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«Siamo la patria della Coppa Dop e di certo non dobbiamo vergognarcene»

Elisabetta Rapetti, assessore del comune di Gossolengo, spiega perché ha sposato l’iniziativa dell’Associazione Piacenza Cultura Sport “Vegano, ma scherziamo?”

«Sì, ho voluto metterci la faccia perché io sono fatta così: quando credo in qualcosa non mi risparmio, anche a costo di non piacere a tutti». Elisabetta Rapetti, assessore al commercio e sviluppo economico del Comune di Gossolengo, spiega così la sua decisione di appoggiare l’iniziativa dell’Associazione Piacenza Cultura Sport a sostegno di un’alimentazione equilibrata e comprensiva di tutti gli alimenti.

Perché ha prestato il suo volto alla campagna “Vegano, ma scherziamo?”

«Una scelta personale che non vuole assolutamente essere una presa di posizione contro la filosofia vegana, che apprezzo e di cui riconosco le potenzialità salutari, ma che mi rifiuto di accettare come unico sistema nutrizionale e alimentare. Soprattutto in un territorio come il nostro in cui economia e tradizione enogastronomica si fondano su salumi e formaggi».

Un modo per difendere l’identità locale?

«Certo proprio questo. Il territorio piacentino ha una lunga storia norcina che ne ha influenzato la cultura e l’economia. La nostra è l’unica coppa con il riconoscimento Dop a livello nazionale. Parma ha una coppa Igp, con un disciplinare ben diverso da quello che devono seguire i nostri produttori per potersi fregiare della denominazione di origine protetta. Per non parlare della pancetta e del salame. Senza dimenticare che solo nel piacentino, per la precisione a Groppallo dai Fratelli Salini, viene prodotta la Mariola salume delizioso presidio Slow Food. E i nostri formaggi? Le nostre colline sono foriere di produttori di latte e formaggi dal Grana Padano a eccellenze come il Cacio del Po. Tutto questo si riversa nella cucina tipica: anolini, tortelli, pisarei e faso (per cui ricordo, la ricetta originale prevede le cotiche), bortellina con salumi di formaggi. A Expo ci siamo presentati al mondo con bortellina e coppa, è stato un successo e sono fiera che sia un nostro biglietto da visita».

C’è anche una non poco velata difesa delle libertà personali?

«Assolutamente sì. Dal momento che io rispetto le scelte alimentari di chi mi sta vicino, mi aspetto che vengano rispettate le mie come quelle di tanti altri. La libertà di pensiero e azione è fondamentale purché, ovviamente non leda la libertà degli altri. Mi piace il confronto, mi piace il dialogo, sono pronta a cambiare idea se mi trovo di fronte a motivazioni serie e rispettabili, ma solo con chi vuole dialogare e non farmi la guerra senza neppure sapere chi sono. Sono consapevole che ci sono aspetti controversi nell’allevamento degli animali così come nella produzione dei mangimi e mi schiero in prima persona contro le barbarie e le violenze contro gli animali che devono essere trattati comunque e sempre con rispetto. Esistono norme e regolamenti per questo che devono essere rispettati. So che queste mie parole possono stridere agli occhi di qualcuno che potrebbe accusarmi di ipocrisia: “poi alla fine li mangi”, potranno pensare. Sì. E’ vero, poi alla fine li mangio, ma questo non significa che sia insensibile al sacrificio. Recentemente ho letto del progetto Food for Soul di Massimo Bottura, chef dell’Osteria Francescana di Mantova tre stelle Michelin. Bottura si schiera contro lo spreco alimentare e per farlo, in quell’articolo ha portato l’esempio di come nelle famiglie contadine di un tempo il maiale fosse accudito e alimentato fino alla macellazione. Un alimento così importante che del maiale non veniva buttato nulla. È a questa logica di allevamento che dobbiamo fare riferimento».

Non è preoccupata delle reazioni?

«Sì e no. Sono certa che molti mi attaccheranno, ma sono altrettanto certa di non essere la sola a pensarla così, solo che io ci ho voluto mettere la faccia. Sono fatta così».

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