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Giovedì, 25 Aprile 2024
Salute

Febbre occidentale del Nilo, le misure di prevenzione

Casi confermati anche in Italia e in particolare nella regione Emilia Romagna e Veneto

“Epicentro”, portale  della Epidemiologia per la Sanità pubblica del Centro Nazionale per la prevenzione delle malattie e la promozione  della salute dell'Istituto Superiore di Sanità, alla data del 3 agosto 2018, ha segnalato 52 casi  confermati di infezione da Febbre occidentale del Nilo, o West Nile Fever, nella Regione Emilia Romagna e Veneto: 16 casi  con manifestazioni di tipo neuroinvasivo, di cui 2 decessi, 22 casi di febbre e 14 casi di donatori di sangue, asintomatici. La malattia  è provocata dal Virus  West Nile, a genoma RNA, Arbovirus, della famiglia dei Flaviviridae, isolato per la prima volta  nel 1937 in Uganda e diffuso in Africa, Asia occidentale, Europa, Australia ed America.  I serbatoi del virus sono gli uccelli selvatici e le zanzare, più frequenti, del genere Culex, le cui punture  sono il principale  mezzo di trasmissione all'uomo, e  più raramente, con la trasfusione di sangue, trapianti di organi e  materno-fetale  in gravidanza, ma non si trasmette  tramite il contatto con le persone infette.

La prevenzione consiste nell'evitare  l'esposizione alle punture di zanzare  e pertanto, è consigliabile: usare repellenti e indossare pantaloni lunghi e camicie  con maniche lunghe, soprattutto all'alba ed al tramonto; applicare zanzariere alle finestre; svuotare di frequente l’acqua stagnate nel sottovasi di fiori e cambiare spesso l'acqua nelle ciotole per gli animali. Non esiste una terapia  specifica  e nella maggior parte dei casi, i sintomi scompaiono da soli, dopo circa qualche settimana. Nei casi più gravi, è necessario il ricovero ospedaliero. Oltre all' Italia, altri Paesi  europei, con casi confermati di malattia sono: la Romania, la Serbia, l'Ungheria, l'Austria e la Grecia. Il virus, può infettare anche altri mammiferi, quali: equini,  cani, gatti, conigli e altri.  Il periodo di incubazione  dal momento della puntura  della zanzara infetta, varia da 2  a 14 giorni, e nei soggetti  con deficit del sistema immunitario, può essere anche di 21 giorni.  

Nella maggior parte dei casi, le persone  infette  sono senza sintomi, oppure presentano una sintomatologia  leggera con: febbre, cefalea, dolori  articolari e muscolari, vomito, linfonodi ingrossati,  che possono durare pochi giorni e variano  a seconda dell'età della persona. Negli anziani e nei soggetti  debilitati, i sintomi possono  essere  più gravi, si presentano  in meno  dell'1%  delle persone infette e comprendono: febbre elevata, forte cefalea,  debolezza muscolare, disorientamento, tremori, disturbi visivi, convulsioni, fino alla paralisi  ed al coma; alcuni effetti neurologici possono essere permanenti.

Nei casi più gravi (1 su circa 1000), il virus può causare una encefalite letale. La diagnosi  può essere effettuata attraverso test di laboratorio  (Elisa o Immunofluorescenza), effettuati su siero o  se indicato, sul fluido cerebro spinale, per la ricerca degli anticorpi  IgM ed IgG. Questi anticorpi possono persistere  per periodi  anche molto lunghi  nei soggetti  malati (fino ad 1 anno), pertanto, la  positività  a questi test  può indicare anche una infezione pregressa.  E' consigliato, quindi,  di ripetere il test  a distanza di tempo prima di escludere la malattia. Inoltre, può essere utilizzata una metodica biomolecolare, il test NAT per la ricerca del genoma virale, che nella prevenzione del rischio trasfusionale, è preferibile, in alternativa al periodo di sospensione della donazione di sangue per 28 giorni, nei casi di  possibile esposizione al contagio.  

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