rotate-mobile
Giovedì, 25 Aprile 2024
Fiorenzuola Today Gropparello / Via Roma

«Se i carabinieri ti interrogano tu dì che hai sempre visto mio padre»

Omicidio di Sariano, processo Casella: in aula la testimonianza di un amico di famiglia. Poi parla il medico legale: Francesco venne ucciso dal chiodo di metallo, lungo 2,4 centimetri sparato dalla pistola abbattibuoi

«Adriano Casella mi disse che suo padre era ricoverato all’ospedale di Parma». In realtà Francesco Casella, 78 anni, era morto, ucciso con un colpo alla testa sparato da una pistola abbattibuoi. E ancora: «La sorella Isabella mi raccontò che il papà non stava bene e che era a Parma». La stessa sorella che, una decina di giorni dopo la scomparsa del padre fece questa richiesta: «Se i carabinieri ti interrogano tu dì che hai sempre visto mio padre». «Ma non posso farlo – fu la risposta – perché ho già detto loro che non lo vedo da tanto tempo». Il racconto è di Loredano Rocca, un commerciante che aveva acquistato alcuni attrezzi agricoli e un trattore dalla famiglia Casella il 7 luglio, giorno della morte di Francesco di cui è accusato il figlio Adriano che viene processato per omicidio premeditato, mentre al sorella deve rispondere di occultamento di cadavere.

Oltre al commerciante, questa mattina 27 ottobre, la Corte di assise - presieduta da Italo Ghitti, con Maurizio Boselli e i giudici popolari - ha ascoltato anche il medico che ha eseguito l’autopsia e altri testimoni. Oltre alle cause della morte è emerso anche il profilo psicologico tracciato dallo psichiatra che ha descritto Adriano affetto da un lieve ritardo e la sorella Isabella suggestionata dal fratello.

IL DENARO Il racconto di Rocca, incalzato dai pm Antonio Colonna e Ornella Chicca, ha rivelato gli ultimi giorni di Francesco che lui, però, non aveva più visto da febbraio quando acquistò dall’anziano Casella alcuni vitelli. In quell’occasione, Francesco informò l’amico Loredano che il figlio si sarebbe dovuto sposare e che lui quindi avrebbe chiuso l’azienda di famiglia perché non sarebbe più stato in grado di lavorare. Adriano chiamò con insistenza il commerciante sabato 6 e domenica 7 luglio, per vendere tutti gli attrezzi e incassare il denaro. Adriano, aveva poi raccontato ai carabinieri, avrebbe voluto liberare dalla schiavitù una prostituta albanese di cui si era innamorato, fornendole il denaro necessario per pagare i suoi aguzzini. In realtà, il giovane venne raggirato e arrivò a uccidere il padre, secondo le accuse della procura. Dalla vendita, Adriano ricavò 22.500 euro e la sera stessa di domenica sparì, mentre il commerciante andava a casa di casella, a Sariano di Gropparello, per ritirare la merce e il trattore. Quando Rocca lesse sulla stampa che Francesco era scomparso, chiese ad Adriano che cosa fosse successo. Il figlio rispose di essere andato a prenderlo a Parma la mattina prima, ma che poi il papà era svanito dopo essersi recato nei boschi.

L’AUTOPSIA La mattinata era stata aperta dal medico legale Edmondo Pea, autore dell’autopsia. Francesco venne ucciso dal chiodo di metallo, lungo 2,4 centimetri sparato dalla pistola abbattibuoi che, presumibilmente, gli venne appoggiata sulla volta cranica. Con l’ausilio dei video sono stati mostrati gli esiti dell’esame autoptico che mostrano un foro perfetto proprio sopra la testa. La morte è stata velocissima perché come ha spiegato il medico «è come se il corpo avesse ricevuto una scossa elettrica che ha fatto saltare tutti i collegamenti neuronali, impedendo le funzioni vitali come il respirare o il battito cardiaco». Basti pensare che quell’arma viene usata per abbattere animali, in modo veloce e indolore, la cui stazza è molto superiore a quella di un uomo. Il medico non ha potuto però calcolare quanto sangue sia uscito né dopo quanti secondi sia sopraggiunto il decesso, perché si è trovato di fronte un «cranio disabitato», cioè senza più cervello. Il corpo del povero Francesco, infatti, abbandonato in un boschetto, si era putrefatto nei dieci giorni del caldissimo luglio 2013. Tante le larve che si erano insediate nel corpo, un elemento utile all’entomologa forense che le ha analizzate per risalire alla data del decesso. Larve molto resistenti, tanto che quando venne eseguito l’esame autoptico alcune di esse erano ancora vive e si nutrivano nel cadavere, nonostante il corpo fosse stato congelato a meno venti gradi.

LO PSICHIATRA Filippo Lombardi è lo psichiatra che ha eseguito le visite su Adriano e sulla sorella Adriana. Di Adriano, ma questo era già emerso, ne esce un ritratto di una persona in grado di intendere, ma con una scemata capacità di volere dovuta soprattutto alle pressioni della donna albanese Suada Zilyfi (condannata due anni per circonvenzione di incapace e che domani sarà sentita in aula, anche se potrà avvalersi della facoltà di non rispondere). Alcuni test eseguiti su Adriano hanno dato risultati inferiori alle medie. E così pure per la sorella, la quale è risultata essere molto suggestionabile e che dava credito, senza alcuna critica, a quanto le raccontava il fratello sulle pressioni della mafia o sul possibile coinvolgimenti di altri familiari nella scomparsa del padre. Insomma, fra i due Adriano aveva la personalità più forte in grado di manipolarla, anche perché lei non faceva alcuna verifica su quanto le veniva detto.

Diverse anche le domande delle difese con l’avvocato milanese Francesca Cotani, per Adriano, e Andrea Bazzani, per la sorella. Domani, tra gli altri testimoni sarà sentita anche Maria Russo, la madre dei due ragazzi e moglie di Francesco, che si è costituita parte civile con l’avvocato Pietro Cabasso, di Parma.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

«Se i carabinieri ti interrogano tu dì che hai sempre visto mio padre»

IlPiacenza è in caricamento