a Parma, Modena, Bologna e Rimini. «L’hub non dato a Piacenza è uno smacco? Sono io non lo volevo – ha spiegato Baldino - perché non lo ritengo utile per il territorio. Cosa ce ne facciamo di 50 posti letti di terapia intensiva fissi e stabili, quando in condizioni normali, senza Covid, i 15 posti letto bastavano? Noi volevamo avere posti flessibili per i nostri ospedali, rivendico con forza questa scelta».

DISPOSITIVI DI PROTEZIONE: «STIAMO FACENDO SCORTE»

Si è discusso tanto della mancanza di dispositivi di protezione. «Nelle quattro settimane di marzo – è l’osservazione del numero uno Asl - abbiamo consumato Dpi tanto quanto consumavamo prima in un anno e mezzo. E questa cosa è avvenuta a Bergamo, a Francoforte, a Wuhan, e in tutto il mondo. Anche l’ospedale di Caltanissetta che non aveva Covid si procurava dispositivi. La produzione mondiale di Dpi non si cambia in tre settimane. Noi stiamo accumulando scorte, l’obiettivo è di arrivare alla fine dell’estate gestendo 3-4 mesi di scorte per una eventuale emergenza».

«IMPOSSIBILE ANCHE IN FUTURO FARE I TAMPONI A TUTTI I PIACENTINI»

Nelle prime settimane era complesso avere un tampone nel Piacentino. «Al 21 febbraio – ha detto il capo dell’Ausl – vi era un solo laboratorio autorizzato in tutta l’Emilia-Romagna, era a Bologna e faceva al massimo 400 tamponi al giorno. Dal 21 al 24 febbraio a Bologna abbiamo inviato 2500-3000 tamponi al giorno, “saturando” quel laboratorio per una decina di giorni. Nel frattempo in televisione “fior di scienziati” ribadivano la necessità di tamponare tutta la popolazione, senza considerare la capacità lavorativa dell’epoca. Noi decidemmo di farli solo ai sintomatici. Due settimane dopo Piacenza era in grado di elaborare. Oggi ne fa un migliaio al giorno: ne faremo duemila quando arriverà una nuova macchina operativa. Avere un laboratorio che da solo fa 2-3mila tamponi al giorno per la fine di agosto ci renderà pronti in caso di una nuova ondata. Ma non potremo comunque mai fare 300mila tamponi alla settimana a Piacenza, ovvero uno per ogni piacentino, per essere certi del blocco del contagio».

POLMONITI INVERNALI E COVID-19: «SMENTISCO ANCORA»

In aula è ritornata a galla la questione del “boom” di polmoniti registrate a dicembre all’ospedale di Piacenza. Forse erano già dei casi di Covid-19 non diagnosticati? «No, lo ribadisco ancora – ha detto Baldino -. Il professor Emanuele Michieletti ha rivisto tutte le 215 polmoniti diagnosticate dal 15 dicembre al 15 gennaio ed ha escluso categoricamente che fossero di originale virale. Mi spiace per la trasmissione “Report” (che aveva segnalato questa correlazione, nda) ma su questa cosa hanno preso una cantonata». Lo stesso Baldino ha parlato di una «campagna mediatica pesante» (si riferisce, anche se non l’ha dichiarato, sempre a “Report” e a “Il Fatto Quotidiano”) nei confronti del rapporto tra pubblico e privato nella gestione dell’emergenza. Io posso dire che questo rapporto ha funzionato molto bene, nel giro di pochi giorni le strutture private si sono messe a disposizione del pubblico, quando è scoppiata l’emergenza». Infine, spazio ancora per una considerazione. «Si chiedono più medici sul campo, ma la loro mancanza non si risolve in poche settimane. Ora stanno cambiando le modalità di specializzazione medica, ma i primi specializzati li vedremo tra 4 anni, se tutto va bene. Sono 5 anni intanto che diciamo che i medici devono andare nelle Case della Salute. Ora ci vengono, perché non riescono a rispettare il distanziamento nei loro ambulatori». «Quattro mesi nella scienza medica invece sono zero, di questo virus non sappiamo ancora niente». «Lo confesso anche io – ha concluso - ho smesso di seguire i virologi in televisione. Quando non sai di quel che parli, è meglio rimanere zitti».

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