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Giovedì, 25 Aprile 2024
Politica

«Una commissione di verifica di tutti gli atti della Fondazione»

La richiesta arriva da Beniamino Anselmi, ex vicepresidente della Fondazione, unico del vecchio Cda a presentarsi al confronto con i consiglieri comunali. Anselmi: «Chi sbagliò in Banca Monte Parma, azzeccò altre mosse. I soldi in Svizzera si potevano portare. L'unico problema della Fondazione è il conflitto d'interessi»

A distanza di un anno dalla richiesta si è presentata solo una persona del vecchio Consiglio d’Amministrazione. I consiglieri del centrodestra della commissione 1 chiesero nell’aprile del 2015 un’audizione dei rappresentanti dell’ex Cda, per “illustrare gli atti sugli investimenti pregressi e sulla trasparenza di questi”. Ma solamente Beniamino Anselmi, ex vicepresidente della Fondazione, ha raccolto l’invito accompagnato da Vito Pezzati, ex presidente del collegio sindacale. Gli altri, l’ex presidente Francesco Scaravaggi, Stefano Pareti, Giovanni Rebecchi, Franco Marenghi e il vigevanese Renzo De Candia, non si sono presentati.  «Non posso fare azioni coercitive - ha spiegato il presidente della Commissione Stefano Perrucci -  ho solo chiesto la disponibilità a partecipare. I tempi si sono un po’ diluiti ma sono contento: è un’occasione utile per mettere a fuoco alcuni aspetti sui risparmi dei piacentini. Io ho invitato tutti, ma mi han dichiarato la loro indisponibilità a partecipare, per motivi diversi».

«Vogliamo fare chiarezza – ha esordito Massimo Polledri della Lega Nord, da sempre battagliero sul tema Fondazione - perché Piacenza ha il diritto di poter chiarire alcuni momenti non proprio gloriosi: abbiamo occupato alcune ribalte nazionali in modo non lusinghiero. Come uomini nel Cda e nel consiglio generale non c’è stato un grande ricambio dall’epoca di Marazzi a oggi. Parliamone». Anselmi ha preso di petto ogni intervento dei consiglieri in aula. «La democrazia dà fastidio a molti – ha risposto a Polledri - ma io sono qui: si dovrebbe fare una commissione di verifica, non la chiamerei d’inchiesta, che riveda tutti gli atti dal 2000 a oggi, le carte, i documenti per far vedere a tutto il popolo di Piacenza i costi, le spese, gli investimenti: questa è democrazia. Non possiamo ridurci a fare accuse al bar. Bisogna avere trasparenza e mettere a disposizione tutto: qua ognuno dice un pezzo, non si spiega dove siamo partiti e le spese».

Anselmi ha difeso l’operato dei precedenti Cda, anche di quelli precedenti al suo ingresso, datato 2009. «Nel ’99 si sancì che tutti gli atti dovevano passare dal Cda. In 10 anni sono stati erogati 70 milioni di euro, poi arrivati fino a 120 milioni di erogazioni verso la fine. Ricordo tre operazioni in particolare: 50 milioni per un’operazione che dava un rendimento minimo garantito del 3% con una banca internazionale, è ancora lì. La seconda è stata quella - venduta nel febbraio dello scorso anno – che dava un rendimento del 4%, poi sceso negli anni fino al 3%. La terza è stata fatta nel 2008, due acquisti a termine di Unicredit e Intesa. Quello di Intesa è stato eliminato, venne fatto nel 2008 per avere liquidità, quando crollò il mondo finanziario fu azzerato. L’altro era più problematico, era arrivato fino a 15 milioni di perdite. È stato poi trasformato in titoli di Stato. Ci siamo comprati dei titoli di Stato per assorbire questa perdita di 15 milioni».

«Nel Cda – ha proseguito nel suo lungo intervento - c’era gente che si è improvvisata finanziere senza sapere. Gli advisor ci dissero che se andavamo avanti ancora – con lo Spread dell’epoca – l’Italia sarebbe crollata e noi con loro. Ma abbiamo deciso di comprare titoli di Stato, e abbiamo azzeccato la mossa». Anselmi difende le plusvalenze ottenute in quei anni, ritenute comunque buone.

«Il patrimonio di 387 milioni del 2001 – ha aggiunto Pezzati - è diventato 401 nel 2013. Abbiamo visto crescere il valore, perché la Fondazione nel 2000 ha iniziato a fare attività. Un patrimonio netto dell’86% rispetto ai debiti rispetto a tutte le altre Fondazioni, che hanno una media dell’82%. L’avanzo netto era in percentuale più o meno in linea con le altre Fondazioni».

Marco Colosimo (Piacenza Viva) ha rinfacciato ad Anselmi alcune dichiarazioni. «Lei disse che la politica non doveva intromettersi nelle vicende della Fondazione. Ora dice che abbiamo il diritto e il dovere di conoscere. Forse ha fatto un dietro-front. Dovevate preservare il patrimonio e già nel 2011 si era svalutato del 32% l’investimento in Banca Monte Parma. Che misure ha adottato il Cda dell’epoca per non peggiorare questa svalutazione?».

