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La cucina

L’accademia della cucina piacentina prepara gli “anvein” per il Natale

Siamo andati a curiosare nella sede dell'accademia: i cuochi stanno preparando gli squisiti anolini

Manca un mese al Natale e come scriveva il nostro poeta per eccellenza, ovvero il Faustini: «i‘l mej piatt di Piasintein; ma l’anvein lü l’è un gran siur e ‘l turtell l’è ‘l so fattur». Quindi l’anolino signore della mensa natalizia, frutto di accurata e prolungata preparazione che trionfava sulla tavola il giorno di Natale, immerso nel profumato e fumigante brodo di terza (o di quarta, in base alla scelta). In Accademia della cucina piacentina, depositaria indiscussa del sapere (e del sapore…) culinario locale, in vista del pranzo natalizio, i cuochi-gentleman, con la consueta passione e perizia, stanno ovviamente predisponendo gli squisiti anolini che saranno poi ammanniti nel sontuoso pranzo presso la sede di via Gaspare Landi. Così siamo andati a curiosare, possibilmente in “punta di piedi” perché quando sono concentrati nel lavoro non amano essere troppo disturbati. Così per chi ha ancora voglia di cimentarsi (le massaie che si dedicano alla preparazione ormai sono sempre meno, non certo a causa di mancata volontà ma per contingenze quotidiane, impegnate come sono sia nel lavoro come per la famiglia e quindi ci si affida alle gastronomie), vi proponiamo la ricetta seguita in Accademia per gli Anolini, ovvero gli anvein.

Ingredienti per 6 persone: La pasta. 400 gr farina bianca 00; 2 uova Acqua q.b;  Per il ripieno. 250 gr carne di manzo (pernice o guanciale) 2 spicchi d’aglio 50 gr burro. 150 gr pane grattugiato;300 gr Grana Padano grattugiato 2 uova, Sale, carota, sedano, cipolla, pepe, noce moscata, cannella, ½ bicchiere vino rosso Brodo. Esecuzione: Steccare la carne con l’aglio, rosolarla nel burro con le verdure a tocchetti, la cannella e il vino. Evaporato il vino aggiungere poco per volta il brodo, portare a cottura (4/5 ore). Togliere la cannella e tritare a coltello la carne dopo averla separata dal sugo di cottura (un bicchiere). Scaldare il sugo e scottare il pane, quindi aggiungere il formaggio, la carne e le uova, noce moscata grattugiata e cannella in polvere. Ottenere un composto omogeneo, sigillare con pellicola. Preparare la pasta e tirare delle sfoglie larghe 12 cm disporre delle palline di ripieno (dimensione di una nocciola senza guscio) ogni 5 cm, ripiegare la pasta e, con l’apposito attrezzo, ricavarne gli anolini. Se non cucinati subito, stenderli su un canovaccio ed eventualmente surgelarli di volta in volta (in questo caso, consumarli entro 6/8 mesi).

Ed ora un po’ di cultura gastronomica, che non guasta mai. Nel panorama di prodotti tradizionali della provincia di Piacenza, iscritti nell’ apposito elenco nazionale, l’anolino è certamente il più nobile e conosciuto, vero re della gastronomia locale. Viene chiamato in dialetto “anvein”, così come lo riporta il vocabolario di L. Foresti nell’edizione del 1836. L’origine del nome è incerta: sembra derivare da “anolus”, cioè dalla forma ad anello del tagliapasta utilizzato per confezionarli: certo è che il termine “anolino” compare per la prima volta nel 1570 nell’ ”Opera” di Bartolomeo Scappi. Appartiene alla categoria di piatti che va sotto il nome di paste ripiene, che nascono probabilmente nell’Alto Medioevo ed entrano così in uso in tutte le corti europee tra il 1100 e il 1200, come torte ripiene o pastelli. Nei pastelli il ripieno veniva fatto con carne pestata nel mortaio assieme a verdure, lardo, formaggio e spezie: il tutto veniva avvolto in pasta più o meno sottile. Questi pastelli venivano cotti al foro o fritti o bolliti, ed hanno dato origine alle torte salate, alle torte dolci, alle paste ripiene, ai timballi. Dunque nelle paste ripiene troviamo gli anolini, così come i tortelli, i tortellini, i ravioli, i pansotti, i “turtlitt” piacentini, ecc. Dal Rinascimento ad oggi il modo di confezionare gli anolini non sembra aver subito sostanziali modifiche, salvo nella presenza delle spezie, che oggi si limita ad una leggera spruzzata di noce moscata, a differenza delle dosi massicce che si impiegavamo a quel tempo. Esistono numerose varianti rispetto alla ricetta base più sopra riportata, che riguardano la presenza o meno della carne nel ripieno, in questo secondo caso sostituita da una dose più elevata di formaggio grana; inoltre il pane grattugiato può essere scottato con il brodo di carne anziché con il sugo di stracotto; infine lo stracotto di manzo può essere affiancato o sostituito da carne di maiale. È interessante notare che le varianti sono caratteristiche di varie zone della provincia, a volte a soli pochi chilometri di distanza dalla città. Questo quanto riportato sul sito dell’Accademia. Ma non potevamo esimerci da citare anche poche righe desunte da un articolo del prof. Ernesto Cremona, insigne filologo piacentino che in dotto ed colto articolo sulla Vős dal campanon”, faceva derivare il termine anvein dal latino, con base fonetica celtica e lo cita come «un sacchetto elegantemente annodato dalle fatate mani delle padrone di casa piacentine e che contiene sostanze destinate ad essere masticate, quindi un sacchetto, un nodino, un cibo farcito in un involto». Non ci permettiamo di inserirci in questa dotta disputa. Ci limitiamo, al momento opportuno, a gustarli nella loro splendida e sapida qualità.

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