Febbre occidentale del Nilo, le misure di prevenzione
Casi confermati anche in Italia e in particolare nella regione Emilia Romagna e Veneto
“Epicentro”, portale della Epidemiologia per la Sanità pubblica del Centro Nazionale per la prevenzione delle malattie e la promozione della salute dell'Istituto Superiore di Sanità, alla data del 3 agosto 2018, ha segnalato 52 casi confermati di infezione da Febbre occidentale del Nilo, o West Nile Fever, nella Regione Emilia Romagna e Veneto: 16 casi con manifestazioni di tipo neuroinvasivo, di cui 2 decessi, 22 casi di febbre e 14 casi di donatori di sangue, asintomatici. La malattia è provocata dal Virus West Nile, a genoma RNA, Arbovirus, della famiglia dei Flaviviridae, isolato per la prima volta nel 1937 in Uganda e diffuso in Africa, Asia occidentale, Europa, Australia ed America. I serbatoi del virus sono gli uccelli selvatici e le zanzare, più frequenti, del genere Culex, le cui punture sono il principale mezzo di trasmissione all'uomo, e più raramente, con la trasfusione di sangue, trapianti di organi e materno-fetale in gravidanza, ma non si trasmette tramite il contatto con le persone infette.
La prevenzione consiste nell'evitare l'esposizione alle punture di zanzare e pertanto, è consigliabile: usare repellenti e indossare pantaloni lunghi e camicie con maniche lunghe, soprattutto all'alba ed al tramonto; applicare zanzariere alle finestre; svuotare di frequente l’acqua stagnate nel sottovasi di fiori e cambiare spesso l'acqua nelle ciotole per gli animali. Non esiste una terapia specifica e nella maggior parte dei casi, i sintomi scompaiono da soli, dopo circa qualche settimana. Nei casi più gravi, è necessario il ricovero ospedaliero. Oltre all' Italia, altri Paesi europei, con casi confermati di malattia sono: la Romania, la Serbia, l'Ungheria, l'Austria e la Grecia. Il virus, può infettare anche altri mammiferi, quali: equini, cani, gatti, conigli e altri. Il periodo di incubazione dal momento della puntura della zanzara infetta, varia da 2 a 14 giorni, e nei soggetti con deficit del sistema immunitario, può essere anche di 21 giorni.
Nella maggior parte dei casi, le persone infette sono senza sintomi, oppure presentano una sintomatologia leggera con: febbre, cefalea, dolori articolari e muscolari, vomito, linfonodi ingrossati, che possono durare pochi giorni e variano a seconda dell'età della persona. Negli anziani e nei soggetti debilitati, i sintomi possono essere più gravi, si presentano in meno dell'1% delle persone infette e comprendono: febbre elevata, forte cefalea, debolezza muscolare, disorientamento, tremori, disturbi visivi, convulsioni, fino alla paralisi ed al coma; alcuni effetti neurologici possono essere permanenti.
Nei casi più gravi (1 su circa 1000), il virus può causare una encefalite letale. La diagnosi può essere effettuata attraverso test di laboratorio (Elisa o Immunofluorescenza), effettuati su siero o se indicato, sul fluido cerebro spinale, per la ricerca degli anticorpi IgM ed IgG. Questi anticorpi possono persistere per periodi anche molto lunghi nei soggetti malati (fino ad 1 anno), pertanto, la positività a questi test può indicare anche una infezione pregressa. E' consigliato, quindi, di ripetere il test a distanza di tempo prima di escludere la malattia. Inoltre, può essere utilizzata una metodica biomolecolare, il test NAT per la ricerca del genoma virale, che nella prevenzione del rischio trasfusionale, è preferibile, in alternativa al periodo di sospensione della donazione di sangue per 28 giorni, nei casi di possibile esposizione al contagio.