«Ho rispetto delle istituzioni – la replica di Anselmi - ma la politica è un’altra cosa, non sono le istituzioni. Banca Monte Parma è stata fatta nel 2007 con il consenso anche del consiglio generale. È stato come darsi una martellata nelle ginocchia, visto che nell’ottobre del 2008 tutto il sistema bancario è crollato. Nel 2011 volevamo uscire da Unicredit e Banca Intesa, abbiamo portato a casa solo 28 milioni e 500mila di quello che avevamo.  Con il senno di poi siam capaci tutti a fare investimenti: ci sono titoli che rendono 100 milioni di euro e poi ne rendono 2 milioni. Come facevamo a dire nel 2007 che sarebbe crollato il mondo? Investire in Banca Monte Parma significava differenziare un po’, hanno deciso così, di fare un investimento “industriale”, cioè investire in più parti. C’è chi ha investito sul mattone: se la Fondazione avesse investito lì sarebbe finita ancora peggio. Ho due terrazze in piazza Cavalli, comprate 15 anni fa, se decido di venderle ora porterò a casa – se va bene – il 50% di quello che ho speso. Ma non lo sapevo di certo allora. Si son dette tante cose, e se ne sono scritte tante non vere, false, sbagliate su queste cose…».

«La Fondazione – ha incalzato anche Federico Sichel del Pd - non è una banca d’investimenti, acquistare titoli azionari di titoli di credito sono investimenti con grande potenzialità ma di grande rischio. Non sono quelli più giusti da fare per le Fondazioni. La nostra aveva poi l’obiettivo, dalla nascita, di abbandonare le azioni degli istituti di credito: e invece si sono vendute quelle della Cassa di Risparmio, per comprare quelle della Banca Monte Parma…».

«Le speculazioni – ha ancora risposto l’ex componente del Cda - i derivati, sono investimenti sbagliati. Ma su qualcosa dovevamo investire. Non era rischiosa Banca Monte Parma, io non c’ero ancora nel 2007, sono arrivato nel 2009 e non mi sento di fare lo “scienziato del giorno dopo”. Non parlo male di quelli che hanno investito allora. C’era una “ratio” in quell’operazione: allora le banche erano la gallina dalle uova d’oro. Non hanno messo tutto il patrimonio, ma solo qualche decina di milioni. Quando ce ne siamo andati abbiamo lasciati 170 milioni di euro di liquidità. Nessuno dice che ci sono 28-30 milioni di plusvalenze da Cassa Deposito e Prestiti, e altre plusvalenze che toccano perfino rendimenti all’8%, fatte da coloro che hanno sbagliato in Banca Monte Parma. Ma nessuno lo dice. Se mettiamo le carte sul tavolo lo capirete». Beniamino Anselmi-2

Mirta Quagliaroli del Movimento 5 Stelle ha ricordato i 200 milioni di euro di titoli finiti in Svizzera e poi tornati, chiedendo un chiarimento. «Sulla Svizzera rispondono i magistrati stessi: i soldi in Svizzera si possono portare, non era un trasporto illegale di denaro, basta dichiararlo. Nessuno però si è posto il dubbio che servisse un’autorizzazione. Era estate, ero in Sardegna al mare: mi arriva una telefonata che diceva che hanno spostato 200 milioni in Svizzera. Ho subito detto di riportarli indietro. Il magistrato parla di “trasferimento temporaneo a Lugano” condiviso dall’advisor ma non ben visto dal Consiglio generale che suggeriva più prudenza. Calcolate che il prof. Galletti – incaricato dall’attuale presidente Massimo Toscani di verificare la legittimità delle operazioni del passato, nda - ha passato tutte le carte e dice che era rilevante – per un’azione di responsabilità, nda - solamente l’operazione Gibuti, tutte le altre erano legittime. Casomai c’erano conflitti d’interesse interni, ma non voglio toccare questo tema. Lì si era investito, e arrivavano soldi. Ora non s’investe più e dal prossimo anno vedrete che di soldi per la comunità piacentina ce ne saranno pochi. Qualche errore si fa quando si gestiscono tante cose, ma da una parte si perde e dall’altra si guadagna».

«Ma perché siete andati a casa – ha riflettuto Polledri - se ritenete di aver fatto bene? Non credo che il “Corriere del Sera” intervenga a gamba tesa così. Ci sono stati livelli di segretezza: sappiamo le cose dopo, vi riunite nelle segrete stanze…Ci sono troppe incompatibilità: troppa gente in Camera di Commercio e Confindustria finisce poi in Fondazione». «Su alcuni temi non posso parlare – si è giustificato Anselmi -, mi hanno chiesto risarcimenti danni per alcune affermazioni. Lascio decidere al giudice. Siamo andati via perché una persona ce l’ha chiesto: io lì perdevo tempo e soldi. È necessaria una commissione per dare risposte: noi 5 di quel Cda certe cose ce le siamo trovate già fatte. In alcuni anni spendevamo 10mila euro al mese per riscaldare tre locali, abbiamo chiesto che tutte le spese di gestione passassero per il CdA e poi volevamo l’introduzione di un tavolo per la gestione immobiliare. Quando abbiamo incominciato a firmare le spese ci siamo accorti cosa c’era scritto».                                      

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